Un marchio e un disciplinare per il costume di Gressoney
Il costume tradizionale di Gressoney è ora tutelato da un marchio di certificazione. L’iniziativa è stata presentata mercoledì scorso, 11 dicembre, nella residenza Halldis di Gressoney-Saint-Jean e si pone a conclusione di un percorso promosso dai Comuni Gressoney-La-Trinité (capofila) e Saint-Jean, dal Walser Kulturzentrum e dal gruppo folkloristico. L’iniziativa risponde alla necessità di tutelare un elemento fondamentale della cultura Walser, minacciato dal trascorrere del tempo. A Gressoney solamente una sarta è tuttora attiva nel confezionare l’abito tradizionale - Carla Angster - mentre le bellissime cuffie, oltre che da quest’ultima, sono realizzate anche da Luciana Ferraris. Il disciplinare per la tutela del costume di tradizione stabilisce come debba essere confezionato l’abito, con quali tessuti e di quali colori e anche come debba essere indossato. I costumi autentici potranno ottenere l’apposito marchio. «L’obiettivo è quello di mantenere inalterate le caratteristiche del costume, dal momento che è già capitato di vedere abiti che poco hanno a che fare con la tradizione. - spiega Nicola Vicquéry, presidente del Walser Kulturzentrum - Si sono studiate le fotografie e le testimonianze verbali per redarre il disciplinare. La storia del costume di Gressoney è antichissima. Fin dal XIII-XIV secolo le donne gressonare indossavano un abito rosso con un grembiule nero. Storicamente l’abito veniva usato tutti i giorni, anche per i lavori nei campi. Naturalmente era più corto per essere più pratico, non aveva la filigrana d’oro né pizzi e ricami. Con il tempo esso è diventato il vestito della festa, per andare in chiesa la domenica. Un impulso importante per l’arricchimento dell’abito lo ha fornito la regina Margherita che amava vestirsi come le donne locali, aggiungendo però dettagli ricercati, in particolare una cuffia dotata di una raggiera più ampia. In seguito le gressonare che potevano permetterselo hanno cominciato a farsi confezionare abiti simili a quelli della regina e così si è arrivati alla foggia attuale».
«Ora il costume si indossa solo in particolari occasioni: alla festa patronale, a Ferragosto oppure per matrimoni e battesimi. E il Gruppo Folkloristico ne promuove la conoscenza in Italia e all’estero» prosegue Nicola Vicquéry. Un tempo anche i colori variavano a seconda dell’occasione: oltre all’abito rosso vivo, c’era un rosso tendente al viola che era il costume del lutto, indossato in particolare dalle vedove, oppure ai funerali (un’usanza quest’ultima non ancora del tutto perduta). E poi un tessuto di colore arancione che in passato era appannaggio solamente delle ragazze non sposate. Durante la serata di mercoledì è stato proiettato in anteprima il filmato “D’ròtanketò” dedicato proprio al costume e realizzato dalla regista gressonare Carlotta Beck Peccoz.