“L’Europa cambi velocemente le norme sul lupo o le piccole aziende continueranno a chiudere”
«E’ una prima apertura. Speriamo che si arrivi a una decisione in tempi brevi e che non ci vogliano anni». Così il presidente della sezione ovicaprina dell’Arev - Association Régionale Eléveurs Valdôtains Daniele Morzenti commenta la recentissima proposta da parte della Commissione europea di abbassare il livello di protezione di cui beneficia la specie lupo, passando dallo status di “rigorosamente protetto” a quello di “protetto”, a causa del numero di predatori ormai decisamente cresciuto in molti paesi europei e delle conseguenti criticità nella relazione con il bestiame di allevamento. La presenza del lupo, infatti, insieme alle difficoltà nell’ottenimento dei contributi per le aziende più piccole, è uno dei principali fattori della crisi del settore ovicaprino regionale, di cui si è parlato anche in Consiglio Valle nel corso dell’ultima seduta.
Meno di 1.000 pecore Rosset
Giovedì 21 dicembre Erik Lavy del gruppo Lega Vallée d'Aoste ha infatti presentato un’interpellanza sul tema. «Sul territorio valdostano questo tipo di allevamento si è ridotto a poche centinaia di capi, soprattutto per quanto riguarda le pecore di razza Rosset e le capre di razza Valdostana. - ha ricordato Erik Lavy - In un censimento del 1782 si contavano, invece, più di 80mila capi tra capre e pecore. Il dato ci restituisce la dimensione dell'importanza, nel nostro passato, di questo tipo di allevamento che, via via, è stato tralasciato in favore di quello bovino. Il settore ovicaprino non soltanto deve essere mantenuto ma va opportunamente valorizzato».
«Ad oggi il numero di capi di pecore di razza Rosset sono 893 su un totale di ovini pari a 1.945 capi e 1.489 di razza Valdostana su in totale di caprini pari a 3.924 capi. - ha chiarito l’assessore all’Agricoltura Marco Carrel - L'azione dell'Assessorato punta alla crescita dell'imprenditorialità di questo settore. Abbiamo un confronto diretto e costante con l'Arev. Negli ultimi anni gli allevamenti "minori" hanno manifestato una sostanziale tenuta facendo registrare una chiusura delle aziende part-time e il consolidamento di quelle specializzate. L’allevamento ovicaprino ha saputo ritagliarsi un suo spazio legato alle peculiari capacità di sfruttamento del territorio, utilizzando anche zone marginali, meno appetibili per i bovini. La maggiore specializzazione delle aziende va nella direzione auspicata che guarda alla valorizzazione non solo della produzione di lana e carne ma anche di quella lattiero-casearia. Stiamo intervenendo in favore dell'imprenditoria utilizzando il Complemento regionale per lo sviluppo rurale 2023-2027, per il sostegno alle razze a rischio di estinzione, e i fondi regionali per i costi di formazione, consulenza e promozione di questo settore che, secondo uno studio del 2019, sta attirando sempre più l'interesse dei giovani».
“Manodopera carente e lupo disincentivano i giovani”
«Non escludiamo la possibilità di aderire alla Scuola nazionale di pastorizia ma bisogna inserire il settore ovi-caprino in una logica di multifunzionalità che punti su aziende strutturate per rimanere economicamente stabili e soprattutto essere in grado di affrontare le difficoltà legate al nostro territorio. - ha proseguito Marco Carrel - Non possiamo, poi, non tenere in considerazione la presenza del lupo sul nostro territorio perché, ovviamente, l'apertura di un'azienda, soprattutto da parte di giovani imprenditori, è condizionata anche da questo fattore, oltre che dalla difficoltà nel reperire manodopera».
«Sono interventi importanti ma non sono sufficienti. - ha replicato Erik Lavy - In Bassa Valle abbiamo allevamenti bovini in luoghi in cui non ci sono prati e arrivano i camion di fieno da fuori Valle. In queste zone sarebbe auspicabile puntare sull'allevamento ovi-caprino. Sono preoccupanti i numeri di capi sulla razza Rosset e anche le ripercussioni sulla filiera della tessitura che non sempre è stata adeguatamente sostenuta dall'Amministrazione regionale. La Regione dovrebbe aprirsi a confronti con l'esterno».
“Cani da guardiania e turisti: una convivenza difficile”
«Il numero complessivo di animali negli ultimi anni è rimasto sostanzialmente invariato ma è calato il numero delle aziende e altre, ad esempio la mia, si sono convertite privilegiando la produzione di latte. - spiega il presidente dell’Arev ovicaprino Daniele Morzenti - La nostra è una piccola realtà, spesso amatoriale: su 400 aziende censite in Valle d’Aosta, oltre la metà hanno meno di 10 animali. A farlo come professione, siamo circa 35. Ciò comporta che tanti non arrivano al minimo per avere diritto ai “premi”. Per questo, in collaborazione con la Regione, stiamo lavorando per proporre misure specifiche per gli ovicaprini, in modo che tutti possano accedere ai contributi».
Se il numero di pecore Rosset è calato - in particolare per la chiusura o la conversione alla produzione lattiero-casearia di alcune stalle con numeri più consistenti - le prospettive per i formaggi di capra e pecora sono positive. «E’ un prodotto di nicchia, che piace e ha spazio sul mercato» conferma Daniele Morzenti, che però ammette che il lupo è uno dei principali problemi del settore: «Ce ne sono tanti e basta distrarsi un secondo perché attacchino. Non è facile per noi professionisti, figuriamo per chi ha qualche capra o pecora per hobby. Gliele mangiano una volta, due volte, poi a un certo punto rinuncia e non le tiene più. Con la presenza del lupo il lavoro raddoppia: basti pensare che le recinzioni anti-lupo pesano il doppio di quelle normali e sono molto più complicate da piazzare, in particolare in montagna. E i cani da guardiania spesso sono di difficile gestione per l’interazione con i turisti, che in Valle d’Aosta sono dappertutto e a tutte le ore. Anche di notte ci sono i trailers che girano con i frontalini per provare i percorsi delle gare e i cani si comportano da cani. Purtroppo, a causa della legge attualmente in vigore, nei confronti del lupo ci troviamo pressoché indifesi».