“Camici per l’ospedale”, in stand by il progetto di Fabio Porliod “Per poterli consegnare servono le necessarie certificazioni”

“Camici per l’ospedale”, in stand by il progetto di Fabio Porliod “Per poterli consegnare servono le necessarie certificazioni”
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Ha subito uno stop l'iniziativa di Fabio Porliod, lo stilista valdostano di Nus che nei giorni scorso aveva lanciato il progetto “Camici per l'ospedale” con l’intento di cucire dei dispositivi di protezione individuale da donare ai sanitari che in questi giorni stanno combattendo contro l’emergenza sanitaria del Coronavirus. «Al momento stiamo aspettando direttive per capire come fare ad avere la certificazione dei camici stessi, altrimenti non si possono consegnare in ospedale» spiega lo stilista.

La lodevole iniziativa di Fabio Porliod di donare gratuitamente il suo lavoro di cucitura di camici, dunque, si è arenata su procedure burocratiche, poiché senza la necessaria certificazione Dpi (dispositivo di protezione individuale) il materiale non potrà essere consegnato. Procedure del resto valide su tutto il territorio nazionale, come attesta anche l'Usl, poiché questi indumenti devono avere caratteristiche particolari e necessitano di omologazioni obbligatorie.

Pur consapevole di questa situazione, forte è il disappunto di Fabio Porliod, che nel frattempo era riuscito a creare un laboratorio con quindici postazioni nella palestra di Nus ed era pronto a poter offrire circa trecento camici al giorno.

«In questo progetto - commenta Fabio Porliod - mi è vicino il sindaco di Nus Camillo Rosset che mi sta aiutando per ottenere tutte le autorizzazioni e tantissime sono le sarte che si sono proposte di aiutarmi in questa impresa tra le quali anche Eleonora Orcalli che ha messo a disposizione il suo laboratorio per la produzione dei camici».

E per quanto riguarda il reperimento dei tessuti? «Un bel po' di materiale è già stato trovato ma prima di buttar via dei soldi nel caso non arrivasse la certificazione siamo appunto in attesa. Il problema è che molte aziende stanno per chiudere e non avranno poi la possibilità di farcelo avere se le cose andassero troppo per le lunghe». Ed è un peccato, perché - come continua Fabio Porliod - «Tantissime persone ed associazioni si sono rese disponibili per donare il tessuto, tanto che ho già quello idrorepellente usato proprio per questi indumenti e molti si sono offerti di acquistarlo e donarmelo. Insomma, gli aiuti non mancano e questo mi rende felice poiché saremo in tanti a lavorare a questo progetto».

Tutti pronti, dunque, per mettersi in moto in questa avventura, sicuri di poter «fare le prime consegne entro ventiquattro o al massimo quarantotto ore dal momento in cui riceverò le autorizzazioni a procedere, perché senza quelle non posso partire e quindi donare i camici».

Camici ma non mascherine. Non avete pensato anche a queste? «Al momento no, perché per quanto riguarda la creazione di mascherine se ne sta occupando Stefano Fontanelle con la sua azienda». E in tutto questo imprevisto anche l'Usl si dichiara dispiaciuta, affermando però che la certificazione è basilare e che senza di essa è impossibile procedere oltre.

Sul piano professionale però le cose marciano spedite per Fabio Porliod e tanti sono i progetti, anche se nel momento tutti bloccati per il problema sanitario mondiale. «Ero in procinto di aprire a Nus un negozio e atelier di duecento metri quadri dove si potranno trovare collezioni uomo/donna e in più si sono fermati vari progetti che portavo avanti con la Cina e che spero di riprendere quando questa situazione sarà risolta. - anticipa - Oltre a vari inviti ricevuti per partecipare a sfilate, sto organizzando la seconda edizione di Phoenix Alternative Models, un evento che si svolgerà a Parigi a fine settembre durante la Parigi Fashion Week, dove porterò in passerella solo modelle amputate, un evento benefico che ha avuto molto successo al suo debutto il 26 settembre dello scorso anno a Les Invalides a Parigi. Questo per il futuro, perché nel momento il mio primo pensiero è portare il mio aiuto concreto ai medici dell'ospedale».

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