Processo Geenna, colpo di scena: tre condanne e un’assoluzione

Processo Geenna, colpo di scena: tre condanne e un’assoluzione
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Il secondo processo d’Appello con rito ordinario, nato dall’inchiesta Geenna su infiltrazioni della ‘ndrangheta in Valle d'Aosta, si è concluso lunedì scorso, 30 settembre, nel Tribunale di Torino. I giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello hanno assolto Monica Carcea, ex assessora comunale di Saint-Pierre, accusata di concorso esterno in associazione mafiosa, per la quale la Procura generale aveva chiesto la conferma della condanna a 7 anni di reclusione inflitta nel primo processo d’Appello. Sono stati condannati gli altri 3 imputati, accusati di associazione mafiosa: al ristoratore aostano Antonio Raso sono stati inflitti 8 anni di reclusione - a fronte di una richiesta di 10 anni - e all'ex consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico e ad Alessandro Giachino 6 anni e 8 mesi ciascuno (l’accusa proponeva 8 anni). Le difese degli imputati hanno sempre ribadito la loro innocenza. Monica Carcea è stata assolta «Perché il fatto non sussiste». La rideterminazione delle 3 condanne è legata alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e, per Antonio Raso, anche alla riqualificazione di alcuni capi d'accusa.

I risarcimenti

Riguardo alle parti civili, la Corte d’Appello di Torino ha inoltre stabilito che Antonio Raso, Nicola Prettico e Alessandro Giachino, in solido tra loro, a titolo di provvisionale dovranno risarcire con 30mila euro la Regione Valle d'Aosta, con 20mila il Comune di Aosta, e con 5mila euro sia il Comune di Saint-Pierre sia l'associazione Libera. La referente di Libera Valle d’Aosta Donatella Corti commenta: «Quello che noi possiamo fare è non smettere di mettere in luce determinate problematiche, determinate situazioni, e fare in modo che chi amministra si renda conto sempre di più che questa non è una possibilità ma è una realtà per la quale bisogna avere, diciamo così, gli anticorpi».

Il parere della Cassazione

L’Appello-bis è partito dopo che nel gennaio 2023 la Cassazione aveva disposto l'annullamento con rinvio delle condanne inflitte in secondo grado, evidenziando la necessità di colmare alcune «Lacune motivazionali» nella sentenza. Nell'altro filone del processo Geenna, che si è celebrato con il rito abbreviato, la Corte di Cassazione, nell'aprile 2023, ha già sancito definitivamente l'esistenza di una locale di ‘ndrangheta che operava sul territorio di Aosta, con 4 condanne per associazione mafiosa. Per l’accusa, a capo dell’organizzazione criminale valdostana ci sarebbe stato Bruno Nirta (ora condannato in maniera definitiva a 12 anni, 7 mesi e 20 giorni). Per gli inquirenti, Nirta, appartenente al cosiddetto “Mandamento ionico”, era «L’intermediario ed elemento di collegamento tra gli affiliati 'ndranghetisti presenti nella regione e le cosche calabresi di San Luca».

Braccio destro di Nirta, secondo la ricostruzione dei magi strati, il cugino Marco Fabrizio Di Donato, anche lui condannato in maniera definitiva a 6 anni. Ma solo per l’accusa di associazione mafiosa, mentre per quella di estorsione - relativa a dei lavori in un locale aostano - e di voto di scambio, riguardante proprio l’elezione di Monica Carcea al Consiglio comunale di Saint-Pierre, è stato assolto con la formula più ampia: «Perché il fatto non sussiste». È passata in giudicato anche la condanna a 5 anni e 4 mesi per suo fratello Roberto Alex e per Francesco Mammoliti.

Le reazioni delle difese

L'avvocato Ascanio Donadio, difensore del ristoratore Antonio Raso, dopo la lettura del verdetto si è dichiarato profondamente sorpreso e ha commentato: «Una sentenza che chiaramente non ci aspettavamo, all'esito del giudizio della Cassazione, che era stato severissimo e aveva censurato ogni parte della motivazione. La sentenza di Cassazione in buona sostanza aveva rilevato che non ci fossero gli elementi per contestare l'associazione mafiosa: questo è il giudizio di rinvio, è chiaro che ci aspettavamo qualcosa di diverso». Aggiunge il suo collega, il professore Enrico Grosso: «Non riteniamo che ci si possa fermare qui, soprattutto dopo le chiarissime parole della Cassazione che aveva precisato molto bene quali erano i limiti entro cui questo reato poteva essere contestato, francamente non mi capacito di come la Corte d'appello potrà motivare, sono molto curioso di leggere le motivazioni». Per l'avvocato Guido Contestabile, che difende Nicola Prettico, condannato a 6 anni e otto mesi, «Il perimetro della Cassazione era estremamente ristretto, per cui desta sorpresa questa pronuncia. Leggeremo fra 90 giorni le motivazioni, sicuramente proporremo ricorso per Cassazione».

L’avvocato Claudio Soro, che assiste Monica Carcea e Alessandro Giachino, invece non ha voluto rilasciare dichiarazioni e dopo la lettura della sentenza si è allontanato con i suoi assistiti.

Un blitz con 17 arrestiL’inchiesta Geenna su presunte infiltrazioni nel tessuto sociale e politico valdostano deflagra come una bomba atomica il 23 gennaio 2019. Quel giorno, con un blitz dei carabinieri di Aosta e colleghi del Raggruppamento operativo speciale - l'unico reparato dell’Arma con competenza centralizzata sulla criminalità organizzata e sul terrorismo - arrestano 17 persone tra Piemonte e Valle d’Aosta. Tra di loro vi era anche l’allora consigliere regionale dell’Union Valdôtaine Marco Sorbara - e precedentemente assessore alle Politiche sociali al Comune di Aosta -, il primo ad uscire da questa tormentata vicenda giudiziaria con un’assoluzione con formula piena dall’ipotesi di reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Marco Sorbara si è sempre dichiarato innocente e a difenderlo in 3 gradi di giudizio con le unghie e con i denti è stato suo fratello, l’avvocato Sandro Sorbara. Tuttavia prima di ottenere giustizia è stato necessario un lungo calvario segnato da una detenzione da innocente: Per giungere all’assoluzione da tutte le accuse in Appello confermata poi in Cassazione, dopo la prima condanna del Tribunale di Aosta a 10 anni, sono dovuti trascorrere 4 anni di custodia cautelare tra carcere e arresti domiciliari.

Annullata con rinvio ultima parte della confisca a Raso

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l'ultima parte della confisca dei beni del ristoratore aostano Antonio Raso, coinvolto nel processo Geenna sulla ‘ndrangheta in Valle d'Aosta. Si tratta di 2 conti correnti e di una quota di un appartamento. I suoi legali - Ascanio Donadio ed Enrico Grosso - avevano impugnato la sentenza con cui la Corte d'appello di Torino, nel maggio scorso, aveva già annullato gran parte del decreto di confisca, comprese le quote del Ristorante La Rotonda ad Aosta e un appartamento. La decisione era arrivata all'esito dell'appello-bis relativo alla misura di prevenzione: la perizia del commercialista nominato dai giudici aveva infatti appurato una “sproporzione ingiustificata” di circa 140mila euro tra i beni e i redditi di Antonio Raso. Una cifra molto inferiore a quella che invece aveva accertato la Direzione investigativa antimafia, che nel dicembre 2019 aveva sequestrato beni per un valore stimato di circa 1 milione. La confisca, che era stata disposta il 12 aprile 2021 dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale ordinario di Torino, riguardava - oltre alle quote appartenenti ad Antonio Raso della società che gestisce il Ristorante La Rotonda di Aosta e un appartamento - anche un’autorimessa, 2 autovetture, 3 conti corrente (dei quali uno al 50 per cento) e il saldo attivo di 2 carte prepagate.

Monica Carcea

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