Geenna, per Marco Fabrizio Di Donato chiesta la riduzione della pena
Nel processo d'appello-bis sul rito abbreviato di Geenna, giovedì scorso, 8 febbraio, la Procura generale di Torino ha chiesto di rideterminare da 9 anni a 6 anni e 8 mesi la pena inflitta a Marco Fabrizio Di Donato, considerato un esponente di spicco della locale di 'ndrangheta di Aosta e difeso dall'avvocato Demetrio La Cava. Il sostituto procuratore generale Marcello Tatangelo, infatti, ha chiesto l’assoluzione dal reato di voto di scambio politico mafioso riguardante l’elezione di Monica Carcea al Consiglio comunale di Saint-Pierre e la derubricazione a solo tentativo della presunta estorsione per i lavori al ristorante di Aosta “La Grotta azzurra”. Per la Cassazione, le condanne di Di Donato andavano annullate perché, relativamente all’ipotesi estorsiva, non era stata tenuta in considerazione la «Rilevantissima circostanza che le maestranze» incaricate «Dei lavori sono esattamente le stesse cui il committente aveva ipotizzato di rivolgersi, come pure assai equivoca era l’indicazione dello studio» da individuare «Quale progettista». Sullo scambio elettorale politico mafioso, invece, «Non è chiarito in sentenza in quale misura ed in che modo l’afflato ipotizzato tra consigliere comunale eletta e locale indiziato di partecipazione mafiosa consenta di ritenere che - ante elezioni - si fosse realizzato lo scambio di promesse illecite sanzionato dalla norma incriminatrice, cosa questo accordo prevedesse e attraverso quali modalità mafiose (note o concretamente ipotizzabili dalla candidata) si sarebbe realizzato l’aiuto elettorale». Il Comune di Saint-Pierre era stato sciolto a seguito dell’accesso antimafia seguito all’inchiesta. Inoltre la Procura generale di Torino ha chiesto la conferma della condanna per tentata estorsione e violazione della normativa sulle armi a 2 anni e 4 mesi di reclusione a carico di Salvatore Filice, difeso dagli avvocato Gianfranco Sapia ed Elena Corgnier. Nei confronti di Salvatore Filice i giudici della Corte di Cassazione, nell'aprile 2023, avevano annullato con rinvio il solo capo d'accusa riguardante la tentata estorsione. L’episodio al centro della contestazione è quello della collutazione tra il figlio dell’imputato e il nipote del ristoratore Antonio Raso, anch’egli a giudizio in Geenna ma nel dibattimento ordinario, per la sua presunta partecipazione alla “locale”. Secondo l’accusa, l’imputato avrebbe chiesto al giovane coinvolto e al suo patrigno di “risarcirlo” con 10mila euro. Il ricorso presentato dai difensori Gianfranco Sapia ed Elena Corgnier, accolto dalla Cassazione, puntava sulla qualificazione giuridica del fatto. Il processo riprenderà a marzo per sentire le difese e le parti civili.