Vincenzo Bevilacqua: la guerra su un incrociatore della Marina e il lavoro tra l’Ohio e Pont-St-Martin

Vincenzo Bevilacqua: la guerra su un incrociatore della Marina e il lavoro tra l’Ohio e Pont-St-Martin
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Dalle onde del Mediterraneo ai laminatoi dell’Ohio fino… alla Valle d’Aosta. Sembra un romanzo la storia di Vincenzo Bevilacqua, i cui funerali sono stati celebrati lunedì scorso, 20 novembre, nella chiesa parrocchiale di Montjovet. Era nato il 25 marzo del 1925 a Minervino Murge, in Puglia, in una famiglia numerosa, con altri 6 fratelli. Rimase orfano del papà Michele a 13 anni. Così, in quei tempi magri e duri, decise ad appena 16 anni di arruolarsi volontario in Marina e nel 1941 fu imbarcato sull’incrociatore “Emanuele Filiberto Duca d’Aosta”. La nave nel corso della guerra svolse principalmente compiti di scorta a convogli e di deposizione di campi minati ma prese anche parte alla battaglia della Sirte nel dicembre del 1941 e agli scontri della cosiddetta battaglia di mezzo giugno nel 1942. Vincenzo Bevilacqua era appena un ragazzo e le immagini di quel periodo erano destinate a rimanere per sempre nella memoria: come quando vide saltare di netto la testa di un compagno al suo fianco durante uno scontro a fuoco. O quando non riusciva a staccare dalle gomene le mani avvinghiate dei marinai, amici o nemici che fossero, ripescati dal mare terrorizzati e congelati. Per un episodio avvenuto il 17 luglio del 1943 nelle acque al largo del porto di Augusta, quando era capo cannoniere, fu insignito della Medaglia di bronzo al Valor militare. «Imbarcato su motosilurante impegnata in azione notturna contro convoglio scortato, - si legge nella motivazione dell’onorificenza - dava prova di coraggio e senso del dovere contribuendo al felice esito dello scontro che si concludeva con l’affondamento di un grosso trasporto avversario, nonostante l’unità fosse stata ripetutamente colpita dalla reazione di fuoco delle unità di scorta».

Finita la guerra, emigrò al Nord per lavorare nei laminatoi della Fiat. Insieme ad altri 6 operai, si rese disponibile per andare negli Stati Uniti, in Ohio, a specializzarsi nella tecnica della laminazione a freddo. Tornò dopo oltre 2 anni e rimase alla Fiat fino al 1964. Nel frattempo si era sposato nel 1952 nella chiesa della Gran Madre di Torino con Domenica Del Grande - mancata nel mese di gennaio del 2011: suo testimone di nozze fu il celebre pittore Cesare Maggi, da cui Vincenzo Bevilacqua aveva appreso a dipingere e ad amare l’arte. Nacquero i figli Claudio nel 1954 e Massimo nel 1958 e a Vincenzo la vita nella casa popolare di corso Grosseto, nella periferia torinese, sembrò troppo grigia per la sua famiglia. Così nel 1964 lasciò la Fiat e tutti insieme si trasferirono a Pont-Saint- Martin dove lui - grazie alle sue competenze - trovò facilmente lavoro all’Ilssa Viola. Allegro e gioviale, molto abile nei lavori manuali, gli piaceva sistemare nei fine settimana la casetta acquistata nel Canavese, dove immaginava di passare la vecchiaia. Le cose, poi, sono andate diversamente. Da una decina di anni viveva a Montjovet, seguito con amore dai suoi figli. Ultimamente era ospitato nella casa di riposo, sempre a Montjovet, dove si è infine spento venerdì 17 novembre. Lascia i figli Claudio e Massimo e i nipoti Donatello, Alessandro e Martina.

Vincenzo Bevilacqua in una foto recente e in una quando, appena sedicenne, si arruolò nella Scuola Cannonieri della Marina Militare. Sotto il giorno del suo matrimonio con Domenica Del Grande: primo a sinistra è il pittore Cesare Maggi, suo testimone di nozze

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