Carta di Chivasso, «riaffermarne la modernità» mentre la Lega punta il dito contro i «traditori»

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Martedì scorso, 19 dicembre, ricorreva l'ottantesimo anniversario della Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine, firmata a Chivasso da Émile Chanoux e Ernest Page in rappresentanza dei valdostani e da Osvaldo Coïsson, Gustavo Malan, Giorgio Peyronel e Mario Rollier in rappresentanza delle popolazioni delle valli valdesi del Piemonte.

Ottant'anni fa, nel momento più buio della storia italiana ed europea, all'indomani dell'armistizio e all'inizio della Resistenza e della lotta per la liberazione dal fascismo, un gruppo di valdostani e piemontesi delle valli valdesi firmava un documento che ha segnato la storia della nostra regione, la Carta di Chivasso appunto.

Il presidente della Regione Renzo Testolin, ricorda la ricorrenza «non solo per celebrarne la centralità, ma anche per riaffermarne la modernità». La Carta «svela ancora oggi il suo sguardo in prospettiva, il suo senso di identità e la fiducia nel futuro che animava i rappresentanti delle popolazioni alpine».

Renzo Testolin conclude: «In un periodo storico ancora una volta complesso per l'Italia e l'Europa, l'ideale della Carta di Chivasso ci rivela tutta la sua importanza e ci invita a riscoprire i valori dei principi e dei valori sviluppati dalle popolazioni alpine», combinando «la protezione dei diritto fondamentali dell'individuo con lo sviluppo economico e sociale dei popoli e delle comunità che formano l'Europa».

Per il presidente del Consiglio Valle Alberto Bertin si tratta di «una Dichiarazione che vide la luce nella clandestinità, scritta in un contesto drammatico segnato da 20 anni di governo fascista, con un testo incisivo che, nella sua brevità e chiarezza espositiva, indicava una strada da percorrere per uscire dall'oppressione politica, dalla rovina economica, dalla distruzione della cultura locale causata da uno Stato livellatore e accentratore».

Per Alberto Bertin, quella strada è rappresentata dal federalismo e dall'Europa. Il presidente del Consiglio Valle lo definisce «un documento rivoluzionario, frutto delle riflessioni di uomini legati alla Resistenza che, nella loro diversità, con coraggio e lungimiranza, hanno fornito una prospettiva comune, un quadro di riferimento condiviso, individuando nel federalismo, nell'autonomia e nell'Europa la forma politico-istituzionale che meglio sapesse coniugare la salvaguardia dei diritti fondamentali con lo sviluppo socio-economico delle comunità alpine, a rischio marginalizzazione».

«Una visione, una speranza, un sogno». Per la Lega della Valle d'Aosta, sono queste le tre «parole chiave» per riassumere la Dichiarazione di Chivasso che, 80 anni fa, «delineava il futuro delle regioni montane, dell'Italia e dell'Europa. Un'aspirazione che non è ancora stata realizzata, per niente». Per la Lega Vda, «l'Italia è ancora troppo centralizzata e l'Unione europea è ancora un elefante burocratico nelle mani di lobby a cui delle regioni alpine non importa nulla».

«In Valle d'Aosta, oggi alcuni traditori della causa valdostana ricorderanno la Dichiarazione di Chivasso, riempiendosi la bocca di parole contro l'autonomia differenziata - aggiunge la Lega - che è invece un primo passo necessario verso il federalismo, e a favore di questa Ue nemica delle specificità. Che questo importante anniversario ci faccia riflettere e dia a tutti i valdostani un po' di coraggio per costruire un futuro migliore».

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