Marco Camandona è nella storia dell’alpinismo Ha conquistato senza ossigeno tutti i 14 Ottomila

Marco Camandona è nella storia dell’alpinismo Ha conquistato senza ossigeno tutti i 14 Ottomila
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Marco Camandona è nella storia dell'alpinismo. Salendo domenica scorsa, 28 luglio, insieme all’amico e cognato Dante Luboz, sulla cima del Gasherbrum 1, in Pakistan, è entrato nel ristrettissimo club di coloro che hanno completato senza ossigeno supplementare la scalata di tutti i 14 Ottomila metri della Terra. Il primo è stato Reinhold Messner, gli altri italiani sono Sergio Martini, Silvio Mondinelli, Abele Blanc (eccezion fatta per il Kangchenjunga, in quanto partecipò all’operazione di soccorso dell’amico Benoit Chamoux scomparso quando era nell’ultimo tratto in salita assieme al fotografo Pierre Royer), Mario Panzeri, Nives Meroi e Romano Benet. Proprio con Abele Blanc - che lo ha avviato all’alpinismo - e con Dante Luboz Marco Camandona era partito lunedì 17 giugno scorso alla volta del Pakistan, dove, dopo un lungo trekking per raggiungere il campo base a 5.100 metri sul ghiacciaio del Baltoro e la delicata fase di acclimatamento, ha conquistato in sequenza il Gasherbrum 2 a 8.035 metri (domenica 21 luglio) e il Gasherbrum 1 a 8.068 metri.

Un percorso, quello di Camandona, cominciato nel 1996 e condiviso con tanti amici, persone care e guide alpine. Tutto è iniziato grazie ai suoi istruttori Abele Blanc e Adriano Favre. Con Abele nel 1996, erano nella stessa spedizione per affrontare il Manaslu. In quella occasione, però, Camandona non arrivò in vetta. Le condizioni meteo cambiarono drasticamente e divennero in breve tempo proibitive, così da dover rinunciare. Marco Camandona ricorda che il Manaslu fu per lui «la più grande esperienza alpinistica della mia vita, mi ha maturato alpinisticamente e soprattutto psicologicamente; il saper rinunciare mi ha preparato ad affrontare con forza ed intelligenza le spedizioni successive».

Poi, ancora con Abele Blanc, nel 2000, quando raggiunsero la vetta del K2. Ora si è chiuso un ciclo durato 26 anni. «Non è stato un “dovere” - racconta Marco Camandona dal Pakistan - ma è quasi stato un gioco, un piacere personale. Le vette sono venute una dopo l'altra e poi quando ha iniziato ad avvicinarsi il 14, l'idea di provare a salirle tutte si concretizzava, sempre con professionalità, preparazione, concentrazione e tanta determinazione. Un ringraziamento particolare va ai miei genitori e in particolare a mia moglie Barbara (Luboz ndr) che mi ha sempre sostenuto, aiutato e spronato nei momenti un po’ più bui e ha sempre “sopportato” i lunghi periodi di assenza da casa.»

L’attacco alla vetta del Gasherbrum 2 è avvenuto il 21 luglio, sfruttando una breve finestra di bel tempo, con vento oltre i 50 chilometri orari, al limite per chi come loro saliva senza ossigeno, ma unica data possibile per provare a portare a casa la doppietta e coronare il sogno dei “14x8000”. Marco Camandona è arrivato in vetta mentre Abele Blanc si è fermato al Campo 2 e Dante Luboz a 150 metri dalla cima. Una settimana dopo, il 28 luglio, la cordata formata da Camandona e Luboz ha sfruttato una finestra di bel tempo per l’ascesa al Gasherbrum 1, con assenza di vento e temperature favorevoli. «Si sta benissimo, giornata incredibile», ha detto Marco alla moglie telefonandole dalla cima. Tanta emozione condivisa con il cognato Dante Luboz che, dopo aver rinunciato alla vetta del Gasherbrum 2 per troppo vento, è riuscito ad arrivare in vetta al Gasherbrum 1, senza ossigeno, e a firmare così il suo primo Ottomila.

Marco Camandona in questi 26 anni ha scalato sistematicamente gli Ottomila con una grande preparazione atletica e mentale, allenandosi sulle montagne di casa. Con orgoglio ha sventolato la bandiera rossonera dapprima nel 1998 sul Cho Oyu (8.210 metri) e sul Shisha Pangma (8.048 metri) che si concretizzarono con la salita in velocità a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro; poi nel 2000 sul K2 (8.611 metri); nel 2006 sull’Annapurna (8.091 metri); nel 2010 sull’Everest (8.848 metri); nel 2014 sul Kangchenjunga (8.586 metri); nel 2016 sul Makalu (8.463 metri); nel 2018 sul Lhotse (8.516 metri); nel 2019 sul Manaslu (8.163 metri); nel 2021 sul Dhaulagiri (8.067 metri); nel 2022 sul Nanga Parbat (8126 metri) e il Broad Peak (8047 metri).

Dal 2015, ogni spedizione di Marco Camandona è legata al progetto umanitario in Nepal dove ha realizzato, insieme a sua moglie e a un gruppo di amici, la Onlus "Sanonani", che in Nepalese significa "piccolo bambino". Il progetto è rivolto ai bimbi soli e alle famiglie che non possono dare sostentamento a figli numerosi, con l'intento di creare una vera e propria casa famiglia, dove poter trovare un pasto caldo, un letto, l'istruzione e tutto il sostegno necessario. Ad oggi l'orfanotrofio ospita 25 bambini, dai 6 ai 17 anni, e lo staff è composto da 8 persone nepalesi.

«Adesso è giunta l'ora di tornare a casa, dalle nostre famiglie. La voglia di vedere un po’ di verde e fiori è tanta dopo 40 giorni di grigio e bianco» ha concluso Marco Camandona dal Pakistan.

«La grande impresa di Marco Camandona - commentano il presidente della Regione Renzo Testolin e l’assessore al Turismo e Sport Giulio Grosjacques - ci esalta come uomini di montagna e ci inorgoglisce come valdostani. Marco è una delle punte di diamante tra le guide alpine valdostane: una squadra di professionisti della montagna che rappresenta l’élite dell’alpinismo internazionale. Marco, che è anche maestro di sci, è uno straordinario esempio per tutti: oggi ci ha insegnato, ancora una volta, che per raggiungere risultati altissimi occorrono impegno, forza per superare le difficoltà, ma anche grande passione e capacità di sognare. A lui, ai suoi collaboratori e, tramite il presidente dell’Unione valdostana guide alta montagna Ezio Marlier, a tutte le guide valdostane vanno in nostri complimenti».

Abele Blanc, Dante Luboz e Marco Camandona durante il trekking per raggiungere il campo base. A destra Camandona sulla vetta del Gasherbrum 1

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