Geenna, assolto perché il fatto non sussiste l’ex consigliere regionale Marco Sorbara
Dopo 909 giorni l’ex consigliere regionale Marco Sorbara è di nuovo libero. Coinvolto nell’inchiesta Geena su presunte i infiltrazioni della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, in primo grado era stato condannato dal Tribunale di Aosta a 10 anni di reclusione. Una sentenza ribaltata dai giudici della Corte d’Appello con la sentenza letta lunedì scorso, 19 luglio. Infatti Marco Sorbara, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, è stato assolto con la formula più ampia, ovvero perché il fatto non sussiste, ed è stata ordinata la revoca degli arresti domiciliari. «Sono stati giorni terribili, devastanti, e non mi sembra ancora vero che siano finiti. - ha dichiarato Marco Sorbara - Questa Corte sin da subito ha portato ha mostrato grande attenzione per la nostre argomentazioni. Ma soprattutto questo lo devo a mio fratello Sandro, che è anche il mio avvocato. Grazie a lui non ho mai perso fiducia nella giustizia. Grazie alle sue istanze sono uscito dal carcere e ho avuto i domiciliari, poi la possibilità di per andare a lavorare e ora l'assoluzione. In questi 30 mesi, c'è stata sempre la convinzione che qualcuno ci avrebbe ascoltato. E così è stato». Soddisfazione per la sentenza di assoluzione è stata espressa anche dall’avvocato Sandro Sorbara: «Fin dall’inizio abbiamo ribadito in tutte le sedi l’assoluta innocenza di mio fratello e finalmente la Corte d’Appello ci ha dato ragione». L’avvocato Sandro Sorbara aggiunge: «Ho fatto capire l’assoluta mancanza di qualsiasi elemento. Adesso aspettiamo le motivazioni della sentenza. Probabilmente hanno pesato le conclusioni della Commissione antimafia per il Comune di Aosta che non ha individuato alcuna infiltrazione ‘ndranghetista e l’inchiesta Egomnia sulle elezioni regionali 2018 in cui mio fratello non è indagato». L’inchiesta Geenna ruota attorno al periodo in cui Marco Sorbara era assessore alle Politiche sociali al Comune di Aosta, mentre Egomnia è successiva e ha messo nel mirino degli inquirenti l’attività della mafia calabrese per condizionare le Regionali del 2018. Quell’anno Marco Sorbara era stato eletto in Consiglio Valle nella lista dell’Uv. «Proprio quell’elezione - osserva l’avvocato Sandro Sorbara - ha messo in luce un contraddizione insanabile nell’impianto accusatorio. Come è possibile che chi lo avrebbe condizionato come Assessore comunale lo avrebbe poi lasciato scegliere per le elezioni regionali?».
Condannati gli altri imputati
I giudici torinesi, invece, hanno confermato l'impianto accusatorio della Dda di Torino per gli altri imputati. Sono stati condannati - sia pure con pene ridimensionate - per associazione a delinquere di stampo mafioso il ristorato Antonio Raso (10 anni, in primo grado erano 13), Nicola Prettico, ex consigliere comunale di Aosta per l'Uv (8 anni, in primo grado erano 11), e Alessandro Giachino, croupier del Casino de la Vallée di Saint-Vincent (8 anni, erano 11 in primo grado). L'ex assessora comunale di Saint- Pierre, Monica Carcea, è stata condannata per concorso esterno a 7 anni di reclusione rispetto ai 10 inflitti nel primo processo.
Antonio RasoIn dettaglio, però, per il ristoratore aostano Antonio Raso, considerato uno dei vertici della presunta locale di 'ndrangheta di Aosta, la pena è stata ridotta in quanto i giudici lo hanno assolto "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di tentato scambio elettorale politico mafioso per i presunti voti promessi in cambio di posti di lavoro alla vigilia delle comunali del 2015 all'allora candidato sindaco di Aosta Fulvio Centoz. Inoltre con la stessa motivazione lo hanno assolto dall'accusa di scambio elettorale politico mafioso, in occasione della stessa tornata elettorale, per i presunti accordi con Marco Sorbara. I magistrati della Seconda sezione penale hanno poi respinto l'appello del Procuratore generale di Torino riguardo all'ipotizzato scambio elettorale politico-mafioso contestato ad Antonio Raso alla vigilia delle comunali 2015 di Saint-Pierre a favore di Monica Carcea (episodio per il quale era già stato assolto in primo grado). Inoltre sono state concesse le attenuanti generiche all'ex assessora comunale di Saint-Pierre Monica Carcea, al dipendente del Casinò di Saint-Vincent Alessandro Giachino e all'ex consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico. Il filone torinese
Sempre lunedì 19, la Corte d'Appello di Torino ha confermato 11 condanne per gli imputati del cosiddetto “filone torinese” che avevano scelto il rito abbreviato. Bruno Nirta, considerato dalla Dda il capo della cosca aostana, è stato condannato a 12 anni e 7 mesi e 20 giorni di reclusione (in primo grado era stato condannato a 12 anni e 8 mesi). Condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso anche Marco Di Donato, condannato a 9 anni, il fratello Roberto Di Donato (a 5 anni e 4 mesi) e Francesco Mammoliti (a 5 anni e 4 mesi). Condannato anche l'avvocato torinese Carlo Maria Romeo (a 4 anni e 6 mesi), Giacomo Albanini (a 1 anno di reclusione), Roberto Bonarelli (a 1 anno e 6 mesi), Roberto Fabiani (a 10 mesi e 20 giorni), Salvatore Filice (a 2 anni e 4 mesi), Rocco Rodi (a 1 anno) e Bruno Trunfio (a 4 anni). Le motivazioni della sentenza sono attese entro 90 giorni. I loro difensori hanno già annunciato ricorso in Cassazione. «Le sentenze non si discutono si impugnano - osserva il difensore di Bruno Nirta, l'avvocato Luigi Tartaglino - certo è che la Corte ha ritenuto di confermare la sentenza di primo grado. Noi riteniamo che non ci siano elementi di prova tale da affermare la responsabilità penale del mio assistito, né per l'accusa di associazione mafiosa né tanto meno per quella che riguarda l'associazione per il traffico di droga. Per cui, una volta lette le motivazioni andremo in Cassazione». Delusione anche per l'avvocato Anna Chiusano, che assiste Alex Roberto Di Donato. «Aspettiamo di leggere le motivazioni - commenta - poi valuteremo il ricorso in Cassazione. La Corte di fatto ha confermato la sentenza di primo grado, per noi, comunque non sussiste l'ipotizzata partecipazione all'associazione contestata al nostro assistito». Posizione analoga per Demetrio La Cava, legale di Marco Fabrizio Di Donato, condannato a 9 anni, e per i difensori di Salvatore Filice, gli avvocati Gianfranco Sapia ed Elena Corgnier: «Continuiamo ad essere fermamente convinti dell'innocenza del nostro assistito. Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza della Corte d'Appello ma proporremo senz'altro ricorso per Cassazione».
Le reazioni della politica
«Un abbraccio a Marco Sorbara e alla sua famiglia per l'assoluzione.. Era necessario tutto questo? La giustizia funziona bene?». Se lo chiede Albert Lanièce, senatore dell'Union Valdôtaine e vicepresidente del gruppo Per le Autonomie di Palazzo Madama in merito all’assoluzione di Marco Sorbara. Gli altri 15 imputati, tra rito abbreviato e ordinario, sono stati tutti condannati. Per questo, per il senatore Lanièce la «Sentenza d'appello del processo Geenna mantiene la greve ombra della criminalità organizzata sulla Valle d'Aosta, aspettiamo che la giustizia finisca il suo corso». L’Union Valdôtaine, partito nella cui lista Marco Sorbara è stato eletto, in una nota evidenzia: «Quando si apprende una notizia come quella dell'assoluzione di Marco Sorbara, si provano due sentimenti contrastanti: sollievo e angoscia. In primis si è sollevati per la notizia della sua innocenza ma subito si pensa a come sia possibile che una persona innocente possa aver vissuto un tale incubo. Si prova angoscia anche pensando a una giustizia che oggi abbiamo difficoltà a comprendere». Il Leone rampante conclude esprimento «A Marco Sorbara e alla sua famiglia tutta la solidarietà dell'Union Valdôtaine».
Secondo il presidente del Consiglio Valle Alberto Bertin le due sentenze d’Appello relative all'inchiesta Geenna «Confermano dal punto di vista giudiziario la presenza della 'ndrangheta in Valle d'Aosta. Una presenza strutturata e radicata nel tempo. Queste nuove sentenze servano per una maggiore consapevolezza, per troppo tempo si è sottovalutata la gravità di questo fenomeno».
L’ex presidente del Consiglio Valle Emily Rini, alla guida dell’assemblea di piazza Deffeyes il mattino del 23 gennaio 2019, quando Sorbara non si presentò in aula per il Consiglio Valle, perché tratto in arresto dai Carabinieri nella notte, sottolinea che «Questa vicenda dovrebbe farci riflettere tutti. Tanto». Perché «Quell’arresto fu un colpo al cuore dell’assemblea regionale» e «Tante volte, ma tante davvero, ho pensato in questi anni a cosa stesse provando, vivendo Marco. Avevo lavorato al suo fianco e mi sembrava davvero incredibile poter credere a quell’accusa così pesante per lui». Ciò che più «Mi ha colpita - aggiunge Emily Rini - è stata la cattiveria, la meschinità di tanti (troppi) nostri, allora, colleghi. Politici (attorniati dai soliti noti) che non hanno perso tempo per sfruttare a loro vantaggio questa vicenda, riversando su Marco, probabilmente, tutte le loro di manchevolezze». Per questo, l’ex presidente Emily Rini ribadisce di essere «Fiera di essere una donna liberale e garantista, perché la presunzione di non colpevolezza deve essere rispettata sempre e non a corrente alternata. Tutto ciò nel pieno rispetto del lavoro della magistratura».
Fulvio Centoz, sindaco di Aosta del Partito Democratico negli anni cui l’inchiesta si riferiva e a capo della Giunta in cui sedeva Marco Sorbara quale assessore alle Politiche sociali (e protagonista di un episodio di tentato scambio politico-elettorale dal quale il ristoratore Antonio Raso è stato assolto in appello, per i voti promessi al candidato democratico in occasione delle comunali 2015), sottolinea di essere «Davvero contento per Marco» e «Per la maggioranza comunale che mi ha sostenuto», perché «La sua assoluzione e la precedente decisione di non commissariare il Comune certifica la nostra totale estraneità a quel mondo e la correttezza di tutti noi e di tutta la struttura amministrativa che lavora in piazza Chanoux». .
Consigliere regionale per l’Union Valdôtaine Progressiste negli anni in cui le investigazioni per Geenna hanno scosso i palazzi della politica valdostana, Jean Claude Daudry parte dal presupposto che «Le indagini non si commentano e le sentenze si applicano. Peccato solo per coloro che costruiscono le loro fortune politiche sulla pelle degli altri a prescindere, senza alcuna pietà umana».
Un altro ex sindaco di Aosta, Guido Grimod, plaude al fatto che «La giustizia italiana lenta e borbonica ha finalmente ribaltato le pesanti accuse nei confronti di Marco Sorbara pronunciando una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Tanti, ora, dovranno ricredersi e fra questi certi politici e pennivendoli sempre pronti ad attaccare e fare la morale. A Marco tutta la solidarietà e la stima anche se questo non ripaga le sue sofferenze».