La chiusura del Tunnel del Monte Bianco preoccupa anche in Canavese: vertice tra amministratori

La chiusura del Tunnel del Monte Bianco preoccupa anche in Canavese: vertice tra amministratori
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Si è tenuto venerdì 8 settembre, in sala consiliare del Municipio, un incontro pubblico voluto dal sindaco Fausto Francisca e già slittato dal mese di luglio, inerente le problematiche riguardanti comunicazioni, viabilità e trasporto locale, esasperate dalla prospettiva della chiusura del traforo del Monte Bianco per gli importanti lavori di risanamento della volta del tunnel che di fatto, nonostante lo spostamento al settembre del 2024 del cantiere più impegnativo, interesserà la tratta per 6 settimane, sino al mese di dicembre, per altre opere di sicurezza. Presenti al tavolo dei relatori, oltre al sindaco, i presidenti regionali e nazionali dell'Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani Roberto Colombero e Marco Bussone, il consigliere Uncem della Valle d’Aosta Jean Barocco, la senatrice alla commissione di bilancio Paola Ambrogio, il consigliere regionale Alberto Avetta, il vicepresidente della Regione Valle d’Aosta Luigi Bertschy, l'assessore regionale Fabrizio Ricca e molti sindaci, tra questi Matteo Chiantore sindaco di Ivrea, Sabrina Noro e Ellade Peller rispettivamente sindaci di Settimo Vittone e Nomaglio. Molti i temi affrontati: l’intasamento di mezzi pesanti sulle arterie alternative a seguito della chiusura del traforo, il loro passaggio poco sicuro in piccoli centri abitati, la prospettiva di un isolamento regionale dalle reti internazionali di trasporto merci, l’allontanamento dell’imprenditorialità in aree che non garantiscono spostamenti agevoli e comunicazioni rapide. Spaventa per Borgofranco la prospettiva di un paese attraversato da una statale che regge solo 29 tonnellate, percorsa invece da Tir di 44, con ponti ormai non più in grado di tollerare tale portata e una previsione di 18 anni di lavori al traforo del Bianco, con relativo e penalizzante dirottamento di traffico pesante nel centro urbano. “C’è da chiedersi”, ha commentato il sindaco, “quale imprenditore vorrà insediarsi sul nostro territorio, se non potrà essere sicuro di veloci collegamenti, con la paralisi del traffico sempre incombente. Qui si rischia un disastroso isolamento, che si rifletterà sul tessuto economico territoriale”. Preoccupato anche Luigi Bertschy da parte valdostana. “Abbiamo riscontrato negli ultimi tempi una presenza di migliaia di Tir sulle strade della bassa valle”, ha riferito. “Non ci aspettavamo una tale quantità di mezzi. Il problema è che non abbiamo organismi che intervengano a livello europeo, anche a garanzia di un minimo di vivibilità e sicurezza per i camionisti. Un sicuro collegamento tra Eporediese e Valle d’Aosta è il fine che ci dobbiamo proporre tutti, per un guadagno da entrambe le parti”. Progetti per risolvere la questione non mancano, in teoria: una seconda canna del Tunnel del Bianco, la riduzione del passaggio di mezzi pesanti su strade non adeguate e attraverso centri abitati, l’alleggerimento di flussi di traffico sulla Statale 26 tramite circonvallazioni e varianti, come ad esempio l’area di Scarmagno per un disimpegno all’uscita dei Tir ipotizzata dal sindaco di Ivrea, il raddoppio selettivo dei binari della linea ferroviaria Chivasso-Ivrea-Aosta, le opere di elettrificazione che vedrebbero uniti Canavese e Valle d’Aosta. Concordano i vertici dell’Uncem sul profilarsi di uno scenario d’isolamento piemontese: “C’è ora una necessità di confronto politico per fronteggiare il rischio di esclusione del Piemonte dai flussi e dalle reti di trasporto internazionali di merci e persone”, evidenzia Colombero. “Occorre connetterci, pensare a una pianificazione dei corridoi economici dei raccordi viari per un trasporto adeguato, rivedere il sistema logistico della mobilità come necessità fondamentale per la comunità”. La lunghezza della programmazione dei lavori al Tunnel del Bianco sconcerta: “Sì è pensato all’obsolescenza tecnologia che potrebbe comportare tale periodo di tempo? Si arriverebbe alla fine del cantiere con la previsione di dover ricominciare tutto da capo”. Il sistema delle Alpi andrebbe visto come cerniera tra i collegamenti, non come barriera, questa la posizione fondamentale dell’Uncem, che propone l’assunzione di Ivrea quale ruolo di città-guida per superare barriere, saldare fratture e creare percorsi di flusso tra comunità urbane e montane, assieme ai Comuni di Aosta, Cuneo, Mondovì, Saluzzo, Pinerolo e ovviamente Torino. Se il consigliere Avetta ha stigmatizzato l’aver forse sottovalutato, a livello politico, il ruolo del Piemonte come regione alpina, cosa che avrebbe portato a difetti di programmazione delle imprese e difficoltà nel capire chi dovesse gestirle, i sindaci Noro e Peller, presenti in sala, hanno espresso seri dubbi in merito all’esistenza di una strategia complessiva da parte degli enti governativi, soprattutto considerando il permanere dei problemi inerenti la Statale 26 che conduce in Valle d’Aosta. La speranza per il futuro è l’organizzazione di una rete, tripartita nei trasporti viari-ferroviari, nei trasporti di persone sul territorio e nell’innovazione e digitalizzazione, che deve essere pensata, costruita, sostenuta e mantenuta. “Quello che proponiamo”, ha concluso Bussone, “è una sorta di patto politico tra enti governativi e amministrazioni locali per ricomporre i territori attorno ai percorsi, ridurre il rischio di isolamento delle valli alpine, investire in reti viarie e ferroviarie adeguate coi tempi e la tecnologia”.

Sconti sui pedaggi

A sostegno delle proposte formulate dall’Uncem nell’incontro di Borgofranco, il sodalizio ha presentato un dossier intitolato “Passaggi a Nord-Ovest”, atto a sensibilizzare enti e istituzioni sulle criticità della chiusura per lavori del Tunnel del Monte Bianco, la necessità di una seconda canna, i prolungamenti dei lavori al Tenda, la mancanza di una rete viaria efficace verso i valichi alpini, il contingentamento dei mezzi pesanti al Brennero, l’utilizzo dei Tir della viabilità interna dei paesi e su altre problematiche che amplificano il rischio di isolamento regionale dalle grandi reti di trasporto internazionale, rendendo la catena alpina più una barriera che una cerniera alla comunicazione e alla logistica su strada, sempre più cariche di mezzi e sprovviste di adeguati investimenti per renderle efficienti. “Il Piemonte ha bisogno di moderne infrastrutture per passaggi a nord-ovest più intelligenti e smart, che non minaccino l’esclusione del Nodo Torinese verso la Francia. Senza reti, l’isolamento è un forte rischio”, affermano i vertici di Uncem. “Le montagne sono vettori di unione ma affinchè non siano ostacoli servono infrastrutture, investimenti e progetti che tengano in considerazione i paesi attraversati e la loro economia locale”. Bisogna quindi individuare un modello di trasporto delle merci ideale, sulla base della riduzione delle emissioni e del traffico, con percorsi privilegiati sia su gomma che su ferro. L’apertura di una seconda canna nel Monte Bianco (a seguito di quella raddoppiata al Frejus, che nessuna polemica aveva innescato), a fronte della chiusura del prossima anno, s’imporrebbe naturalmente per sdoppiare il traffico e garantire sicurezza. Tra le proposte messe in campo da Uncem la necessità di rendere il Nodo Torinese centrale per i territori del nord-ovest, l’ipotesi di dirottare una percentuale del pedaggio autostradale ai territori attraversati per essere reinvestiti localmente, assieme a sconti sui pedaggi per i residenti. Ancora, il recupero e la riattivazione dei “rami secchi” ferroviari, per riavvicinare le valli alle città e la modernizzazione del trasporto pubblico locale, reso intelligente e sostenibile. Indispensabile quindi una cabina di regia regionale, da insediare con enti locali montani, prefetture, concessionari autostradali e rappresentanti istituzionali, una sorta di patto politico tra Torino e il territorio dei monti per la gestione e la regolamentazione dei traffici, atti a creare collegamenti e legami.

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