Le suore di San Giuseppe lasciano Casa Speranza Trent’anni e centinaia di bimbi aiutati in Romania

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Sono davvero tanti 30 anni, un pezzo di vita e riassumerli non è facile e sicuramente emozionante. “Tanti i ricordi che riaffiorano alla mente, le difficoltà affrontate, ma anche i bei momenti vissuti. Non si possono descrivere i sentimenti che provo in questo momento”, commenta suor Armanda, al secolo Rita Yoccoz, originaria di Perloz. Suor Armanda, madre generale della Congregazione fino al 2023 (ora la madre generale è suor Claire Yvonne Rasoarimalala) insieme alle consorelle aspetta nel Convento delle Suore di San Giuseppe il rientro, che avverrà tra pochi giorni, della consorella suor Marisa Zanetti l’unica religiosa valdostana tuttora presente a Casa Speranza, a Campina, a circa 100 chilometri da Bucarest. Insieme a suor Odetta, originaria del Madagascar, lascerà definitivamente il centro aperto nel 1994, che accoglieva bimbi abbandonati. “La realtà locale per fortuna è profondamente cambiata rispetto ad allora, - spiega suor Armanda - e il centro, pur continuando a seguire una decina di ragazzi che ancora restano nella Casa, aprirà le porte a persone anziane e con disabilità. Esigenze più pressanti nella comunità locale. La casa sarà seguita dalla Caritas diocesana di Bucarest, sotto la guida diretta del Vescovo”. Suor Armanda racconta le tappe che hanno portato alla creazione di Casa Speranza. Il 26 novembre 1993 le Suore di San Giuseppe - suor Innocenza Bryer, suor Marisa Zanetti e suor Nicoletta Danna - con coraggio e con fede partirono per la Romania per aprire una nuova missione. Racconta suor Armanda: “Il vescovo di Bucarest di allora, monsignor Ioan Robu, ci ha accolte con queste parole: ‘Le necessità sono tante, aprite gli occhi e vedete cosa potete fare’. Neanche un anno dopo arrivarono in comunità 2 suore malgasce e sebbene suor Innocenza per salute dovette rientrare in Italia, già si intravide la possibilità di creare 2 comunità e di iniziare nuovi cammini. 3 suore partirono per Campina a circa 100 chilometri verso il nord-ovest: suor Nicoletta, che aveva iniziato ad insegnare nella scuola degli italiani, rimase a Bucarest aiutata da una giovane ragazza madre”. Le suore di Campina iniziarono ad accogliere in casa bimbi abbandonati dai loro genitori e talvolta lasciati semplicemente alla porta di casa della comunità. “Ogni giorno necessitavamo di culle nuove: all’inizio 10, poi 20, poi 30 e in pochi anni si arrivò ad ospitare 60 bambini. La casa diventò troppo piccola e non si poteva più accoglierli tutti. La necessità di trovare una struttura più grande non tardò a farsi avanti e nel 2001 si giunge al termine della costruzione di Casa Speranza che disponeva di camere da letto spaziose, sale da gioco luminose, campi da giochi, una piccola piscina, tricicli, altalene. Un mondo allegro che sembrava non dovesse finire. Invece purtroppo, poco più di una settimana dopo l’inaugurazione della casa, lo Stato rumeno emanò una legge in cui vennero proibite tutte le adozioni fuori dalla Romania. Questa è stata una doccia fredda per noi che avevamo più di 60 bimbi che aspettavano il momento opportuno di trovare una famiglia adottiva o di affido”, ricorda suor Armanda. Negli anni i bambini ospitati e cresciuti a Casa Speranza sono stati davvero tanti: alcuni, dopo un certo periodo di tempo, sono stati reintegrati nelle loro famiglie di origine, tanti arrivati all’età di 18 anni si sono incamminati verso una vita autonoma. “Nel tempo di permanenza a Casa Speranza, tutti hanno frequentato la scuola: materna, elementare, media, superiore fino all’università. - prosegue suor Armanda - Anni duri e faticosi da molti punti di vista, ma sono stati anche anni caratterizzati da atti di generosità da parte di associazioni, di gruppi di giovani, di famiglie, di sacerdoti”. Complessivamente sono stati 237 i bambini che hanno goduto dell’assistenza di Casa Speranza; 112 i bambini che hanno trovato una famiglia che li ha accolti in adozione: 22 in Italia, 5 in Francia, 1 in Grecia, 2 negli Stati Uniti, 82 in Romania. Numerosi anche i bambini e i ragazzi reintegrati in famiglia dopo aver compiuto i 18 anni: 70 in Romania, 19 in Italia, 2 in Francia, 2 negli Stati Uniti, per un totale di 93. Tra le famiglie assistite, anche quelle molto povere che sono state aiutate a ristrutturare le case, una cinquantina. “C’è un tempo per iniziare e c’è un tempo per lasciare che altri continuino l’opera. Ora per noi è il momento di voltare pagina. Con un po’ di inevitabile malinconia, ma anche con serenità per quanto realizzato”, conclude suor Armanda.

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