Le Fil Rouge
L'Europa, per gran parte della sua storia, è stata soprattutto un'idea, ovvero uno spazio di libera circolazione delle idee. La «République des Lettres » che dal Rinascimento indica uno spazio virtuale che trascende le entità territoriali e lega il mondo intellettuale europeo intorno a polemiche e querelles, non si fermava certo di fronte a regimi più o meno dispotici. È questa idea di Europa che ha definito i contorni del mondo contemporaneo cui dobbiamo una pace duratura in un continente che ha tentato più di una volta il suicidio. Come si può negare, tuttavia, che l'Europa sia diventata oggi, per molti, sinonimo di una tecnocrazia astratta, assurda, di una imbarazzante pedanteria? Come si può negare che il suo ridursi a un «mercato comune» e alla stratificazione normativa altro non è che una risposta evasiva alle vere e straordinarie domande che si pongono sul piano politico e culturale? La geopolitica di questo grande Continente viene quindi repressa e lasciata ad altri attori. Quale migliore prova di questo silenzio di idee se non le crisi e le tensioni che si susseguono al suo interno e ai sui confini per l’assenza di una visione coraggiosa e di ampio respiro che soffoca sotto il peso di dispute risibili e di interessi nazionali e particolari? I cittadini del Continente europeo vivono spesso in bolle isolate, in gran parte sigillate le une dalle altre. Ogni paese ha i propri mezzi di stampa, le proprie televisioni, la propria classe dirigente, il più delle volte denigrata, le proprie università che faticano ad avere una dimensione continentale. Il paradosso è che nell'era digitale in cui la prima generazione Erasmus si affaccia ai posti di comando, la circolazione delle idee non è mai stata così poco dinamica. Questa constatazione potrebbe forse far sorridere se non avesse conseguenze drammatiche. La scala europea dovrebbe prevalere a tutti i livelli mentre brilla la sua drammatica assenza. Tra le crociate patriottiche di alcuni e il tropismo atlantista di altri, quelli che scrivono, pensano e parlano in Europa sembrano non riuscire a incidere e i nuovi nazionalismi approfittano della caricatura di un'istituzione europea mal concepita. Affinché l'idea di Europa cessi di essere limitata a discussioni bizantine, rigorosamente riservate, su punti di differenza tra obbligazioni e prestiti, dobbiamo dare ai migliori intellettuali del nostro tempo le occasioni per portare la loro riflessione nel dibattito pubblico e nutrirlo in profondità. Portare la storia, la filosofia e persino la psicoanalisi su un terreno prosciugato dalla tecnologia, aprire discorsi locali sul Continente, politicizzare l'impolitico: questa è l'ambizione del ciclo di conferenze «Une certaine idée de l’Europe».