Gli ultimi partigiani ricordano l’8 settembre
L’8 settembre 1943 è una delle date più drammatiche della storia d’Italia.
La proclamazione ufficiale dell’armistizio di Cassibile con le truppe anglo-americane diede la breve illusione che per gli italiani la guerra fosse finita. Ma la condotta esitante e incerta del re Vittorio Emanuele III e del Governo Badoglio che tergiversarono per cinque giorni prima di comunicare agli italiani la svolta politica e militare, che diedero disposizioni ambigue all’esercito, ai funzionari e alla popolazione italiana, che fuggirono maldestramente da Roma, gettò tutto il paese nel baratro della disorganizzazione e della facile, quanto ferrea e crudele, occupazione tedesca. L’Italia non era solo divisa tra sud e nord ma al nord si lacerava in una terribile e sanguinosa guerra civile, tra coloro che aspiravano alla libertà dalla dittatura, alla pace e coloro che continuavano a servire la dittatura e accettavano l’occupazione nazista.
Si ripropose con drammaticità la necessità di scegliere fra l’obbedire ciecamente al potere autoritario dei nazifascisti (come era accaduto per un ventennio con la dittatura di Mussolini) o la lotta di liberazione. «Per questo dobbiamo ricordare. E rendere omaggio alle donne e agli uomini che in Valle d’Aosta, dopo l’8 settembre 1943, mettendo a rischio la propria vita, lottarono per la libertà» scrive il presidente della Sezione dell’Anpi “Anna Cisero Dati” Raimondo Donzel che rende pubbliche le interviste a 6 partigiani che raccontano il loro 8 settembre. Michel Arlian, 92 anni, di Aosta, della 13esima brigata Chanoux, ricorda che «Ero a scuola a Quart. Tornato a casa a Chantignan ho visto tanti giovani alpini in divisa arrivati da noi per avere degli abiti civili per poter tornare a casa. Solo quando nel giugno 1944 mi fermarono e riuscii a scappare iniziai a capire. Da quel giorno entrai a far parte della banda di Trois-Villes. E dopo l'attacco di agosto da parte dei nazi-fascisti, scappai in Svizzera. Da quel 29 gennaio 1945 diventai un internato fino al 5 maggio 1945».
Leo Champion, 98 anni, di Saint-Marcel, era “Athos” nella banda di Ernesto Menabreaz: «Ero militare al Testa Fochi. Arrivardono i soldati dall’Alta Valle dicendoci di scappare. Lasciammo la caserma il 9, Riuscii a tenermi fucile e munizioni. Nella primavera 1944 formammo i primi gruppi partigiani».
Ferruccio Miazzo, 98 anni, di Aosta, “Gordon” nella 76esima brigata Garibaldi: «Quando è arrivata la cartolina di richiamo alle armi sono scappato da mio fratello Ampelio a Quincinetto. Poi sono fuggito perché rastrellavano le case dopo l’uccione di un fascista. Ho raggiunto Andrate e mi sono unito ai partigiani. Ho partecipato alla battaglia del Lys oltre a molte azioni».
Giovanni Minellono, 97 anni, di Aosta, “Fulmine” nella banda Arturo Verraz: «Lasciai Gressan e dopo qualche mese sotto la guida sotto la guida di Giulio Ourlaz Dulo, ci trasferimmo a Cogne. Dopo la battaglia di Cogne del 2 novembre scappai in Francia con il comandante Plik, Joseph Ferdinand Cavagnet, e vi restai fino alla Liberazione».
Ferdinando Mognol, 98 anni, di Saint-Pierre, del Battaglione “Marin”, inserito nella Brigata “Fratelli Cairoli” appartenente alla Divisione Garibaldi “Nino Nannetti”: «Ero a Trieste, in servizio premilitare, alle caserme. Aveva 18 anni. Quel giorno si sentivano spari nella città, molti soldati scappavano decisi di fuggire e tornare a Vittorio Veneto. Qualche mese dopo, mi sono unito alle bande partigiane del Cansiglio assieme ai miei fratelli e vi rimasi fino alla Liberazione».
Mario Venturella, 99 anni, di Aosta, nome di battaglia “Roberto”, era nella formazione “Vertosan”: «L’8 settembre 1943 ero a Verona. Tornai in treno Aosta, viaggiando come clandestino su carri merci. Trovato lavoro alla “Cogne”, per sottrarsi alle minacce dei fascisti, il 1° luglio 1944 mi son ounito alla “Vertosan” del capitano Bert, in tempo per prendere parte, con mio fratello Guerrino, alla battaglia di Saint-Nicolas del 30 luglio 1944. Partecipai a tutte le vicende della “Vertosan” fino alla Liberazione».