Igor D’Herin, il suo rally è finito troppo presto
Venerdì scorso il male ha sopraffatto l’uomo dei 100 rally e della prodigiosa memoria. Diego D’Herin si è spento così, dopo che un’immensa passione lo aveva portato su tante strade, dove la sua memoria si era allenata ad individuare ogni ostacolo, ogni difficoltà, perché lui era l’essenza stessa della meticolosità del navigatore, un giovane talmente affidabile e preciso che i piloti si fidavano ciecamente del suo radar.
Nato il 22 dicembre del 1964 in Svizzera, dove il papà guidava, non pilota di rally ma tassista, sempre auto e la passione non viene per caso, si era poi diplomato geometra ed ancora oggi lavorava nello studio dell’ingegnere Paolo Jaccod a Morgex, mentre Diego D’Herin abitava a La Salle, a pochi chilometri dai suoi grandi amici Alessandro Milliery di Pré-Saint-Didier e Luigi Lanier di Courmayeur, entrambi piloti su auto di generi diversi. Che fossero i bolidi contemporanei o le storiche per Diego D’Herin contava come prima cosa l’amicizia e salire in auto per correre a fianco a un amico era la cosa principale, così è andata con Roberto Bettanin (quarto e sesto al “Valle” nel 2010 e 2011) e Roberto Nale, fin dagli esordi nel “Valle d’Aosta” del 1984, in novembre quando aveva 19 anni, navigatore di Giovanni Uberto con il quale parteciperà a decine di competizioni, poi l’anno successivo la prima esperienza con Alessandro Milliery, le gare con Cesare Vizzardelli, Claudio Melotto, il fratello Remy, Marco Polo Grava, Francesco Barbero (terzi nel “Valle Varaita” del 1987), Luciano Serra, Roberto Sordi, Daniele Collomb, Marco Blanc (sesti nel 2009 al “Valle d’Aosta”), Piero Scavone. Tante competizioni, tanti amici e tanti ricordi, quei ricordi che gli rimaneva impressi, in una memoria sempre fresca, capace di pescare aneddoti dimenticati da tutti, di ricordare strade ormai cambiate e prove speciali che non torneranno più. Tanto che l’organizzazione del “Rally della Valle d’Aosta” non poteva rinunciare alla sua competenza e lo aveva coinvolto, soprattutto nell’ideazione del percorso perché nella sua mente, come in un film, scorrevano le immagini di quelle strade, senza bisogno di sopralluoghi.
Poi il male, arrivato pochi mesi fa, che lo ha privato della voce e soprattutto lo ha condotto troppo velocemente e troppo presto lontano dalle sue prove speciali, per affrontarne un’altra, difficile e tortuosa, per la prima volta troppo difficile anche per lui.
Per Diego D’Herin, l’uomo dei rally, i motori hanno rombato lunedì al cimitero di Aosta. Lo ricorderanno in tantissimi, a cominciare dalla mamma Rita, dalla sua Anna e dal fratello Rémy.