Dopo 30 anni di nuovo una guida alpina originaria di Cogne Jacopo Glarey riporta il mestiere all’ombra del Gran Paradiso

Dopo 30 anni di nuovo una guida alpina originaria di Cogne Jacopo Glarey riporta il mestiere all’ombra del Gran Paradiso
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Erano ben 31 anni che un «cognein» non diventava guida alpina. L’ultimo fu Rodolfo Borney, conosciuto fisioterapista. Un «digiuno» spezzato ora da Jacopo Glarey, 27 anni, da luglio 2020 aspirante guida alpina: nel 2022 lo attendono gli esami per diventare guida alpina a tutti gli effetti. Già maestro di sci nordico, Jacopo Glarey è figlio di Elmo Glarey, guida alpina prematuramente scomparso per un malore improvviso a soli 53 anni.

Uno dei motivi di questa assenza di «vocazioni» in una delle principali località di montagna della nostra regione probabilmente è da ricercare negli incidenti avvenuti una trentina di anni fa. Circostanze che avrebbero contribuire a creare la convinzione che la montagna sia un ambiente ostile e pericoloso, tanto da disincentivare qualsiasi ragazzo ad avvicinarsi al percorso per diventare guida. In particolare si ricordano la tragedia sul Lyskamm del 17 settembre 1985, quando 6 ragazzi tra i 18 e i 33 anni, 5 aspiranti guida e il loro istruttore, morirono sulla parete meridionale del ghiacciaio del Monte Rosa. Le vittime: la guida alpina Roger Obert 33 anni di Champoluc, Corrado Vuillermoz 18 anni di Valtournenche; Carlo Fiou 20 anni di Aosta; Pietro Bethaz 25 anni di Valgrisenche; Piergiorgio Perucca 22 anni di Saint-Vincent e Ettore Grappein 29 anni proprio di Cogne. E poi la tragedia di Devis Gérard, nato nel 1980 e vittima di un incidente mortale alla palestra di arrampicata di Lillaz nel 1997. Per ricordarlo la famiglia ha fatto costruire nel vallone del Bardoney un bivacco a 2.780 metri di quota.

«Fare la guida era considerato un mestiere pericoloso, quando in realtà non lo è perché con i clienti non si affrontano in genere grandi difficoltà. - afferma la guida alpina di Cogne in pensione Alfredo Grappein - Ai giovani servirebbero inoltre delle persone che li incoraggiassero, come fece con me il papà di Jacopo Glarey, che mi disse che con la forza enorme che avevo nelle braccia dovevo proprio scegliere il mestiere di guida».

«Non siamo stati bravi a “spingere” i nostri giovani a diventare guida alpina» ammette Rodolfo Borney. «Anche perché per molti di noi essere guida è il secondo lavoro. Dovrebbe crearsi un rapporto amicale, quasi padre-figlio tra il professionista della montagna e il suo allievo. E’ un peccato poi che le guide alpine non gestiscano programmi nelle scuole, al posto dell’educazione fisica per esempio. Alla luce di tutto ciò, è quasi un miracolo che vi siano ancora le “vocazioni” per questo mestiere».

Ultimamente a Cogne un gruppo di ragazzi intorno ai 20 anni si sta appassionando alla professione, questo anche grazie all’approdo al timone della società delle guide di Cogne da parte di Alberto Silvestri di Gressoney, che ha lavorato per far rinascere la passione per l’arrampicata tra i giovani.

«Sono cresciuto a Cogne, mio padre faceva la guida però è mancato quando avevo 15 anni, prima che io iniziassi ad andare in montagna» racconta Jacopo Glarey. «Mi aveva portato ad arrampicare qualche volta però non mi ero entusiasmato. Del resto, da piccolo preferivo il calcio e lui non mi aveva mai spinto verso l’alpinismo. Solo 7 anni fa mi è venuta l’ispirazione e ho iniziato a vivere la montagna seguendo i consigli e con la compagnia degli ex colleghi di mio padre».

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