Alpages Ouverts: 650 persone a Grand Grimod di Pila, regno dei vincitori del Modon d’Or «Essere allevatori è una passione che regala soddisfazioni. Ma che rabbia quella multa...”

Alpages Ouverts: 650 persone a Grand Grimod di Pila, regno dei vincitori del Modon d’Or «Essere allevatori è una passione che regala soddisfazioni. Ma che rabbia quella multa...”
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Circa 650 persone hanno partecipato al quarto e ultimo appuntamento di Alpages Ouverts, che quest’anno ha spento la 22esima candelina. L’evento si è tenuto giovedì scorso, 19 agosto, all’alpeggio Grand Grimod, situato a 2.100 metri di quota nella conca di Pila, nel territorio comunale di Gressan. Padrone di casa è stato l’allevatore di Gressan Davide Brunet, classe 1969, coadiuvato in azienda dal figlio Jacques e, durante l’estate, dalla figlia Elodie. Entrambi i ragazzi - il primo di 21 anni, la seconda di 19 - sono stati studenti dell’Institut Agricole Régional. Jacques, da buon casaro, nel 2020 è stato anche colui che ha permesso all’azienda di famiglia di fregiarsi del Modon d’Or, il concorso dedicato alla migliore Fontina d’alpeggio.

Seduto sul bordo della fontana attaccata alla stalla, a Davide Brunet - che all’alpeggio di proprietà comunale Grand Grimod è dal 2009 - piace raccontare della sua grande passione per le mucche, in particolare per le “nere”, sin da quando era un bambino. Dal sogno d’infanzia a vincere il Modon d’Or, però, c’è un abisso.

«Partecipare a un concorso è sempre una incognita. - dice Davide Brunet, che oltre a essere un allevatore è, dal 1986, anche un dipendente della Pila SpA, ancora un po’ commosso tra le decine di persone che giovedì hanno trascorso la giornata in alpeggio - Eppure ce l’abbiamo fatta con nostra grande sorpresa. Se abbiamo ottenuto il Modon d’Or, il merito va sicuramente al giovane casaro, cioè mio figlio Jacques. Al concorso parteciperemo anche quest’anno; ben venga un altro riconoscimento così importante, ma noi non viviamo per questo. Continueremo a produrre la nostra Fontina come sappiamo fare, attraverso la filiera, dall’erba che mangiano le bovine al loro latte poi trasformato in casera nelle forme di Fontina fino alla loro maturazione. Di certo, i risultati si ottengono soprattutto con la passione che si mette nel proprio lavoro. Io ricordo ancora oggi che fu mio zio Mario Brunet che, avendo constatato la mia passione per le mucche quando ancora ero molto piccolo, all’età di 14 anni mi regalò una vitella che io chiamai Zara. Da allora, ho iniziato a capire che da grande avrei fatto l’allevatore e ho cominciato, una volta diventato adulto, a comprare mucche. Oggi ne ho una quarantina da latte e una ventina da rimonta».

Sempre seduto a bordo fontana, Davide Brunet si guarda intorno, non fa altro che salutare turisti, amici e conoscenti, e intanto si lascia andare alle difficoltà del mestiere dell’allevatore sempre più oppresso dalla burocrazia.

«Oggi - prosegue Davide Brunet - è sempre più difficile gestire un’azienda agricola. E forse da parte dell’amministrazione pubblica e dell’Usl manca un po’ di buon senso. Fare polemiche non serve, ma non è facile pensare di avere preso una sanzione di 4mila euro 2 mesi fa per la mancanza in stalla di una porta di sicurezza e per essere sprovvisto dell’abilitazione di un carro elevatore. Io dico che in momenti di difficoltà come questi, è sbagliato sanzionare subito, mentre ci stava un verbale con l’obbligo di rimediare entro 15 giorni. Il lavoro di allevatore non pesa, però queste cose fanno stare molto male. Oggi, che c’è Alpages ouverts, sto bene. Ed è una grossa soddisfazione incontrare gli amici e questa massa di turisti, la cui maggior parte vive in grandi città. Quassù a 2.100 metri di quota, possono capire come viviamo, dove e come è prodotta la Fontina».

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