La trota mediterranea popolerà i torrenti valdostani? Studio di Università delle Marche e Consorzio Pesca
In Valle d’Aosta molti laghi alpini e torrenti, oltre ad accogliere specie ittiche autoctone come la trota marmorata e il temolo, ospitano la fario, l’iridea e il salmerino alpino. Ben presto, però, le acque valdostane potrebbero arricchirsi di una nuova specie: la trota mediterranea.
Tutto dipenderà dagli studi scientifici in atto da parte del Dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università delle Marche con cui il Consorzio regionale per la tutela, l'incremento e l'esercizio della pesca, presieduto da Antonio Crea, ha stipulato di recente una convenzione di ricerca per «approfondimenti sul tema dell’autoctonia della trota mediterranea in Valle d’Aosta». Questo perché a oggi permane il dubbio sull’origine delle popolazioni di trota mediterranea presenti in alcuni contesti del reticolo idrografico regionale.
È evidente che il Consorzio Pesca intende proseguire le attività di indagine affinché sia valutata la reale autoctonia (in biologia, la parola “autoctona” indica una specie animale che si è originata ed evoluta nel luogo in cui si trova) degli esemplari di trota mediterranea nel nostro territorio.
La convenzione il cui contributo finanziario da parte del Consorzio pesca è di diciottomila euro, prevede l’analisi genetica di duecento esemplari di trote del genere “Salmo” provenienti, oltre che dallo stabilimento ittico regionale di Morgex e La Salle, da sei corsi d’acqua regionali: Vertosan, Dora di Valgrisenche, Planaval, Arpy, risorgiva Fontana Place (Crest) e Ayasse. Nel corso dei campionamenti eseguiti tramite l’Università delle Marche, oltre al prelievo di un campionamento di pinna adiposa per le analisi genetiche, saranno studiati peso e lunghezza dei pesci catturati, ma che successivamente sanno rilasciati in acqua. Oltre al Dna estratto dalla pinna adiposa, saranno studiati tutta una serie di marcatori già ampiamente utilizzati per la ricerca genetica sui salmonoidi mediterranei.
«Abbiamo scelto di affidare tale incarico all’Università delle Marche - spiega il presidente del Consorzio Pesca Antonio Crea - perché, a nostro parere, è sembrata sin da subito l’unica strada percorribile per uno studio in materia. Sarà compito di questo ateneo verificare sotto l’aspetto genetico da dove provengono i nostri esemplari e se sono collegati al ceppo piemontese o a quello ligure, già di fatto riconosciuti a livello ministeriale. Se così fosse, la pesca in Valle d’Aosta aprirebbe orizzonti non indifferenti. Saranno i dati scientifici a darci le giuste risposte. La Dora Baltea è abitata da trota marmorata e temolo; questa nuova specie ittica, invece, potrebbe andare a ripopolare i torrenti laterali della regione. Sarebbe un percorso virtuoso da parte del Consorzio. Questa è la mia convinzione, condivisa dal consiglio di amministrazione dell’ente che rappresento».
Come si è arrivati a prendere una decisione in merito, tenuto conto delle difficoltà rappresentate dalla normativa europea in vigore, la Direttiva 92/43/Cee relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali della flora e della fauna selvatica, cui Antonio Crea fa riferimento parlando anche del Decreto del Presidente della Repubblica numero 357 del 1997? «Questa normativa - spiega ancora Antonio Crea - non ha mai trovato il suo iter, perché si è sempre aspettato ciò che non è mai stato fatto per quanto riguarda la lista delle specie ittiche autoctone. Dopodiché, c’è stata un’accelerazione nell’aprile 2020 quando il Ministero ha accelerato le procedure per stilare il nuovo elenco delle specie ittiche alloctone (specie che si è originata ed evoluta in un luogo differente da quello in cui si trova) o autoctone, dando la possibilità alle regioni di poter andare in deroga se ci sono esigenze turistiche, ambientali, eccetera. Il consorzio, appena saputo di questa nuova possibilità si è mosso e si è preoccupato della trota del ceppo Mediterraneo, una specie di Fario che pare sia la trota che si è sviluppata in tutto il bacino del Mediterraneo, differenziandosi da zona a zona. Purtroppo, visto i tempi ristretti dati dalle ultime indicazioni ministeriali per arrivare a stilare una nuova lista delle specie ittiche autoctone o alloctone, in tutta Italia c’è una presa di posizione molto forte proprio per via dei tempi di transizione che stanno mettendo in difficoltà tutti coloro che gestiscono la pesca, comprese le Amministrazioni regionali, e che stanno creando problemi agli allevamenti ittici, poiché per convertirli c’è bisogno di un periodo di alcuni anni».