Vittorio Padovani, il carrozziere portiere e presidente del basket
Il romanzo della vita di Vittorio Padovani ha girato veloci le pagine di tante memorabili avventure cominciate sulla quarta sponda, il famoso scatolone di sabbia della Libia, dove un bambino, insieme al fratello Franco e alla sorella Bianca, approdò come in un sogno guidato dal papà Aroldo, podestà di paese e fervente monarchico. Vittorio nato a Bondeno il 9 novembre del 1935 era il più piccolo della famiglia e quando dalla Libia, dopo la guerra perduta, Aroldo tornò con i suoi la destinazione fu Ferrara. Quindi l’aitante ragazzotto fu destinato alla difesa della porta delle squadre giovanili del simbolo sportivo cittadino, la Spal, Società polisportiva ars et labor. Un’esperienza che segnò per sempre la sua esistenza, l’amore per il calcio, per lo sport in generale e per i quei colori bianco-azzurri.
A vent’anni Vittorio Padovani prese la strada di Bologna per entrare alle Officine Oliviero Grazia, apprendista carrozziere che in breve imparò le tecniche ed i segreti del mestiere, perché il giovane abituato a dirigere le difese sul campo di calcio era pure metodico ed organizzato nel lavoro e nella voglia di imparare. Intanto, il fratello Franco, classe 1929, aveva cominciato a salire a Breuil Cervinia a vendere con il suo furgone il pesce e la Valle d’Aosta divenne un racconto ricorrente nelle discussioni in famiglia, in particolare con Vittorio che nel 1961 si era lanciato affittando un piccolo ambiente per lavorare in proprio. Dopo il matrimonio con Marisa Gruppioni e la nascita nel 1963 di Roberto, nel 1965 fu uno dei soci della Sicav di Aosta, Arturo Lambertini, bolognese, a chiedere a Vittorio di trasferirsi in Valle dove già il fratello Franco aveva il suo negozio di pescheria.
Arrivò con le scarpe da calcio in valigia e divenne il portiere del Quart, poi conobbe l’ambiente della Giorgio Elter e quindi dell’Anpi Elter, dirigente e giocatore tra i veterani, presenza fissa negli spogliatoi, sugli spalti del Tesolin e nelle trasferte, con le sue battute fulminanti. Papà di Gianni dal 1966, nel 1974 dalla Fiat si spostò a Tsamberlet, proprio vicino al campo Tesolin, uno dei primi a scommettere sulla nuova zona allora disabitata e con i risparmi costruisce la carrozzeria con sopra l’abitazione. Negli anni seguenti la Carrozzeria Padovani diventa un’istituzione ad Aosta, per centinaia di clienti un punto di riferimento affidabile che Vittorio cresce giorno dopo giorno per poi affidarlo nel 1993 ai suoi due ragazzi, una manifestazione di amore paterno rara, un atto di enorme fiducia. Ma Vittorio Padovani è un uomo logico, capisce che con lui alle spalle Roberto e Gianni si sentirebbero sempre influenzati e giudicati, così si fa da parte e anzi con orgoglio se qualcuno gli chiede notizie dell’azienda che ha creato tesse le lodi dei figli.
Entrambi giocano a basket, anche se per Roberto papà Vittorio aveva già visto un futuro nel calcio, anche lui come portiere. Invece dagli spalti del Tesolin si trasferisce a quelli della palestra Coni e del Quartiere Dora, non perdendo un incontro del sabato sera o della domenica pomeriggio, animatore nelle trasferte con le sue battute, critico e primo sostenitore della squadra che accompagna dalla Promozione alla serie B, anche con il ruolo di presidente.
Quando Gianni muore nel 2005, Vittorio trova la forza di reagire nel sostegno della sua Marisa, nella famiglia, nelle tante amicizie che si è creato ad Aosta e nella soddisfazione di vedere un’azienda prospera ed innovativa che continua la propria crescita. Quando si guarda intorno Vittorio Padovani vede anche tanti suoi apprendisti diventati carrozzieri affermati, una cosa che lo riempie di soddisfazione, come quando nel 2013 viene nominato cavaliere della Repubblica.
Il calcio rimane la sua passione di sempre, condivisa con gli amici che con lui hanno calcato gli stessi campi spelacchiati degli anni Sessanta e Settanta, poi la bicicletta, le bocce, fino agli ultimi due anni, quando la sua attività rallenta. Il cuore non funziona bene e anzi peggiora fino a domenica scorsa, 28 aprile, quando all’Hospice del Beauregard la lunga corsa si ferma, nello stesso giorno, caso quasi incredibile, che nel 1999 segnò la scomparsa del fratello Franco. Poi martedì l’Aosta del lavoro e dello sport lo ha salutato a Saint-Martin de Corléans, stringendosi a Marisa, a Roberto con Elena e al nipote Luca, alla nuora Claudia e alle nipoti Federica e Francesca.