Le Fil Rouge
Quando penso a Gianni Celati me lo immagino che cammina lungo l’argine in un paesaggio rarefatto, ben sapendo che i non-luoghi che la sua narrativa evoca sono altri. Lo penso su una nave tra Calais e Dover in viaggio verso il grande corteo organizzato dai Clash nel ’77. Me lo immagino in Senegal a “curarsi la testa”, alla Cornell University o a Londra alla British Library. Cerco di immaginare il suo rifugio in Normandia, la sua casa a Parigi, rue Simon Le Franc a due passi dal Beaubourg, e quella di oggi a Brighton, e le sue passeggiate sulle colline che si affacciano sulla Manica. Quando penso a Celati mi vien voglia di chiudere gli occhi e lasciarmi andare a quella svagatezza del corpo e dell’anima, a quella rêverie che egli sostiene essere il punto di partenza di una letteratura dove si incontrano il senso del vivere e il senso dello scrivere («scrivere è come un vento che ti porta via») . «Non c'è vita in guadagno, tutto è al vento / noi siamo spore perse in spargimento».