Lorenzo Berlier, una vita costruita con le mani Gressan ha salutato il suo “rabeilleur” generoso

Lorenzo Berlier, una vita costruita con le mani Gressan ha salutato il suo “rabeilleur” generoso
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Lorenzo Berlier ha costruito la sua vita con le mani. Mani grandi da lavoratore, eppure con una sensibilità non comune, che gli permetteva di rimettere in sesto caviglie e articolazioni malandate solo grazie al “sapere” ereditato dal papà Augusto. Dopo la recente scomparsa dell’allevatore Emerico Gorraz, un altro pezzo di storia di Gressan è stato salutato durante i funerali del rabeilleur, celebrati nella chiesa parrocchiale martedì scorso, 29 giugno.

Lorenzo era nato il 16 giugno del 1925 da Augusto Berlier e Albina Cunéaz, terzo di sei figli: prima di lui avevano visto la luce Stefano e Ulderico. Dopo Guerrino, Teresina e Vittorina. Una famiglia numerosa, di allevatori. Tante bocche da sfamare e un gran bisogno di dare una mano in casa. Così fin da ragazzo Lorenzo lavorò alla Cogne. Poi, dopo il servizio militare in Marina in Sicilia, trovò impiego prima alle miniere di Colonna e poi ad Acque Fredde di Gressan, sotto Pila, da dove il materiale estratto veniva fatto scendere in teleferica fino ad Aosta: lì rimase fino all’età della pensione nel 1978 e fece la sua bella carriera, cominciando con i lavori di manutenzione fino a diventare caporeparto.

Erano gli anni in cui a Pila si sviluppava la stazione sciistica, con la costruzione delle prime seggiovie e poi - nel 1957 - l’inaugurazione dell’ovovia che permetteva di salire direttamente da Aosta. Lorenzo Berlier intuì il potenziale turistico di quell’espansione: insieme al cugino Vittorino Gorraz costruì l’Hotel Etoile de Neige che però venne presto distrutto da un incendio, nel 1956. Non si perse d’animo e realizzò in seguito il Bar Bouquetin alla stazione intermedia di Les Fleurs: proprio lì, in quella casa, andò a vivere con la moglie Celeste Donzel, che aveva sposato nel 1959 e da cui ha avuto due figli: Carla nel 1960 e Leo nel 1966. Nel 1967 la famiglia si trasferì nella casa della Cogne, ad Acque Fredde.

Il telefono, a casa Berlier, squillava spesso. Per lavoro, ma anche per quel dono che Lorenzo aveva appreso dal papà Augusto e che si era manifestato fin da quando era ragazzo. Da quel giorno in cui una bambina si era fatta male e si era rivolta alle cure di suo papà che l’aveva rassicurata dicendo che non era nulla; Lorenzo - che gli stava accanto - lo aveva contraddetto, intuendo chissà come che quel braccio era rotto, come in effetti era. Da quel giorno, per tutti, Lorenzo Berlier fu “Lo rabeilleur”. La gente gli si rivolgeva - prima ad Acque Fredde e poi, dal 1978, nella nuova abitazione di Chacot che aveva costruito insieme alla moglie Celeste - per le distorsioni alle caviglie, ma pure per le mani acciaccate, per i dolori alle costole e alle ginocchia. Lui, di poche parole, guardava, toccava, capiva, aggiustava. Pur non avendo studiato, agiva come se le sue mani avessero memorizzato la posizione delle ossa, dei nervi, dei muscoli. Era però estremamente coscienzioso: se sapeva di non poter aiutare chi si rivolgeva a lui, lo invitava ad andare in ospedale. Per questo non toccava mai la schiena: «Troppo delicata», diceva. Avvicinandosi agli ottant’anni ha lentamente cessato l’attività di “aggiustaossa”. Gli dispiaceva ma non era più in grado.

Generoso e sempre disponibile, era stato consigliere comunale dal 1952 al 1965 e assessore dal 1952 al 1961; nel 2016 è stato premiato dall’Amministrazione comunale in occasione delle cerimonie per i settant’anni dalla ricostituzione del Comune. Per molto tempo è stato il preciso controllore del corretto funzionamento dell’acquedotto di Pila-Les Fleurs. Con quelle mani che sapevano fare cose che il cervello non aveva mai appreso sui libri, da giovane aveva realizzato le impalmature delle corde della funivia del Monte Mucrone, a Oropa: un procedimento mediante il quale è possibile unire i due capi di una stessa fune senza impiego di morsetti, nodi o altri dispositivi di presa. Una volta in pensione, si era dato pure alla falegnameria, creando mobili per la propria famiglia.

«Riservato ma ironico ha trasmesso a noi figli i valori dell’onestà e della generosità» lo ricorda la figlia Carla. Oltre ai figli Carla e Leo e alla moglie Celeste Donzel, lascia la sorella Vittorina e le affezionate nipoti Eloïse e Caroline.

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