Al Castello di Aymavilles l’unica meridiana che indica l’ora italica
Un intervento di un esperto di meridiane per recuperare quella che sul Castello di Aymavilles indica “l’ora italica”. Ad auspicarlo sono gli gnomonisti - termine che deriva da gnomonica, ovvero la scienza che si incarica di elaborare teorie e riunire le conoscenze sulla divisione dell'arco diurno, molto utile al disegno e alla costruzione dei quadranti solari - Riccardo Anselmi di Saint-Vincent e Amato Verthuy di Chambave.
«Unica in Valle d’Aosta»
«Era l'unica in Valle d'Aosta ma, forse perché meno importante di altre 2 vicine meridiane ad ora francese, non fu incisa ma soltanto affrescata. - evidenzia Riccardo Anselmi - La sua funzione era solo quella di indicare quante ore di luce restavano prima del crepuscolo. Probabilmente fu inserita nel castello da uno degli acquirenti che nel secolo XIX, alla fine della dinastia Challant, ne divennero proprietari. Lo scopo di dotarsi dell’ora italica resta incerto: forse il castellano voleva mettere a proprio agio gli eventuali ospiti che giungevano dal nord Italia dove il sistema ab occasu solis era ancora molto diffuso anche se in via di eliminazione. Fatto è che questo segnatempo restava l’unica testimonianza di orologio solare ad ora italica in Valle d’Aosta». Secondo Riccardo Anselmi «La sua origine è probabilmente più recente delle altre dato che non è stata incisa, ma solo dipinta e, quasi sicuramente, aggiunta in un secondo tempo. Pensiamo che la sua livrea fosse ancora quella originale per cui dubitiamo che all’atto della sua obliterazione fosse in condizioni peggiori di quelle della foto scattata nel 1998 da Nando Roveda. La stessa, dunque, potrebbe risalire anche alla fine del Settecento ma riteniamo che nei vari passaggi di proprietà il castello e tutti gli arredi furono trascurati per molti anni, in particolare il segnatempo con il sistema orario italico ormai fuori legge». Riccardo Anselmi osserva che «Il castello di Aymavilles, dopo un lungo periodo di chiusura dovuta anche ai lavori di restauro, è stato recentemente aperto al pubblico. Tutto il patrimonio storico o quasi tutto è stato apparentemente salvato e riportato all'antico splendore: soltanto i 3 segnatempo sono stati parzialmente ignorati. Le 2 meridiane ad ora francese, oggetto di un restauro conservativo, restano visibili solo perché incise, mentre le evanescenti tracce di quella ad ore italiche sono state ricoperte con un impietoso strato di calce».
«Quadrante da ripristinare»
A tal proposito, Riccardo Anselmi commenta: «Non è ben chiara la motivazione per cui questo unico quadrante ad ore italiche sia stato eliminato. Forse lo si è ritenuto di scarso interesse. Uno gnomonista si sarebbe, certamente, prodigato per tentarne il recupero. Non sembra una favola a lieto fine così come l’abbiamo raccontata, ma, invece, il finale potrebbe essere diverso grazie al propizio scatto fotografico del nostro collega Nando Roveda. Questa preziosa documentazione mostra il quadrante slavato ma facilmente recuperabile da un abile gnomonista o da un restauratore coadiuvato da un esperto di gnomonica. Amato Verthuy, gnomonista di Chambave, ed io abbiamo pensato di segnalarne l’esistenza alla Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta con la speranza di sensibilizzare i responsabili del restauro del castello a riconsiderare un eventuale ripristino del quadrante italico». Riccardo Anselmi precisa che «Da un nostro sopralluogo al castello abbiamo rilevato le dimensioni della base intonacata del quadrante mentre, grazie a gnomolab, una apposita app disponibile su Sundial Atlas, l’atlante universale delle meridiane, siamo risaliti all’esatto orientamento (declinazione) dello stesso che risulta sensibilmente pari a 37° est. Siamo pertanto riusciti ad ottenere le dimensioni del grafico e quella dello gnomone, ovviamente mancante. Confrontando il grafico da noi ottenuto e quello della foto si osservano alcune differenze insignificanti, che non pregiudicano la qualità delle informazioni fornite. In passato, l’autore di un quadrante solare era solito servirsi di uno strumento conosciuto come cerchio equatoriale, mentre attualmente sono utilizzati programmi di precisione come Cartesius Web, un software dedicato».
Il sistema orario italico
Riccardo Anselmi precisa che «Il sistema orario italico, molto diffuso in nord Italia ma conosciuto anche nel nostro mezzogiorno, aveva un uso pratico. In passato era importante conoscere quante ore di luce restavano per poter lavorare nei campi, in qualunque stagione. Le ore sono sempre 24 ma iniziano al tramonto appunto con l’ora 24. Le 23 indicano che manca un’ora al tramonto, le 22 che ne mancano 2. Il sistema orario italico fu messo fuori legge dopo la campagna di Napoleone in Italia». Riccardo Anselmi rifersice che «Il glossario gnomonico italiano, pur ricco di termini equipollenti, non fa una vera distinzione tra chi è in grado di progettare in modo rigoroso un quadrante solare e chi, invece, lo realizza sul muro: entrambi sono gnomonisti. In Francia, invece, i termini gnomoniste e cadranier, ne precisano i ruoli. Nei secoli scorsi, quando i quadranti solari erano utilizzati come orologi, i cadranier erano molto numerosi. Si spostavano da un borgo all’altro offrendo le loro prestazioni ad un prezzo popolare tanto da giustificare la densità di questi segnatempo in certe località. In Valle d’Aosta, nel solo Comune di La Salle, si possono ancora ammirare una quarantina di meridiane d’epoca distribuite su abitazioni private. Trattandosi di un quadrante ad ore italiche, l’autore del quadrante è sicuramente venuto appositamente dal Piemonte portandosi dietro i ferri del mestiere per eseguire il lavoro».
I “ferri” del mestiere
Ma in cosa consisteva questa attrezzatura? «Evidentemente, oltre a varie righe e squadre di diversa lunghezza, - risponde Riccardo Anselmi - aveva una bussola, un orologio, un cerchio equatoriale con asta scorrevole, alcune livelle e carboncini, usava la bussola per individuare il nord ed un goniometro per misurare la declinazione, ossia l’angolo tra la direzione nord sud e la perpendicolare al piano della meridiana. Forse usava lo spolvero. Doveva fare comunque il lavoro anche in mancanza di sole. Il grado di precisione di questi quadranti dipendeva appunto dalla bontà del rilevamento con la bussola ed era sufficiente a soddisfare le esigenze degli orologi di allora. Inoltre, i cadranier erano capaci di eseguire il lavoro su affresco, tecnica pittorica non proprio di facile esecuzione. La celebre canzone l’Arrotino degli anni Cinquanta cantata dall’indimenticabile Luciano Tajoli, potrebbe adattarsi anche ai cadranier che vagabondavano in modo similare da un paese all’altro». Tornando al quadrante del castello questo ipotetico cadranier, Riccardo Anselmi ipotizza che «Avrebbe approntato un piano orizzontale di lavoro tangente alla parete sul quale ha tracciato la linea nord sud fornita dalla bussola o, magari, con il sole. Poi con un sapiente uso del cerchio equatoriale ha completato il lavoro. Pur non potendo paragonare la nostra meridiana alla bella addormentata dato che il quadrante non doveva essere bello ma solo funzionale, ci auguriamo comunque, anche se con qualche riserva, che anche questa storia abbia un lieto fine, così come è avvenuto con altre meridiane antiche del vicino Piemonte».