Dal maestro partigiano alla passione per lo sci e il calcio: è una vita perbene quella di Marino Guglielminotti Gaiet

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Un’intera vita a rincorrere quelle passioni che lo hanno legato indissolubilmente al ricordo del padre. E’ la storia di Marino Guglielminotti Gaiet capace di farsi apprezzare come stimato professionista e come vero uomo di sport. Suo papà era Ernesto, classe 1913, nato a Tenda di Cuneo da madre canavesana e padre biellese, mentre la mamma Bruna Brunello, lei del 1920, era nata a Brescia da genitori veneti. Ernesto e Bruna si erano conosciuti ad Aosta e il 7 settembre del 1940 si sposarono nella chiesa di Sant’Orso. Poi da quel matrimonio il 2 febbraio del 1943 nacque il loro unico figlio, Marino appunto.

«Mio papà è entrato a lavorare alla Cogne quando aveva solo quattordici anni - racconta lo stesso Marino Guglielminotti Gaiet - e lì ne ha trascorsi quarantuno della sua vita, sino al 1968 quando è andato in pensione. Purtroppo in quello stesso anno mia mamma Bruna è venuta a mancare a seguito di un tragico incidente stradale.»

Da Ernesto, il giovane Marino aveva sin da subito ereditato l’impegno nel lavoro e la grande passione per il calcio e la montagna. «Papà era un grande escursionista - ricorda Marino Guglielminotti Gaiet - ma adorava anche sciare. Tutti gli anni la Nazionale Cogne organizzava la “Coppa d’Acciaio”, una gara di fondo riservata ai dipendenti e a mio padre venne consegnato un premio speciale perché fu l'unico a partecipare alla competizione per trentatré anni di fila, giungendo sempre al traguardo: certo si trattava di un vero e proprio record.»

La montagna però richiama alla mente dei Guglielminotti anche dei tristi ricordi. «Mio papà aveva due fratelli, Elso e Marino. Purtroppo Marino perse la vita a seguito di un incidente in montagna nel 1932 quando aveva solo ventuno anni. Faceva parte di un cordata di sei alpinisti precipitata lungo la parete del Dente del Gigante e solo in due si salvarono. Io porto quindi il suo nome.»

Anche il protagonista della nostra storia ha sempre amato la montagna da vivere però principalmente con gli sci ai piedi. «Ho sempre amato sciare, privilegiando le piste di Pila e di La Thuile. Al riguardo ho un ricordo bene impresso nella mente e riguarda una gara di sci organizzata a Pila dall’Uisp, cioè l'Unione Italiana Sport Popolare, alla quale partecipai da ragazzino: essendo arrivato ultimo al traguardo il mio premio era consistito in una borsa dell’acqua calda. Mio papà era con me e aveva avuto parole molto confortanti nei miei riguardi.»

La sua infanzia Marino l’ha trascorsa in città, avendo abitato con i genitori in via Sant’Anselmo e poi in corso Saint-Martin-de-Corléans prima di trasferirsi definitivamente nel 1956 nell’alloggio da loro acquistato in via Monte Vodice. «Le scuole elementari le ho frequentate al Centro di Aosta, ora Scuola San Francesco, dietro il Municipio per intenderci. Ricordo di avere avuto come maestro il partigiano, nonché reduce degli alpini del Battaglione Aosta in Montenegro, Renato Willien che era per noi come un padre, severo ma buono. E sempre in piazza San Francesco ho frequentato le medie.»

Ecco quindi aprirsi le porte delle superiori, due anni di Ginnasio e poi tre di Liceo classico sempre ad Aosta. «Quello delle superiori è stato il periodo più bello della mia vita, durante il quale ho conosciuto dei veri amici con i quali avevo stretto dei rapporti fraterni. Con Beppino Camandona e Adriano Dugros ci sentiamo ancora oggi, mentre Umberto Girod, Demetrio Mafrica e Franco Dal Monte, quest’ultimo mio compagno di banco, purtroppo non ci sono più. E poi un pensiero va anche a tutte le ragazze che in classe erano in maggioranza. Certo quella del Liceo classico dell’epoca fu una parentesi scolastica vissuta con molto timore, era una scuola difficile che permetteva di raggiungere un’ottima preparazione.» Tanto che Marino Guglielminotti Gaiet si è poi laureato in Ingegneria civile al Politecnico di Torino nel 1970. E proprio il 1970 è stato l’anno che di fatto ne ha caratterizzato l’intera vita. «Mi sono laureato, mi sono sposato e sono pure partito per il servizio militare». All’altare aveva portato Lucia Cravero, originaria di Torino e per tutti semplicemente «Luci». La loro era stata una lunga storia di amore dalla quale il 18 gennaio del 1975 è nata la loro figlia Michela, oggi felicemente sposata con Andrea Barbero.

«Mia moglie “Luci” l'ho conosciuta nel 1959 - ripercorre quei momenti Marino Guglielminotti Gaiet – in spiaggia a Loano, località balneare del savonese. Eravamo ai “Bagni Saitta” e con me e i miei genitori era anche l’amico Adriano Dugros, insieme avevamo stretto amicizia con Fausto Leali, che da lì a poco sarebbe diventato il grande cantante che è ancora oggi. Sotto un ombrellone c'erano quattro ragazze, compresa quella che sarebbe poi diventata mia moglie, e noi per poter attaccare bottone facevamo in modo che il nostro pallone cadesse sempre vicino a loro. Ritrovandosi poi nello stesso posto anche l'anno successivo tra i nostri rispettivi genitori era nata una profondissima amicizia con tanti bei momenti condivisi. Io e “Luci” ci siamo fidanzati ufficialmente il 5 marzo del 1970 mentre eravamo sull'ovovia Aosta-Pila pronti ad andare a sciare. Poi non ci siamo più lasciati fino a quando nel 1999 mi ha lasciato per colpa di un male incurabile.»

Il matrimonio con la sua Lucia, celebrato al Santuario della Consolata di Torino era stato condizionato dall’altra grande passione di Marino, il calcio. «Ci siamo sposati il 5 ottobre del 1970 ma la cosa strana è che era di lunedì. Quella scelta avvenne perché alla domenica avevo l’impegno calcistico con l’ANPI Elter e non potevo certo mancare, così come i miei compagni di squadra, ovviamente tutti invitati alla cerimonia.»

L’altro grande evento che ha caratterizzato il 1970 di Marino Guglielminotti Gaiet fu la chiamata alle armi. «Erano passati una quindicina di giorni dal matrimonio ed ero tranquillo a casa quando mi telefonò mio papà per dirmi che avevano recapitato per me una cartolina blu e che dovevo presentarmi alla caserma di Savigliano. Sono così partito per il servizio militare e il primo periodo, quello dell'addestramento, il mitico Car, cioè il Centro addestramento reclute, l’ho trascorso a Savigliano. Ero stato arruolato come artigliere da montagna con la qualifica di servente ai cannoni, “naia” dal 20 ottobre 1970 al 16 dicembre 1971, prima a Savigliano per poi essere aggregato come furiere alla Compagnia Comando del Battaglione Alpini Aosta, alla Testafochi. Essendo sposato da poco si era trattato di un avvicinamento.»

Dopo questa parentesi, arrivò il momento dell’inserimento nel mondo del lavoro. «Una volta congedato ero ovviamente senza lavoro e facendomi forte del fatto che mia mamma Bruna per quasi trent'anni era stata impiegata all'Ufficio regionale del Turismo di piazza Chanoux ero andato a chiedere all’allora presidente della Regione Cesare Dujany un consiglio. Lui mi disse che l’Amministrazione regionale in quel momento non aveva necessità di ingegneri e mi suggerì di provare a diventare un insegnante, cosa che peraltro ho poi fatto.» «Non trovando lavoro ad Aosta con mia moglie ci siamo trasferiti a Torino, in zona Falchera e il mio primo impiego fu una supplenza alle scuole medie di Valperga. In seguito ho ottenuto un incarico a tempo indeterminato per tre anni presso l'Istituto Tecnico per Geometri di Cuorgnè e a seguire, dal 1976 e sino al 2000, divenni docente di ruolo in topografia e fotogrammetria all'Istituto per Geometri “Enrico Fermi” di Ciriè. Il mio obiettivo nel contempo continuava ad essere quello di esercitare la libera professione di ingegnere e nel 1978 con alcuni colleghi abbiamo aperto uno studio a Torino in corso Trapani, visto che l’impegno scolastico me lo permetteva.»

Nel percorso di vita di Marino Guglielminotti Gaiet trova posto pure una lunga parentesi politica. «Sono stato eletto in Consiglio comunale ad Aosta una prima volta nel 1995 come consigliere per poi assumere la carica di vicesindaco e di assessore nella Giunta del sindaco Guido Grimod dal 2000 al 2010. Ricordo di aver fatto parte della Commissione che si è occupata dell'organizzazione dell'Adunata Nazionale degli Alpini del 2003 che si sarebbe svolta nella nostra città, un evento questo che per la sua portata ha richiesto una preparazione di diversi anni. Proprio in quel periodo sono cominciati i guai dello stadio “Mario Puchoz” anche perché per creare l'ultimo tratto di percorso che prevedeva l'arrivo e lo scioglimento del corteo avevamo dovuto allargare via Torino, demolendo gli spalti del settore dei Popolari.»

Di grande rilevanza è stata pure l'esperienza come presidente dell'ANPI, l’Associazione Partigiani d’Italia della Valle d'Aosta durata dal 2006 al 2016. «Sono stato il primo presidente non partigiano e per me è stato un onore lavorare a fianco di veri partigiani che mi avevano accolto come uno di loro.» Per Marino Guglielminotti Gaiet comunque l’ANPI faceva parte della vita, da quando ragazzo seguiva le vicende di Aosta e della regione legate agli impegni del padre Ernesto. «Ho iniziato a giocare a tredici anni nella Giorgio Elter partecipando nel 1956 alla “Coppa Primo Maggio”, che era anche il primo torneo organizzato dall'Uisp dell’allora segretario Enrico Dati, riservato alla categoria Pulcini che allora arrivava sino ai quattordici anni. Ricordo che abbiamo vinto il torneo superando in finale la grande favorita, la Gabetto di Davide Volpe e Lino Valle che annoverava giocatori del calibro di Nunzio Santoro e Piero Tognonato.» «Un altro momento che rammento con grande piacere risale al 1960 quando, dopo aver vinto la fase locale del campionato juniores, siamo andati a giocare Tronzano, nel biellese, per le finali regionali. Si trattava per me della prima trasferta in pullman come anche del primo pranzo consumato alla vigilia di una partita. Il risultato finale fu di 1 a 1 con rete di Fortunato “Renato” Fristachi che solitamente giocava portiere e che nell'occasione per ragioni numeriche era stato impiegato all'ala sinistra, sostituito in porta da Valdimiro Polesel. Che dire poi della trasferta a Parigi del 1964 per partecipare a un torneo che tra l'altro avevamo anche vinto: fu un viaggio di ventuno ore e per uno come me, che aveva passato l'infanzia alle case operaie in mezzo a gente modesta senza grandi risorse finanziarie, si trattò di un'avventura incredibile.»

Dal personale cassetto dei ricordi di Marino emerge un'altra bella esperienza: «Ho avuto l'onore di giocare nella rappresentativa Juniores della Valle d’Aosta ininterrottamente dal 1959 al 1962 insieme a compagni tecnicamente molto più bravi di me, come Roberto Berlati, Tonino Dégioz, Livio Forma e Giancarlo Zavagnin, per citarne solo alcuni. Nel 1960 quella squadra, guidata da Francesco Ciancamerla e da Agostino Roncolato, si era laureata campione piemontese battendo la rappresentativa dei pari età di Torino 2 a 1 in una storica finale giocata proprio al “Puchoz” di Aosta.»

L'esordio in prima squadra nel 1961 avvenne quando l'ANPI Elter si trovava in Terza categoria e Marino Guglielminotti Gaiet è stato l'unico giocatore, tra i tanti che hanno vestito quella memorabile maglia, ad aver vinto tutti i campionati che hanno portato la società dalla Terza categoria fino alla Promozione. «Pensando a quei momenti non posso non ricordare la figura di Marcellino Ferrari, il tecnico più longevo del sodalizio. Con le sue barzellette strappava un sorriso a tutti e con sua moglie Silvia era sempre a disposizione della società. E’ stato un'anima di quel nostro mondo.»

La Giorgio Elter, poi diventata nel 1960 ANPI Giorgio Elter, era nata nel 1956 fondata da Ernesto Guglielminotti Gaiet, da suo fratello Elso e da Gino Masin. La scelta del nome era legata al fatto che la maggior parte dei componenti della prima squadra abitava tra le Case Stura e le Case Filippine in via Giorgio Elter, al Quartiere Cogne. Apprendista dirigente sin dalla nascita della società, Marino Guglielminotti Gaiet è stato il responsabile del settore giovanile dal 1971 al 1976, assumendo poi il ruolo di direttore sportivo, mansione che ha ricoperto sino al 1987, anno in cui è succeduto nella carica di presidente a papà Ernesto, deceduto per un male incurabile il 16 febbraio dello stesso anno.

Per capire il suo particolare attaccamento alla maglia dell’ANPI Elter ecco un altro aneddoto: «Nel 1971 sono entrato in contatto con l'impresa Genghini che stava selezionando degli ingegneri per la direzione lavori dell'autodromo internazionale del Mugello, a Firenze. Sono andato a Roma per i colloqui e sarei stato assunto. La condizione però era il trasferimento in Toscana per seguire i lavori al Mugello, dando inoltre la piena disponibilità per occuparmi pure di altri cantieri all’estero. Ho rifiutato non tanto per mia moglie, che mi avrebbe comunque seguito, ma per non dover abbandonare l’ANPI Elter, i miei amici e mia la città, che è sempre stata Aosta anche se abitavo a Torino.»

Ottenuta la pensione nel 2010, ora Marino Guglielminotti Gaiet dedica gran parte del suo tempo ai cinque nipoti, Alessandro di venticinque anni, Marco di ventuno, Martina di dodici, Matteo di nove e la piccola Gaia di due. «Ho ancora qualche piccolo impegno professionale e ricopro l'incarico di fiduciario del Comitato Piemonte/Valle d'Aosta per la verifica e l'omologazione dei campi di calcio sino all'Eccellenza. Per il resto ricordo sempre con gioia e pure con un poco di amarezza quell’Aosta del calcio che non esiste più, tra tante società e tanti giovani, che giocavano ovunque, tra prati, cortili, strade, campi sterrati, spinti da una volontà che oggi è raro incontrare, un amore per lo sport che è stato il mio e quello di molti. Oggi che l’ANPI Elter è memoria - come l’Aosta, la Robur, l’Olimpia, la Gabetto, la Sant’Orso - guardo i miei nipoti crescere però rammento il tempo di una città più solidale, più vicina alla gente, più vicina ai suoi giovani che avevano nello sport una grande opportunità per formarsi.»

Per Marino Guglielminotti Gaiet la vita è stato un vero e proprio frullatore di emozioni, con tante belle soddisfazioni in ogni sua attività, accompagnate da diversi momenti tristi che ha però saputo affrontare con quel coraggio che è peculiare ai veri uomini di sport, abituati alle sconfitte come alle vittorie.

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