Confcommercio Valle d’Aosta lancia l’allarme “Nella nostra regione crolla la voglia di fare impresa”

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La Valle d’Aosta maglia nera dell’intero nord ovest per la nascita di nuove imprese. Nel 2020, rispetto all’anno precedente, c’è stata una contrazione del 25 per cento con il comparto del commercio che segna un vero e proprio crollo, indice dell’agonia degli ultimi 12 mesi. E’ questo uno dei dati più drammatici emersi dalla ricerca sulle imprese del terziario della Valle d’Aosta - che conta circa 6 mila aziende, il 65 per cento dell’intero tessuto imprenditoriale extra agricolo del territorio - realizzata da Confcommercio Valle d’Aosta, in collaborazione con Format Research e presentata agli organi di stampa martedì scorso, 30 marzo.

Si manifesta, in contemporanea, un fenomeno di congelamento delle cessazioni (-4 per cento), poiché chiudere oggi un’impresa rappresenta un costo elevato. Di fatto, quindi, i ristori vanno anche a sostenere aziende “fantasma”, ovvero di fatto inattive (se ne stimano circa 350) e si teme una forte contrazione del tessuto imprenditoriale nel 2021. Segno meno anche per il saldo delle aziende: -48 rispetto al 2019. Il prolungato periodo di chiusura “a intermittenza” ha minato la fiducia negli ultimi mesi del 2020 e nei primi del 2021.

In generale la crisi ha colpito il terziario in Valle d’Aosta più duramente che nel resto d’Italia e la sensazione è che il possibile miglioramento della situazione generale previsto per i prossimi mesi resti ancora troppo debole per recuperare il terreno perso. Il tutto in un contesto di consumi in caduta libera: il crollo di circa 500 milioni di euro corrisponde a un -14 per cento rispetto al 2019, più pesante rispetto alla media nazionale (-12 per cento).

Dopo lo scoppio della pandemia - con i quasi 9mila casi registrati in Valle d’Aosta in un anno e gli oltre 400 decessi - si stima la perdita di circa il 33 per cento dei ricavi, con punte del -64 per cento negli esercizi pubblici e nella ricezione turistica, un dato condizionato certamente anche dal tracollo di arrivi e presenze in regione (-43 per cento nel 2020 rispetto al 2019, -56 per cento se si isola la sola componente estera). E la ripresa da qui a giugno sarà ancora troppo lenta.

Il blocco dei licenziamenti ha limitato l’impatto della crisi sull’occupazione, che è a rischio “detonazione” dopo la sospensione attiva ormai da un anno: si stimano incrementi del 19 per cento della perdita di occupati dopo lo sblocco, con picchi intorno al 40 per cento per esercizi pubblici e turismo.

Nei mesi a cavallo tra il 2020 e il 2021 si sono allungati i tempi di pagamento dei clienti. Il calo dei consumi ha contribuito in modo marcato alla condizione di instabilità finanziaria delle imprese del terziario della nostra regione, che hanno sofferto oltre la media nazionale. Da qui un’impennata delle domande di credito: aumentano le richieste da parte delle imprese in crisi di liquidità e crescono le risposte positive da parte delle banche. I prestiti erogati a favore delle imprese sono cresciuti dell’8 per cento in un solo anno.

Infine, la crisi accentua l’impatto o la percezione della criminalità: il 63 per cento dei commercianti ha il timore di rimanere vittima dell’usura (un’impresa su cinque avverte concretamente dei rischi nella zona in cui opera) e il 55 per cento paventa che la malavita tenti di impadronirsi delle aziende (ben il 18 per cento avverte da vicino tale rischio).

In tale cornice gli imprenditori bocciano l’operato del Governo Conte, riservando giudizi meno severi per i primi provvedimenti del Governo Draghi, pur ritenendo nel 66 per cento dei casi insufficienti le azioni a sostegno dell’economia.

Esenzione dalla Tari

Sempre nei giorni scorsi la Confcommercio - a livello nazionale - ha puntato il dito pure sull’imposta sui rifiuti, la Tari, sottolineando come “Nel 60 per cento dei Comuni le aliquote siano state aumentate. Chiediamo a gran voce ’esenzione della tassa visto il blocco delle attività economiche a causa del Covid e la conseguente riduzione della quantità di rifiuti prodotta”.

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