Valle d’Aosta Futura: «Il vaccino non è l’unica arma contro il virus»

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La questione dei vaccini e della loro efficacia ha aperto un ampio dibattito nell’opinione pubblica. Su questo delicato argomento interviene con una nota il movimento Valle d’Aosta Futura. «Non siamo in assoluto contro l’idea del vaccino… siamo contro la “separazione”, contro cioè la perdita di una “visione allargata”, di una visione di insieme. - precisa Valle d’Aosta Futura - Ci serve essere Vax o No-vax? Ci serve essere fanatici di una certa scienza oppure all’opposto negazionisti e complottisti? Questo porta salute? Ci salva dal virus? Esiste davvero una sola soluzione? Se non sappiamo i risvolti che potrebbero avere questi vaccini sul lungo termine, se non sappiamo con precisione quanto tempo rimarrà nel nostro corpo l’immunità e se non sappiamo se scompaginerà o meno il nostro sistema immunitario, impedendogli, così, di continuare a neutralizzare gli innumerevoli virus con i quali conviviamo da millenni, allora perché una vaccinazione imposta? Perché non una libera e consapevole scelta? Oggi sappiamo che esistono terapie efficaci, alcune ancora in studio, altre conosciute da sempre, che portano a risultati soddisfacenti e a ridurre di molto le complicanze del Covid. Alcuni protocolli di cura si stanno dimostrando fondamentali perché interferiscono con l’aggressione alle cellule da parte del virus. Ad esempio l’idrossiclorochina e l’ivermectina (quest’ultima ancora in studio). Altri farmaci, cosiddetti “biologici”, evitano il danno causato da un’iperattività delle difese immunitarie, altri, come il cortisone (con effetto antinfiammatorio) e l’eparina (con effetto anticoagulante) si rivelano molto utili nel combattere alcuni tra i sintomi più gravi del Covid. Abbiamo anche a disposizione la cosiddetta “cura del plasma iper-immune”, cioè dal sangue delle persone guarite, si possono ricavare gli anticorpi utili a contrastare il virus, terapia questa efficace ma con limiti derivati dalla difficoltà di approvvigionamento e dal potenziale rigetto. Ma la speranza maggiore viene dagli anticorpi monoclonali, speciali immunoglobuline create in laboratorio capaci di sconfiggere il virus. Ci sono poi decine di studi scientifici autorevoli sull’importanza dell’uso di sostanze come ad esempio la vitamina D. Molti ricercatori sottolineano che la forma attiva della vitamina D è uno dei più potenti ormoni del corpo e che il nostro sistema immunitario necessita di vitamina D per funzionare correttamente. Il Quotidiano Sanità riporta, a distanza di un mese dall’inizio della campagna vaccinale, il primo rapporto sulle reazioni avverse compilato e redatto dal’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, dove si evidenziano una serie di sospette reazioni avverse più o meno gravi. Perché non ci si sofferma a pensare che il nostro corpo, che è materia intelligente, non possa trovarsi nelle condizioni di saper affrontare il virus senza subire danni? Dimentichiamo sempre l’esistenza di una nostra innata e individuale capacità di auto-guarigione… Quanto conta la nostra attitudine difensiva, quanto conta il nostro sistema immunitario in tutto ciò? Quanto conta il grande tema della prevenzione, declinato non solo sul piano fisico, ma anche su quello emozionale, sociale, sul nostro stile di vita, sul nostro atteggiamento mentale? L’ansia e la paura ci hanno indebolito e, appannati dall’attenzione sul virus più che sulle potenzialità del corpo, ci hanno tolto la capacità di dare un senso a quanto sta succedendo. Il nostro non vuol essere un pensiero negazionista, perché negare la pericolosità potenziale o addirittura l’esistenza del virus, vorrebbe dire rifiutare la vita e i cambiamenti che essa ci impone. Al contrario, accettarne l’esistenza, riconoscerne i rischi e comportarsi di conseguenza, vuol dire poter ritagliare spazi di libertà e sicurezza e vivere in armonia col momento presente, con l’idea, come ci insegna la storia, che anche questa “pandemia” è destinata a passare nei modi che la natura conosce. Se è vero che molti esperti affermano che l’emergenza finirà in tutto il mondo entro la fine del 2021, potremmo ipotizzare che sarà proprio la cosiddetta “immunità di gregge” ad impedire che il virus continui a diffondersi all’interno delle comunità».

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