“La notte insonne e il telefono che squilla alle 5.30” Un anno fa la zona rossa isolò il paese di Pontey
Un anno fa - per la precisione nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 marzo 2020 - il paese di Pontey veniva “sigillato” con la drammatica decisione di istituire la zona rossa. A distanza di 12 mesi, a ricordare quei giorni è Rudy Tillier, sindaco di Pontey per 15 anni fino allo scorso mese di settembre.
«Fui convocato in Protezione civile nel tardo pomeriggio di domenica 22 marzo e mi venne comunicata la decisione di istituire la zona rossa a decorrere dalla mezzanotte. - racconta Rudy Tillier - Cercai di persuadere chi di dovere a non prendere questa decisione perché mi sembrava esagerata: gli alti numeri erano dovuti in gran parte alla situazione, del tutto particolare, della micromunità per anziani. Per il resto la quantità di contagiati in paese non si discostava da quella di tanti altri Comuni e non vi era nessun focolaio. Soprattutto, non vi era mai stato un precedente in Valle d’Aosta di chiusura totale, per di più all’improvviso, di un paese abitato da 800 persone e sprovvisto di negozio di alimentari e di farmacia, con il rischio dunque di creare panico e caos. Feci notare, inoltre, che la popolazione era già sotto pressione dal 5 marzo, in quanto i primi casi positivi erano stati riscontrati sul nostro territorio e che Pontey veniva descritta, ingiustamente, come la Codogno della Valle d’Aosta».
Dopo aver ricevuto quell’informazione strettamente riservata, Rudy Tillier passò ore di grande tensione. «Non potevo avvisare la popolazione, perché avrei fatto danni: mi limitai ad informare i più stetti collaboratori tra amministratori e dipendenti. - prosegue - Dormii poco quella notte, così come quando, alcune settimane prima, avevo ricevuto la telefonata con la quale mi venne comunicato che i primi casi di Covid-19 erano stati riscontrati proprio a Pontey. La prima telefonata la ricevetti alle 5.30 del mattino. Era una persona che doveva recarsi a Châtillon a lavorare ma che era bloccata al “check point” sul ponte di ingresso al paese presidiato dalle Forze dell’Ordine. Gli altri 2 accessi erano già stati sbarrati nella notte. Eravamo dunque in una sorta di “enclave”. Così iniziò l’interminabile prima giornata di zona rossa, come lo furono anche tante altre successivamente».
«Sapevo che non c’era tempo da perdere in chiacchiere e polemiche sui social, perché altrimenti non saremmo riusciti, ed era fondamentale e prioritario, a pianificare e garantire da subito alle circa 350 famiglie i generi di prima necessità, alimentari e farmaceutici, l’assistenza e la vicinanza alle persone anziane e sole nonché alle famiglie in isolamento, la riorganizzazione di tutto il sistema di raccolta dei rifiuti: ci venne infatti detto, senza preavviso, che il servizio porta a porta non sarebbe più stato fornito. - ricorda l’ex Sindaco - Con il Centro Operativo Comunale, insieme ai volontari della Croce Rossa che la Protezione civile aveva messo a disposizione, si decise di suddividere il paese in 3 zone. Poi convocai una Giunta comunale straordinaria che stanziò subito 25mila euro (alle fine sarebbero stati 55mila) per anticipare tutte le spese per conto delle famiglie e perché nessuna persona venisse dimenticata. Concordammo di fare un tipo di comunicazione il più possibile semplice, chiara, e di realizzare periodicamente una sorta di “Bollettino Covid” che contenesse dati e informazioni principali per la popolazione. Anche la questione delle autorizzazioni ad entrare ed uscire dal paese creò per alcuni giorni malumore e problemi poiché l’ordinanza regionale affidava al Sindaco solo specifici casi di deroga, mentre per tutto il resto la competenza era della Protezione civile: quindi il Comune dovette fare da filtro, raccogliere tutte le domande e inoltrarle ad Aosta».
«Il presidente del Celva Franco Manes creò una chat dei Sindaci, molto apprezzata, perché in quel periodo erano innumerevoli le ordinanze e i Dpcm che venivano emanati anche a qualunque ora e dunque era utile avere una linea comune di applicazione. - dice ancora Rudy Tillier - Purtroppo Pontey correva “su un binario parallelo” rispetto agli altri Comuni: infatti tutto ciò che era per esempio ammesso in deroga agli altri 73 enti locali per noi non era applicabile perché prevaleva l’ordinanza della zona rossa. Questa cosa era difficile spiegarla alla popolazione. In tutto furono 19 giorni di zona rossa durante i quali, aggiunti alle settimane precedenti, è successo e ho visto di tutto: dalla drammaticità nel vedere più carri funebri diretti alla microcomunità (i morti per Covid alla fine si sono riscontrati solo lì) alle telefonate fatte per comunicare la positività o la guarigione alle persone, dai sorrisi alla determinazione dei volontari, dalla disponibilità di alcune famiglie ad ospitare persone della Croce Rossa che provenivano anche dall’estero ai gesti di solidarietà di tanti che hanno omaggiato i “pontesans” in occasione della Pasqua, dalle critiche ai ringraziamenti».
Rudy Tillier ricorda con orgoglio i provvedimenti economici presi per alleviare il peso dell’emergenza per la popolazione. «E’ stata ridotta la Tari per le attività produttive e commerciali e abbiamo elargito i “buoni alimentari”. - mette in evidenza - Soprattutto, siamo riusciti ad ottenere durante l’estate 28mila euro come ristoro per la “zona rossa”: nessuno si era ricordato di noi, né lo Stato né la Regione. Non li avremmo ottenuti se non fosse stato per le nostre tenacia e determinazione. Quei soldi ora sono a disposizione già da alcuni mesi della nuova Amministrazione comunale, insieme a un avanzo di 50mila euro dell'anno 2019 che volutamente abbiamo lasciato a disposizione dei nuovi eletti».
«Una persona che vorrei ricordare? - conclude Rudy Tillier - Il nostro cantoniere Paolo Diemoz, prematuramente scomparso alcuni giorni or sono: anche in zona rossa è stato “un gigante” per tutti i “pontésans”».
Paradossalmente, Rudy Tillier non si è ammalato di Covid quando era sindaco durante la zona rossa ma in seguito, a novembre: «Ho avuto in particolare dolori ai reni e alle gambe ma sono guarito in un paio di settimane».