Rifugi alpini, verso un’altra stagione caratterizzata dal grande incertezza
I rifugi alpini, con pochi clienti e scarso innevamento, non possono aprire. Proprio all’inizio della loro stagione migliore, quella dello sci alpinismo d’alta quota che si pratica (se si hanno conoscenza del territorio e padronanza della tecnica e dell’attrezzatura) da metà marzo a metà maggio, i gestori dei rifugi della Valle d’Aosta «funzionali» a questa disciplina sono in attesa. Vorrebbero aprire, però devono necessariamente attendere un allentamento delle restrizioni.
«Solo pochissimi rifugi sono aperti d’inverno, quest’anno neppure quelli vicino agli impianti hanno potuto farlo, se non quei pochi, si contano sulle dita di una mano, vicini alle piste di fondo» spiega Andrea Benedetti, gestore del Rifugio Federico Chabod a Valsavarenche e presidente dell’Associazione dei Gestori dei Rifugi alpini della Valle d’Aosta, che riunisce le sessanta strutture ricettive e che fa capo all’Adava, l’Associazione degli albergatori e degli operatori della ricettività turistica della nostra regione. «In mancanza dello sci da discesa, vi è stato un incremento nella pratica dello sci alpinismo, però in una forma ibrida, di salita con le pelli e discesa sulle piste da sci, battute o non battute, a quote relativamente basse. Insomma, un’attività che non ha coinvolto i rifugi. Speriamo che questo abbia avvicinato e appassionato nostri futuri clienti, per il momento non ne abbiamo avuto benefici».
Finora, quindi, non è andata bene per i rifugi, alcuni dei quali proveranno ad aprire, almeno nei fine settimana, se sono a conduzione familiare e hanno una gestione snella. Quelli che avrebbero costi per il personale resteranno chiusi per non rischiare di andare in perdita, senza poter coprire neppure le spese. Avendo gli impianti chiusi, potranno farlo solo quelli a quote relativamente basse; non quelli, per esempio, del comprensorio del Monte Rosa, perché sono su percorsi inaccessibili ai più.
Le zone più frequentate restano il Gran Paradiso (Cogne e Valsavarenche) e il Gran San Bernardo (Valpelline). I tre rifugi del giro classico Vittorio Sella-Federico Chabod–Vittorio Emanuele apriranno, forse, dopo Pasqua, se si allenteranno le restrizioni.
«Per ora siamo fermi, - dichiara Andrea Benedetti - non abbiamo prenotazioni, con le chiusure dei confini regionali non abbiamo affluenza. In più, finché saremo zona arancione, potremmo offrire solo l’asporto che per un rifugio in alta quota è una contraddizione in termini: senza poter accogliere, si perde la nostra funzione essenziale. Per non parlare del fatto che un target di solito molto interessato allo sci alpinismo è quello straniero ed è proprio quello che in questi mesi manca di più a causa della pandemia. Avevamo avuto prenotazioni dall’estero, però sono state tutte annullate dalle agenzie. In più quest’inverno anche l’innevamento ha lasciato a desiderare, poiché ci sono state abbondanti nevicate solo verso la Svizzera, non dalle nostre parti».
Dopo una pausa di un paio di settimane, questi rifugi di solito riaprono a inizio giugno. E, rispettando i protocolli, potrebbero far partire la stagione estiva. «Un dato che non è stato sufficientemente sottolineato è che, fermo restando il boom della vacanza in montagna nell’estate 2020, nei rifugi ci sono stati grandi numeri solo a mezzogiorno, mentre per i pernottamenti, a causa dei protocolli Covid, abbiamo dovuto ridurre i posti del cinquanta per cento, con relative perdite di fatturato non compensate dagli incrementi all’ora di pranzo, e abbiamo perso tutte le comitive e le gite del Cai. Sono state prenotazioni last minute e solo per piccoli gruppi. Inoltre, se di solito l’estate si prolunga fino al 30 settembre, nel 2020 abbiamo dovuto chiudere anticipatamente. Anche perché tutti gli stranieri - britannici, francesi, tedeschi, olandesi e belgi - sono scomparsi all’improvviso, avendo avuto più restrizioni in autunno che in primavera. Per il 2021 speriamo in una stagione estiva proficua e prolungata, sia pure con i protocolli che resteranno sicuramente in vigore e che dimezzeranno ancora una volta la nostra capienza».
Per quanto riguarda i ristori, «Se nel 2020 abbiamo avuto delle somme da parte della Regione per le perdite subite in primavera e in estate, - riferisce Andrea Benedetti - dal fronte nazionale sono stati indennizzati solo quei rifugi alpini che avrebbero dovuto essere aperti ad aprile 2020 e hanno potuto dimostrare di aver subito un azzeramento del fatturato a causa del confinamento. Chi normalmente apriva da giugno a settembre è stato penalizzato dai ristori statali».