«L’équipe che mi ha curata è diventata una grande famiglia»

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Ci sono momenti in cui improvvisamente la tua vita prende una via inattesa e non c’è modo di svicolare, di recuperare il minuto prima della rivelazione. In un tempo brevissimo scopro il tradimento del mio corpo e la diagnosi è scoraggiante. Non vi racconto un’esperienza personale, che so essere condivisa da molte. Voglio parlare invece di chi ha scoperto e inquadrato il mio male, perché sono donne e uomini di valore, di coraggio, di grande preparazione.

Elogio l’equipe screening mammografico, dalle tecniche, alla senologa, al radiologo. Sono i primi occhi che vedono il mio corpo diverso e che incrociano i miei con una delicatezza e lucidità che non lascia dubbi, pur usando un linguaggio di compartecipazione che aiuta a ingoiare il fiele della realtà.

Elogio l’equipe del CAS dove mi vengono spiegati i referti agghiaccianti redatti da figure a me ignote, ma per i quali esprimo stima immaginandomeli trafficare con vetrini e compilare la carta d’identità del mio male che ci permetterà di combatterlo. Senza loro e i macchinari che ingegneri, medici e tecnici negli anni studiano e realizzano, saremmo ancora più deboli, non potremmo sperare.

Elogio l’intero reparto di oncologia dove ho passato giorni indimenticabili di paura, solitudine, meditazione. Tutti, dalle persone addette alla pulizia delle stanze, alle operatrici sanitarie che curano il corpo e corrono a ogni richiesta, alle infermiere che spiegano con pazienza medicine e cure e fanno da tramite tra medico e paziente, ai medici preparatissimi, onesti, diretti e scientifici, pur mostrando sempre una grande umanità, al personale amministrativo e di coordinamento sottoposto a dinamiche spesso rigorose causa emergenza covid, hanno sostenuto con empatia e fratellanza il mio difficile percorso.

Percorso che necessita consulti incrociati, tanto che l’équipe che mi ha seguita è diventata una grande famiglia. Fisiatri e fisioterapisti che mi hanno rimessa in piedi, radioterapisti che hanno accudito la fragilità del mio scheletro e combattuto con me, cardiologi che hanno prolungato il turno per un controllo in più, dentisti che non lesinano una spiegazione aggiuntiva, psicologi che allungano la mano, barellieri che riescono a sorriderti anche se corrono e il cellulare li chiama per un servizio. L'assistente sociale, che con riservatezza, ma efficienza, solleva il paziente dalle incombenze burocratiche.

Ma evoco soprattutto le spalle di molte di queste persone, sulle quali ho potuto piangere e ritrovare me stessa.

L’Ospedale Parini, nella figura del suo personale, ha dimostrato di essere non solo all’avanguardia per efficienza, diagnosi e cura, ma per avere cresciuto un team di lavoro splendido, affiatato, e infinitamente umano.

Grazie, resterete tutti nel mio cuore, spero a lungo, anzi sono sicura per molto, moltissimo tempo.

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