Sergio Canavese: architetto geniale e visionario tra arte, cultura e design

Sergio Canavese: architetto geniale e visionario tra arte, cultura e design
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Genio e sregolatezza. Sergio Canavese è stato senza ombra di dubbio una delle menti più brillanti dell’Aosta degli anni Sessanta e Settanta, giovanissimo talento nel disegno e nella grafica, architetto dalle idee innovative, un vero designer di arredi ed ambienti legati alla montagna in un contesto che, nella vicina Francia, offriva già mirabili esempi, ai quali si è ispirato mettendo però sempre del suo.

Nato ad Aosta il 7 agosto 1932, aveva la sua base in piazza Emile Chanoux e in particolare al Bar Gran Combin, all’epoca frequentato proprio da tantissimi giovani aostani. Fu li che Sergio Canavese creò molte amicizie, come quella con Franco Garda, guida alpina e futuro inventore del Soccorso alpino valdostano che gli affidò l’immagine grafica della nuova organizzazione e il coordinamento dello stand di presentazione all’Eur di Roma, oppure quella con il proprietario del Gran Combin Michele Macri che lo incaricò dello studio e della realizzazione dei nuovi arredi del locale.

Sergio Canavese, sigaretta sempre accesa, sapeva fare tutto, abile disegnatore, poteva adattarsi a qualsiasi situazione, a seconda della committenza. Giovanissimo, ancora studente, aveva illustrato uno dei lavori di Robert Berton, il libro sul chiostro di Sant’Orso ed i suoi capitelli, nel 1954 a soli ventidue anni divenne redacteur en chef de “Lo Flambo” la rivista del Comité des Traditions Valdôtaines, apportando delle innovazioni che non vennero apprezzate, mentre invece le sue scenografie per Lo Charaban studiate insieme all’amico Cornelio Vietti riscuotevano sempre un notevole successo.

Sposato con Elfrida Rosset, la sorella di Cesarino e Michelino, e papà di Matteo, abitava ed aveva lo studio proprio a pochi passi dal Bar Gran Combin, dal Teatro Giacosa e dalla piazza Chanoux, il mondo dove intratteneva le sue relazioni e dove per un periodo aveva avuto pure l’ufficio come direttore dell’Evart, l’ente di valorizzazione dell’artigiano tipico, oggi Ivat, primo della serie, con presidente Amedée Berthod. Amava tantissimo il legno e le prospettive di un artigianato in evoluzione verso forme nuove pur con l’utilizzo dei materiali della tradizione. Fu così che progettò e fece realizzare da artigiani di fiducia gli arredi di tanti locali simbolo della Valle d’Aosta, come la discoteca Abatjour a Courmayeur, la Vacherie a Morgex, il Ristorante Vieux Pommier degli amici Casale Brunet sempre a Courmayeur, il Copapan al Breuil, il Vieux Grenier a Saint-Vincent con i Bich e il Notre Maison a Cogne con i Celesia, che conserva ancora quasi intatto tutto l’arredamento.

Poi la collaborazione con il cognato Cesarino Rosset per le immagini pubblicitarie e le etichette della St. Roch e le grafiche della Cooperativa Fontina insieme a Franco Balan, i tanti lavori per la Regione, sia la Soprintendenza che i diversi saloni turistici, le statue come la Vergine nei giardini dei bimbi in via Festaz ai piedi del castello di Bramafan, il busto dell’abbé Auguste Petigat a Villeneuve e il particolare monumento per l’amico scomparso Corrado Gex, quando gli venne intitolato l’aeroporto regionale.

Un’attività frenetica che a metà degli anni Ottanta subì la brusca e devastante cesura della perdita dell’unico figlio Matteo, l’inizio di un declino triste, con le amicizie sempre più lontane ed i tanti ricordi a tenergli compagnia, fino al ricovero nella microcomunità di Doues e il decesso sabato scorso, 9 marzo, con il funerale a Aymavilles, dove era residente e dove si è tenuto il funerale mercoledì.

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