Turismo, per la Valle d’Aosta un anno terribile Febbraio 2020: inizia l’incubo. Ora «Si salvi chi può»

Turismo, per la Valle d’Aosta un anno terribile Febbraio 2020: inizia l’incubo. Ora «Si salvi chi può»
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«Il turismo valdostano in ginocchio». Così La Vallée Notizie in prima pagina giusto un anno fa, sabato 29 febbraio 2020. Ci apprestavamo ad entrare nell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus. E già si contavano i danni a livello economico, in particolare dopo l’annullamento dei Mondiali Master di sci di fondo di Cogne. E' passato un anno da quando anche la Valle d'Aosta è entrata nell'incubo. Quella che doveva essere una stagione invernale da record per il settore turistico si è trasformata in un bagno di sangue.

«Nessuno si sarebbe aspettato una situazione del genere. - afferma Filippo Gérard, presidente dell'Adava, l’associazione che raduna gli albergatori e in generale gli operatori della ricettività valdostana - Sembrava di essere in un film anche perché eravamo partiti a gennaio con la notizia di questa pandemia in Cina che a noi sembrava lontana anni luce. Invece alla fine ha portato alla più grande crisi economica del dopoguerra del nostro settore. Nel corso della prima ondata si respirava un sentimento di unità nazionale di fronte al problema, sentimento che purtroppo oggi non c’è più anche perchè lo Stato nel frattempo non ha dato delle risposte di “vicinanza” all’economia. L’estate è andata discretamente bene e questo ci ha permesso di rialzare la testa. Si poteva pensare che il problema potesse essere risolto con i vaccini in arrivo e i contagi ridotti di molto. Invece la situazione è nuovamente crollata ad ottobre. La speranza era che la nuova chiusura potesse essere utile a garantirci la stagione invernale. Quando abbiamo scoperto che non sarebbero stati aperti gli impianti, con il divieto persistente degli spostamento tra regioni, è arrivata la botta più dura. Adesso ci dicono che fino a Pasqua dobbiamo stare chiusi e quindi siamo costretti a mettere una pietra tombale su quella che poteva essere l’ultima parte di stagione invernale. Il momento è di profonda crisi perché alla fine avremo delle strutture come quelle di Breuil Cervinia che praticamente saranno state chiuse per un anno intero».

Una situazione che ha avuto pesanti conseguenze anche per l’occupazione, conferma Filippo Gérard, «Dal momento che non che non abbiamo potuto assumere. Lavoratori ed imprese si sono trovati un pò sulla stessa barca visto che la cassa integrazione arriva con mesi di ritardo e che molte aziende la stanno anticipando con grandi sacrifici. Coloro che invece hanno terminato il periodo di disoccupazione sono stati letteralmente abbandonati. Si sta parlando tanto di bonus per gli stagionali, di disoccupazione straordinaria però è ancora tutto fermo. Tutto sulla carta».

Per quello che riguarda i ristori «Sapremo qualcosa solo più avanti e ci troviamo di fronte ad una situazione da “si salvi chi può”. - ammette Filippo Gérard - Ce la faranno solo quelle aziende che avevano messo dei soldi da parte. Di ristori veri e propri abbiamo avuto a malapena il 2 per cento del nostro fatturato. Prendere poi il mese di aprile come riferimento è stata una mazzata terribile visto che diverse strutture in quel mese o sono chiuse o registrano fatturati irrisori».

Intanto è stato prorogato sino a sabato 27 marzo - e si parla di martedì 6 aprile, cioè fino a dopo Pasqua - il divieto di spostamenti tra regioni. «Per noi questa decisione è veleno. - confessa il Presidente Adava - In Austria e Germania è stata imposta la chiusura degli alberghi però contestualmente i gestori sono stati informati su cosa avrebbero avuto in cambio. In alcuni casi parliamo anche del 30 per cento del fatturato. Invece noi stiamo dando fondo alle finanze di famiglia». In ballo c'è il futuro del settore. «La sospensione dei mutui Finaosta è l’unico motivo per il quale molti alberghi non sono falliti. Una struttura su 4 potrebbe non riaprire, penso ad esempio a quelle aziende che si sono appena affacciate sul mercato e che si sono trovate ad affrontare una crisi epocale» conclude Filippo Gérard.

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