Leo Sandro Di Tommaso e Patrizio Vichi: «In onore alla memoria di Emile Chanoux occorre “réparer l’histoire”»

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Il 18 maggio prossimo ricorrerà il 77° anniversario dell’uccisione di Emile Chanoux. A un anno dall’uscita del nostro libro, “Emile Chanoux: non fu suicidio. Dal documentario al libro”, vogliamo ricordare l’uomo e il testimone, nella speranza che le persone si informino sulla realtà della sua morte.

Abbiamo dimostrato con dovizia di prove, anche scientifiche, quello che già l’Abbé Bréan e altri avevano affermato senza poterlo dimostrare, aggiungendo anche una rigorosa analisi dell’inattendibile sentenza della Corte di Vercelli del 1946. È ormai assodato che la verità giudiziaria crolla di fronte alle risultanze dell’indagine storica. Occorre “réparer l’histoire”, come dice il magistrato-storico francese Antoine Garapon a proposito “del male prodotto dalla storia”, cioè rimediare a ingiustizie, calunnie, false notizie inferte dagli umani ad altri umani. Sarebbe necessario che, ad iniziare dagli studiosi di storia, non ci si ostinasse più a lasciare le cose come erano state credute finora.

Non si può, per esempio, restare ai cosiddetti “pettegolezzi” su chi abbia tradito Chanoux e rinnovare dubbi sul perché dell’arresto del notaio e di Binel proprio il giorno prima in cui essi, assieme a Page, che non espresse l’intenzione di lasciare Aosta e che non fu arrestato, avevano deciso di lasciare la città, comunicando le date di partenza. Nessuno vuole accusare Page di delazione, ma è certo che qualcuno, in qualche modo, venne a conoscenza di quelle partenze. Il questore Mancinelli, infatti, la mattina del 18 disse al commissario Palamà che il tenente Bianchi aveva avuto preziose informazioni per cui bisognava agire subito (R. Gremmo, Alle spalle di Chanoux, p. 123). Ancora: non si può negare che la posizione di Chanoux all’interno dell’Azione Cattolica fosse di contestazione, come si ricava da ciò che Chanoux scrive al canonico Alfonso Commod, affermando esplicitamente la propria impossibilità di esporre a una ipotetica riunione ecclesiale le sue idee (Ecrits - a cura di P. Momigliano Levi, pp. 73-74; 204-216). E poi ci si aggiorni sul fatto che Imberti, durante il processo di Vercelli, città di cui era ormai arcivescovo, inviò una testimonianza scritta in favore di Mancinelli, in cui diceva che, certo, “era un po’ impulsivo”, ma che “in fondo era un brav’uomo”. Invitiamo inoltre a considerare che non è vero che il regime della R.S.I. non cercasse il consenso: è vero esattamente il contrario, come dimostrano illustri storici e soprattutto la fattualità storica. Quindi non si può negare che il regime abbia subito uno scacco allorché ai torturatori la situazione sfuggì di mano, causando la morte di Chanoux. Questo fatto suscitò nell’opinione pubblica forte malcontento e forti dubbi sul suicidio, tanto da costringere il nuovo Capo della Provincia a riaprire il caso, che era stato chiuso già il 19 maggio.

Leo Sandro Di Tommaso

Patrizio Vichi

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