Festa speciale per i 95 anni di Livio Prato

Festa speciale per i 95 anni di Livio Prato
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Novantacinque anni, mani forti che hanno accarezzato mille pareti di roccia e ghiaccio, il fisico asciutto e nervoso di sempre, occhi curiosi, lo sguardo attento perché la memoria di un «profugato» ricorda tutto.

Livio Prato, da sempre iscritto al Gruppo Alpini Aosta, è un decano speciale. Alpinista Accademico del Cai, Cavaliere della Repubblica, Croce d’Oro per anzianità di Servizio. In occasione del suo compleanno - venerdì scorso, 9 agosto - il capo gruppo Carlo Gobbo con l’alfiere Alberto Colarusso, la madrina Gabriella Ferrarese ed il consigliere Giuseppe Di Benedetto decidono di fargli una sorpresa. «Abbiamo preparato tutto grazie alla complicità della sua dolcissima sposa Francesca Tessitori e del figlio Emanuele. - racconta Carlo Gobbo - Lo abbiamo commosso e qualche lacrimuccia è spuntata, non solo a lui. Gli abbiamo portato il Crest del Centenario ed il gagliardetto ma soprattutto gli abbiamo portato l’abbraccio e l’affetto di tutta la grande famiglia degli alpini valdostani». Livio Prato nasce a Pola il 9 agosto del 1929 da Angelo ed Antonia Costessi. Primogenito di tre fratelli (Livio, Angelo e Claudio) trascorre la sua infanzia in Istria, dapprima a Icici e successivamente a Laurana. Frequenta la scuola a Fiume ma soprattutto vive con la sua famiglia l’instabilità quotidiana che lo vede testimone delle vicende che coinvolgono gran parte della comunità italiana. «Ho visto orrori terribili, impossibile dimenticare le immagini di sommarie esecuzioni, corpi che penzolavano dalle forche, la paura e la miseria di tanta gente che fuggiva dai comunisti di Tito. Brutte cose, troppo brutte». Il racconto di Livio si ferma, si spezza. Nel 1943 con la famiglia si rifugia prima a Fiume poi a Trieste. A 14 anni fa i lavori più disparati: scava buche per la ripiantumazione del Boschetto, lavora al porto dove si sta ricostruendo il cantiere navale, fa girare le pompe a mano che danno aria ai palombari impegnati nel la bonifica delle acque del porto.

Il 17 gennaio 1948 si arruola volontario nell’Esercito, frequenta il car a Treviso e successivamente viene mandato a Modena, Spoleto, Cesano di Roma, Caserta dove frequenta i corsi da sottufficiale. Diventa Sergente Maggiore e il 13 novembre 1954 è trasferito alla Scuola Militare Alpina di Aosta in qualità di Istruttore di sci ed alpinismo. Le sue doti sono notevoli e si impone per la qualità della sua tecnica tanto da essere inviato di volta in volta in diverse località dove è protagonista di ascensioni importanti. «Tra tutte ricordo in modo particolare la nuova via di 6° grado che aprii quando ero in forza all’8° Reggimento. Eravamo a Tolmezzo, durante lo svolgimento dell’ultimo Corso Alpieri nel Gruppo dello Jof Fuart nelle Alpi Giulie sulla parete est di Punta Prez. Ero con l’alpino Michele Alverà del Battaglione Feltre. Abbiamo aperto una nuova via su una parete difficile, alta 170 metri, con difficoltà di 6° grado, con una esposizione sempre assoluta».

A Moggio Udinese conosce una ragazza, Francesca Tessitori. «Era bellissimo, - racconta lei - mi sono innamorata subito di lui. A quei tempi non ci si poteva frequentare più di tanto, le mie amiche mi dicevano di non perdere la testa perché tanto non lo avrei più rivisto».

I suoi occhi brillano di una luce straordinaria quando ricorda la sua storia d’amore. «Livio infatti fu richiamato ad Aosta ma un anno dopo ritornò. Bussò alla porta dei miei genitori e mi chiese di sposarlo!». Il matrimonio fu celebrato il 10 novembre del 1957, nel 1959 nacque Emanuele e nel 1964 Andrea.

Il suo impegno di Istruttore era totale e per venti anni Livio Prato rimase attaccato alle pareti di roccia e ghiaccio delle Alpi: «Ho scalato tutte le cime ed ho insegnato a stare sugli sci a centinaia e centinaia di alpini».

Poi un giorno decise di smettere, andò nell’Ufficio del Generale Comandante al Castello Cantore e chiese di essere assegnato ad un incarico amministrativo. Lo stupore fu grande ma la decisione di Livio era irrevocabile. Quale il motivo? Lo racconta il figlio Emanuele: «Un giorno papà tornò a casa da una delle sue innumerevoli missioni e, aperta la porta di casa gli corse incontro mio fratello Andrea che all’epoca aveva circa due anni. Con le braccia aperte Andrea lo chiamò “mammaaaa!”. Papà capì che doveva smettere di fare il giramondo».

Livio Prato si congederà anni dopo con il grado di Maresciallo Maggiore Aiutante.

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