Turismo, la crisi ha colpito anche colonie e conventi Le prospettive migliorano, «Però la zona gialla penalizza»

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«Il settore delle strutture ricettive religiose in Italia non poteva non subire l’onda disastrosa della pandemia». E’ quanto si legge nel Rapporto 2021 dell’associazione Ospitalità religiosa italiana (Ori). In un anno sono spariti in «maniera irreversibile» 22 mila posti letto, ovvero il 10 per cento di quelli finora destinati all’ospitalità spirituale o turistica, per studenti, lavoratori, gruppi e famiglie.

L’assenza di ospiti e i pesanti costi fissi hanno costretto congregazioni, diocesi e associazioni a chiudere i battenti di centinaia di strutture per destinarle ad altri usi, se non addirittura a liberarsene. Il calo più marcato si registra al centro e al sud, con l’esclusione di Roma. Il Lazio, infatti, rappresenta l’offerta più ampia con oltre 33 mila posti letto dei 210 mila disponibili su tutto il territorio nazionale. E la regione con la maggiore «densità» di posti letto in questo settore è la Valle d’Aosta. Per chi è rimasto aperto, questo anno di sostanziale pausa è servito per adeguarsi, per esempio, alle norme relative all’accessibilità per le persone con disabilità motorie. Tra i servizi più diffusi nelle strutture ricettive dell’ospitalità religiosa vi è il parcheggio auto (76 per cento), il giardino (69 per cento), la sala riunioni (68 per cento), una cappella (60 per cento), la sala TV (57 per cento) e la chiesa (42 per cento).

Il monastero dei frati cappuccini di Châtillon durante l’emergenza sanitaria ha chiuso e non ha ancora riaperto, come conferma padre Stefano Campana, superiore della Comunità dei frati: «Nelle ultime settimane in diversi hanno chiesto ospitalità, li abbiamo dirottati sugli hotel della zona. Il fatto che tutta l’Italia torni bianca e la Valle d’Aosta resti gialla non è di buon auspicio».

Il Villaggio Alpino Don Bosco di Cogne da metà giugno a metà settembre è quasi al completo, soprattutto a luglio e agosto. «Abbiamo saltato l’inverno» dichiara il gestore Massimiliano Canato, «Però le richieste per l’estate hanno iniziato ad arrivare già da novembre scorso. Il calo dei gruppi sportivi e di parrocchie e oratori è stato compensato dall’incremento di richieste da parte delle famiglie, che mediamente si fermano da noi una settimana. Avendo una struttura grande, con 126 posti letto, siamo riusciti a dare a ogni famiglia una camera e un tavolo».

Le 3 colonie dei Salesiani di Les Combes di Introd - località dove in particolare San Giovanni Paolo II e successivamente Benedetto XVI hanno trascorso diverse vacanze estive - Ayas (Pracharbon) e Gressoney-Saint-Jean (Woald), nel 2020 hanno subìto un forte calo nei soggiorni settimanali dei gruppi valdostani e di fuori valle, rispettivamente del 90, dell’80 e del 70 per cento. Quest’anno hanno invertito il trend, registrando perdite molto più contenute, dal 10 al 30 per cento in meno rispetto alle stagioni pre-pandemia. «Siamo in fase di partenza, apriremo a breve» ha precisato Willy Cuoco, referente per queste 3 case salesiane, che ospitano gruppi in auto-gestione.

«Per seguire i protocolli Covid, è stato necessario ridurre i posti letto - Les Combes da 128 a 86, Ayas da 100 a 80 e Gressoney da 105 a 100 - e gli ospiti dovranno esibire tampone negativo, certificato vaccinale o attestato di guarigione. Quest’anno l’80 per cento dei gruppi provenienti da parrocchie e oratori ha confermato. - conclude Willy Cuoco - La struttura di Gressoney sarà sempre piena dal 10 giugno fino a metà agosto e quella di Ayas avrà solo 4 settimane vuote in tutta l’estate».

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