«Gioco legale, la Regione punisce gli imprenditori e favorisce il Casinò»
La Regione adotta 2 pesi e 2 misure per regolare il gioco legale in Valle d’Aosta: quando si tratta di imprese private ricorre al bastone perbenista, quando entra in ballo il Casinò di Saint-Vincent usa la carota della tolleranza. Eppure in ballo ci sono investimenti ingenti da parte di imprenditori che garantiscono posti di lavoro a fronte di controlli tesi al contrasto del proliferare dell’azzardo illecito. E’ questo il ragionamento contenuto in un dettagliato “Speciale Valle d’Aosta” dell’Agenzia Giornalistica sul Mercato del Gioco, la principale fonte di informazione sul mercato del gioco legale in Italia, non a caso intitolato “La particolare e contraddittoria scelta della Regione in tema di gioco pubblico”. A finire nel mirino à la legge regionale numero 10 del 17 dicembre 2018, con cui viene anticipato il termine di entrata in vigore dello stop alle attività di gioco già esistenti, che invece avrebbero potuto continuare ancora ad operare. Il provvedimento del Consiglio Valle ha previsto di anticipare «I termini di 8 e 5 anni per l’applicazione delle misure di prevenzione e di contrasto alla dipendenza dal gioco d’azzardo» previsti dalla legge regionale numero 14 del 2015 rispettivamente al 1° giugno 2019 e al 1° gennaio 2019. «In altre parole, gli apparecchi di gioco che avrebbero potuto continuare a restare accesi fino al 2020 sono stati spenti a gennaio 2019, - annota l’Agenzia Giornalista sul Mercato del Gioco - mentre le sale dedicate, che avrebbero potuto restare aperte fino al 2023, hanno dovuto abbassare le saracinesche il 1° giugno 2019, con 4 anni di anticipo rispetto alla precedente tabella di marcia. Di fatto, da tale data il gioco legale è stato espulso dall’intero territorio regionale, con disastrose conseguenze per decine di imprese, centinaia di lavoratori ed anche per le casse erariali, visto che lo Stato nel 2019, in Valle d’Aosta, ha incassato dai giochi 70 milioni di euro». Ma c’è un’eccezione. «Se da una parte la lotta al gioco ha portato alla chiusura di sale gioco, sale scommesse e sale bingo, - prosegue l’inchiesta dell’ Agenzia Giornalistica sul Mercato del Gioco - dall’altra il legislatore regionale ha lasciato aperto il Casinò di Saint Vincent, un gigante dai piedi di argilla che da anni necessita di iniezioni di liquidità per tamponare perdite milionarie. Di fatto, si è eliminato un soggetto sano (inteso come insieme di imprese medio piccole, spesso a conduzione familiare, che gestivano il gioco pubblico sul territorio) per salvare la vita alla Casa da gioco valdostana di proprietà della Regione (di cui è azionista di maggioranza), una delle 4 autorizzate dallo Stato sul territorio italiano». Insomma, la legge regionale, almeno nelle intenzioni, puntava «A seguito della chiusura delle sale “concorrenziali” al Casinò a rimpolpare le casse della Casa da gioco con i soldi dei giocatori rimasti senza una rete capillare sul territorio su cui scommettere». Peccato, sempre secondo l’analisi dell’Agenzia Giornalistica sul Mercato del Gioco, che le cose non siano andate esattamente così: «A distanza di anni, la presenza di attività di gioco sul territorio è (quasi) completamente sparita per gli effetti del distanziometro, mentre il Casinò continua a divorare denaro, necessitando di ricapitalizzazioni per decine di milioni di euro, operazioni attraverso le quali si realizza un aumento del capitale sociale per dotare la struttura di nuovi mezzi patrimoniali indispensabili per riequilibrare le perdite. Lo scorso inverno, dopo una lunga serie di istanze di fallimento presentate, il tribunale di Aosta ha ammesso la nuova istanza di concordato preventivo pieno (presentata a fine ottobre dalla casa da gioco di Saint Vincent), nominando un commissario giudiziale ad hoc, che tuttavia ha già messo in chiaro che il soddisfacimento dei creditori sarà garantito solamente da un piano di concordato con un ampio periodo temporale, oltre il 2023. Il mese scorso è stato dato il via libera ad un secondo piano di concordato in continuità, che prevede il pagamento integrale dei crediti prededucibili, il pagamento integrale dei creditori privilegiati ed un soddisfacimento in misura almeno pari all’80 per cento per i creditori chirografari» entro il 2024.
In tal senso l’accusa che si legge in uno dei tanti ricorsi presentati al Tar dai titolari delle sale da gioco che sono state costrette a chiudere è che «La Regione, in palese e stridente contrasto con le petizioni di principio costituenti la “ratio” sottesa alla normativa restrittiva via via emanata in materia di gioco lecito, ha continuato incessantemente a finanziare la Casino de la Vallèe». Perciò si è verificata una situazione, secondo gli imprenditori del settore, per cui mentre l’Aministrazione regionale «Con una mano azzerava legislativamente il settore del gioco lecito esercitato dalle piccole realtà imprenditoriali di settore, con l’altra sosteneva il più strutturato concorrente delle stesse, investendo somme cospicue per rinnovare la dotazione di apparecchi AWP/VLT in dotazione al Casinò regionale e per potenziare l’attività di marketing finalizzata ad accaparrare nuova clientela nel favore dello stesso».
Il titolare di una sala dedicata di Aosta racconta: «Se il problema è la lotta alla ludopatia lo capiamo ma allora la legge deve valere per tutti, senza esclusioni. Invece, ad essere penalizzati siamo stati solamente noi piccoli imprenditori, che negli anni abbiamo investito notevoli risorse economiche in un settore lecito autorizzato dallo Stato, mentre il casinò di Saint Vincent - che tra l’altro ha al suo interno anche un bancomat, considerato dalla legge regionale un luogo sensibile come la bocciofila a 270 metri, la scuola di calcio 450 metri e un istituto di credito a 300 metri - continua ad operare indisturbato, senza contare che se in una slot in un bar si giocano pochi euro, in una Casa da gioco si perdono molti più soldi. Il fatto è che la Regione Valle d’Aosta esercita essa stessa quelle attività di gioco lecito che ha legislativamente ritenuto pericolose. Abbiamo avanzato diversi ricorsi, ma nessun giudice ci ha ancora dato una risposta sul tema della espulsione del gioco lecito dalla Regione. Perché qui stiamo parlando non di diminuire l’offerta di gioco, ma di espellerlo completamente, con tutto ciò che comporta in termini di lavoro ed occupazione».