Perché le radici fanno bene
Sono passati 24 anni dalla terribile alluvione che ha colpito la Valle d’Aosta a ottobre del 2000.
Un evento idrogeologico inatteso, che causò una catastrofe, chi c’era lo ha bene impresso nella mente, indelebile. Il ricordo emotivo non deve però annebbiare la razionalità, che ci parla di un territorio ipersfruttato, anche nella nostra regione e di una natura troppo spesso piegata alle esigenze dell’uomo.
Siccome gli eventi straordinari del clima saranno sempre più numerosi a causa di un cambiamento che ha voluto proprio l’uomo stesso, è necessario attivarsi non solo sul tema dell’emergenza, agendo quindi nella manutenzione e pulizia dei torrenti e degli argini, nelle esercitazioni alla popolazione, come sta avvenendo adesso.
Dobbiamo prevenire le catastrofi e soprattutto smettere di compiere gli stessi errori.
In quell’ottobre morirono 20 persone e molti persero la casa andando incontro ad un cambiamento di vita che spesso li ha segnati per sempre.
Non dobbiamo dimenticarlo, perché le piogge torrenziali e inaspettate ormai faranno parte del nostro futuro: sono quelle che ora chiamiamo bombe d’acqua (traduzione dell’inglese “cloudburst”, letteralmente “esplosione di nuvola”).
L’aria calda proveniente dal mare risale fino ad incontrare correnti più fredde che la fanno condensare e facilitano la formazione di nubi temporalesche. Questo avviene più facilmente a tarda estate e in autunno quando la temperatura dell’aria inizia a calare e questi fenomeni sono più frequenti poiché la differenza tra masse d’aria, quella umida e calda proveniente dal mare e quella più fredda negli strati superiori dell’atmosfera, aumenta. Il riscaldamento globale fa sì che l’atmosfera abbia oggi acquisito una maggiore capacità di immagazzinare il vapore acqueo. Da qui piogge forti che in poche ore possono mettere a dura prova il territorio ed i suoi sistemi di drenaggio.
Mentre cerchiamo di combattere lo spopolamento dei piccoli Comuni montani, dovremmo incentivare le ristrutturazioni di immobili già presenti e non la continua ossessiva costruzione di nuove case, che consumeranno altro terreno e toglieranno spazio alla natura. Al tempo stesso va ripristinata la flora alpina, colei che è la salvezza dei nostri luoghi: alberi, boschi e foreste che tengono la montagna con le loro radici nel terreno, evitano le frane e gli smottamenti.