Giorno del Ricordo, colloquio con Eric Gobetti autore del volume «E allora le foibe?»

Giorno del Ricordo, colloquio con Eric Gobetti autore del volume «E allora le foibe?»
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Lo studioso, lo storico, esce dalla sua stanza di accademico e si rivolge al grande pubblico per raccontare, in modo divulgativo, cosa è successo sul confine orientale, nell'alto Adriatico, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il libro del piemontese Eric Gobetti si intitola «E allora le foibe?» (Collana Fact Checking Laterza, 116 pagine, 13 euro) ed è stato presentato mercoledì scorso, 24 febbraio, nell'ambito delle BiblioRencontres nell'omonimo canale Youtube della Biblioteca regionale, in collaborazione con l'Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in Valle d'Aosta, nell’ambito delle celebrazioni dedicate al Giorno del Ricordo. Presentati dalla direttrice dell'Istituto storico Vilma Villot, hanno dialogato l'autore e il vice presidente dell'Institut Corrado Binel. «Questo libro nasce da un'urgenza, - spiega Eric Gobetti nella sua introduzione dal titolo "Tutti negazionisti" - quella di fermare il meccanismo che si è messo in moto, impedire che il Giorno del Ricordo diventi una data memoriale fascista. Chi sfrutta una tragedia di questa portata per vantaggi personali o politici non agisce certo per amore della verità e manca di rispetto prima di tutto alle vittime». I 2 fenomeni da studiare sono quello delle Foibe e degli eccidi di Istria, Gorizia, Trieste, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e l'esodo giuliano-dalmata che invece copre un periodo maggiore: tra il 1944 e il 1958 circa 300mila persone sono costrette ad andarsene dalla loro terra, tra loro 250mila sono italiani. «Il mio libro vuole permettere al pubblico di comprendere questi fenomeni distinti e complessi. - spiega l'autore, pungolato da Corrado Binel - Ho la sensazione che il discorso pubblico su questi temi sia distorto, che il lavoro degli studiosi non sia arrivato al grande pubblico, ai piani alti delle istituzioni e della comunicazione pubblica. Il discorso pubblico mi sembra orientato in maniera ideologica, ha di fatto un'impronta nazionalista che non fa riferimento ai risultati della ricerca scientifica, ma viene strumentalizzato da alcuni partiti politici e rischia di avere addirittura un'impronta neofascista. Credo che questo vada impedito perché va contro i valori fondanti della nostra democrazia». «È necessario evitare che questa narrazione mistificatoria, ripetuta a livelli mediatici e istituzionali sempre più elevati, diventi una sorta di "verità di Stato". - dice lo storico - Le accuse di negazionismo rivolte a me e ai colleghi dell'istituto triestino sono infatti la spia di un fenomeno pericoloso: si sta proponendo una visione stereotipata degli eventi da cui non sembra possibile discostarsi, un immaginario errato, che è il frutto di un lungo processo di manipolazione. Può essere un pericoloso precedente. Chi non appoggia la versione ufficiale viene emarginato e attaccato. Sembra che non si voglia parlare di storia, ma fare uso politico della vicenda delle foibe senza parlare di storia».

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