Chiusa l’inchiesta “Egomnia” dalla Procura di Torino

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La Procura della Repubblica di Torino con i pubblici ministeri Valerio Longi e Stefano Castellani ha chiuso l'inchiesta Egomnia sullo scambio elettorale politico-mafioso in Valle d'Aosta. Risultano 8 indagati, ovvero gli ex presidenti della Regione Antonio Fosson, Laurent Viérin e Renzo Testolin, l'ex assessore regionale Stefano Borrello, l'ex consigliere regionale Luca Bianchi, il ristoratore Antonio Raso, Roberto Di Donato e Alessandro Giachino. L'inchiesta - condotta dalla Dda di Torino e dai carabinieri di Aosta - riguarda il presunto sostegno della “locale” di ‘ndrangheta di Aosta ad alcuni candidati autonomisti durante le elezioni regionali del 2018. Sia Renzo Testolin sia Laurent Viérin sono indagati per concorso in scambio elettorale politico mafioso alle elezioni regionali del 2018 con Roberto Alex Di Donato - l’estate scorsa condannato in primo grado a 5 anni e 4 mesi di reclusione nel processo Geenna sulla presunta locale di ‘ndrangheta ad Aosta - e Alessandro Giachino, condannato a 11 anni. Secondo la Dda di Torino, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del Reparto operativo di Aosta, ognuno dei 2 ex presidenti della Regione Valle d’Aosta avrebbe accettato la «Promessa di procurare voti» dei due presunti ‘ndranghetisti, in cambio «Della promessa di agevolarli nei rapporti con l’attività amministrativa della Regione Valle d’Aosta, con particolare riguardo alla soluzione dei problemi legati all’esecuzione di appalti e lavori nel settore dell’edilizia privata, all’ottenimento di lavori pubblici per ditte e società riconducibili ad appartenenti» alla ‘ndrangheta «O a persone ad essi vicine». Nei confronti dell’ex presidente della Regione Antonio Fosson l’accusa è analoga, ma in concorso solo con Antonio Raso, ristoratore considerato tra i vertici della locale di ‘ndrangheta di Aosta, condannato a 13 anni nel processo Geenna. Riguardo all’ex consigliere regionale Luca Bianchi e all’ex assessore alle Opere pubbliche Stefano Borrello - ciascuno indagato in concorso con Antonio Raso e Alessandro Giachino - l’accusa si limita ai voti in cambio della «Promessa» di agevolazioni «Nei rapporti con l’attività amministrativa della Regione Valle d’Aosta, con particolare riguardo alla soluzione dei problemi legati all’esecuzione di appalti e lavori nel settore dell’edilizia privata». L’inchiesta Egomnia sulle regionali del 2018 è nata dall’operazione Geenna, che invece aveva riguardato l’epoca delle elezioni comunali del 2015, ad Aosta e Saint-Pierre (comune poi commissariato per infiltrazioni mafiose). Era stato lo stesso tribunale di Aosta, con le motivazioni della sentenza di primo grado su Geenna, a trasmettere gli atti del processo alla Procura di Torino, che già aveva aperto un fascicolo. La notifica della chiusura delle indagini è avvenuta sabato scorso, 13 marzo.

Processo Geenna, 4 indagati per falsa testimonianza

La Procura di Aosta ha chiuso l'inchiesta per falsa testimonianza aperta nel dicembre scorso, dopo la trasmissione degli atti del processo Geenna con rito ordinario da parte del presidente del Tribunale Eugenio Gramola. Sono indagati l'ex dirigente della Casinò de la Vallée Valter Romeo, i fratelli Daniele e Luciano Cordì e Pasqualina Macrì. Era stato lo stesso Tribunale a segnalare indizi del reato a carico dei 4 testimoni. Il fascicolo è affidato al pm Luca Ceccanti. Alessandro Giachino, all'epoca collega di Romeo - poi divenuto direttore delle pubbliche relazioni al Casinò di Montecarlo - e nel settembre 2020 condannato a 11 anni per associazione mafiosa nel processo Geenna, si offrì per provare a vendere un orologio Bulgari da 2.500 euro che il manager voleva cedere. Quell'orologio però passò a Marco Fabrizio Di Donato - uno dei vertici della locale di Aosta per il gup di Torino, che lo ha condannato a 9 anni - e da allora Romeo non lo ha più rivisto, senza incassare denaro. Dai colloqui tra Marco Di Donato, Alessandro Giachino ed Antonio Raso (condannato a 13 anni) emerge che volevano «Consegnarlo a Rosario Strati in pagamento di un debito pregresso». Romeo «È risultato così intimorito» da Marco Di Donato e «Dai suoi sodali» da «Non avere neppure il coraggio di interpellarlo» e per «Evitare qualsiasi problema al riguardo ha addirittura preferito, a distanza di anni dall'accaduto, rispondere genericamente e con reticenza alle domande» in aula. I fratelli Cordì, secondo il tribunale di Aosta, hanno ricevuto «Un preciso avvertimento di natura mafiosa» dal gruppo Raso-Di Donato, che chiedeva loro di affidare a un cognato di Raso dei lavori edili: sentiti come testimoni hanno però riferito di una situazione di «Assoluta normalità» mantenendo fede al «Codice d'onore 'ndranghetista». La vicenda di Pasqualina Macrì riguarda la somma di 100 euro ricevuta - dopo l'arresto di suo figlio Luigi Fazari - da parte di Antonio Raso, per il tramite della madre, sua vicina di casa a San Giorgio Morgeto. Il passaggio di denaro è una forma di «Assistenza agli affiliati detenuti» ma la testimone ha voluto far credere al tribunale che fosse destinato «Alle brioches dei figli del Fazari».

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