«La situazione è migliorata rispetto al 2020, ora si teme la terza ondata e un nuovo confinamento»

«La situazione è migliorata rispetto al 2020, ora si teme la terza ondata e un nuovo confinamento»
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Un anno fa a marzo scattava il primo periodo di confinamento e l’Italia iniziava a vivere l’incubo della pandemia. Cosa è cambiato da allora a oggi? Quali sono le prospettive per il futuro?

Vittoria D’herin: «Rispetto all’anno scorso alcune cose sono diverse. Ricordo che la gente era terrorizzata, le Rianimazioni di tutta Italia erano in emergenza e il numero delle vittime preoccupava. Siamo arrivati a 800 decessi al giorno, i medici e gli infermieri erano in prima linea e molti tra loro sono deceduti per aiutare i pazienti. Non si usciva di casa, non si sapeva ancora di cosa si trattasse. Poi con le misure di sicurezza le persone comunque si sono abituate in un certo senso alla pandemia i morti sono diminuiti. Ancora oggi in molti faticano ad accettare una situazione difficile in cui spesso non si riesce a riunirsi tra amici e parenti. Quando le regole vengono violate con assembramenti non consentiti ripartono focolai difficili da gestire. Le nuove varianti del virus complicano ulteriormente la situazione. Spero in un futuro migliore, quando si raggiungerà l’immunità di gregge grazie alla vaccinazione di massa».

Irene Motto-Ros: «Eravamo tutti terrorizzati dalla situazione e dal continuo tam tam di notizie terribili provenienti dai mass media e dai social. Non osavamo nemmeno aprire le finestre. Molte persone continuavano a morire senza che i loro cari potessero salutarle per l’ultima volta. Poi lentamente la situazione è migliorata, è iniziata la campagna di vaccini, a dire il vero ostacolata dall’insorgenza non prevista di alcune varianti, e oggi i decessi sono diminuiti. La gente ora è stanca di restrizioni, tutti indistintamente abbiamo sofferto psicologicamente e anche fisicamente dalle limitazioni per contenere i contagi. Soprattutto i giovani soffrono di attacchi di panico e di disturbi dell’alimentazione».

Giulia Gallo: «La pandemia ha aperto ferite che il tempo faticherà a guarire. Le migliaia di morti, la paura del contagio, l’economia in ginocchio e l’aumento delle persone che vivono sotto la soglia di povertà. Il futuro resta un’incognita, soprattutto per noi giovani che non sappiamo nemmeno se dovremo iscriverci all’università per poi finire magari a fare lezioni a distanza e a trascinare gli studi per chissà quanto tempo».

Luciano Donato: «La differenza rispetto allo scorso anno è che conosciamo meglio il virus, mentre prima non sapevamo di cosa si trattasse esattamente se non che era una malattia misteriosa che continuava a mietere vittime. Gli scienziati di tutto il mondo hanno lavorato in modo frenetico per trovare i vaccini e per fermare la pandemia abbiamo capito che dobbiamo mantenere il distanziamento sociale e indossare correttamente le mascherine. Regole semplici ma efficaci che hanno imparato anche i bambini».

Alessandro Petruolo: «L’anno scorso, quando è stato dichiarato lo stato di pandemia, la gente era letteralmente terrorizzata. Ora invece va meglio, si è iniziato a capire molte cose e a creare vaccini. Speriamo in un futuro senza il Coronavirus».

Andrea Cipriano-Monetta: «La situazione attuale non è molto diversa da quella di un anno da. La gente continua a morire, anche se molto meno, ci sono i vaccini che fanno sperare bene, ma bisogna fare i conti anche con le varianti più contagiose che innescano nuovi focolai. Il timore è che si renda necessario a breve un altro lungo periodo di confinamento con nel marzo 2020».

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