Piazza della Repubblica chiusa e musica alta non intaccano la riuscita della Foire d’été

Piazza della Repubblica chiusa e musica alta non intaccano la riuscita della Foire d’été
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Il fiume di gente che scorre placido lungo le vie del centro di Aosta, gli artigiani che scolpiscono, tessono, incidono per mostrare la loro maestria: l’edizione numero 54 della Foire d’été ha portato con ancora maggiore convinzione, se possibile, la forza dell’artigianato di tradizione. Sabato scorso, 5 agosto, dei 429 banchi prenotati, rispetto al massimo di 600 previsti dal regolamento, ben pochi sono rimasti vuoti e appoggiati al muro. La maggior parte degli “hobbisti” non si è fatta attendere, circondando i professionisti dell’Atelier des Métiers. Che siano formati nelle scuole o del tutto autodidatti, hanno portato creazioni di ogni tipo, un po’ per stupire e un po’ per garantire la presenza anche quando i turisti possono essere tentati più dalle passeggiate in montagna che da quelle in città.

Incertezze

Sono rimasti interdetti, alcuni artigiani del settore non tradizionale, nel trovare vietato anche a loro, pronti a scaricare i lavori da esporre, l’accesso a piazza della Repubblica. I fraintendimenti, dovuti forse alle interpretazioni dei regolamenti, si sono risolti, per lasciare il posto ad una filodiffusione un po’ invadente, con volumi inizialmente tanto alti da coprire le conversazioni. L’atmosfera si è creata lo stesso, grazie al buon umore degli artigiani, pronti a brindare con amici e visitatori alla bellezza di ritrovarsi. Alcuni passaggi sono rimasti più stretti del solito, nonostante i banchi fossero meno della metà rispetto all’edizione invernale, perché i dehors dei locali hanno mantenuto la loro ampiezza. Sono passati ugualmente sia i visitatori che i gruppi folkloristici e i rappresentanti degli antichi mestieri.

Espositori

Già premiata alla Mostra concorso per il cuscino porta fedi in chanvre di Champorcher, Enrica Janin di Arnad ha portato alla Foire d’été un piccolo telaio, su cui ha mostrato ai visitatori come si lavora ancora oggi secondo tradizione. “E’ una grande passione, ereditata da mia mamma Angela Champurney, che è in piazza Chanoux a filare la lana - ci ha raccontato - Faccio vedere come si fa la tela, cos’è la trama e cos’è l’ordito, e cos’è questo filo di canapa che viene filato a mano da coltivazioni valdostane. Anche se sono in fiera da un paio d’anni, con il mio banco, in realtà ho sempre partecipato assieme al gruppo etnografico che mostra gli Antichi Saperi”.

Dagli allievi delle botteghe scuola agli autodidatti, l’originalità viene anche dalla storia personale degli espositori, che attingono ad ogni tipo di conoscenza e di esperienza per accontentare i visitatori, fonte di nuovi spunti ed ispirazioni.

“Partecipo alla Fiera, invernale ed estiva, da circa 12 anni - spiega Stefano Morrone - In fiera molte volte mi hanno chiesto di creare delle lampade e così ho accontentato un po’ di persone. Tutte le basi sono in legno, poi applico una placca in ferro, che richiama la silhouette di un paesaggio valdostano. Aggiungo i led ed ecco la lampada. Il mio lavoro è fare il carrozziere, mi faccio dare una mano per tagliare al laser i profili di ferro e poi li vernicio in nero”.

Bisogna industriarsi anche per trovare l’effetto desiderato, ad esempio per rendere l’effetto della lana su piccole sculture in legno di pecorelle. “Chiedimi un camoscio e ti dirò di no perché non lo so fare, ma per le mie pecorelle ho inventato un attrezzo speciale per creare la punzonatura che volevo”, dice Rinaldo Girardi di Montjovet. “Ho iniziato tardi, alla scuola di Roberta Bechis - continua - e ora sono 13 anni che partecipo alla Fiera e vedo che la gente apprezza il mio lavoro. Roberta mi ha dato delle buone basi e poi mi sono inventato qualcosa di nuovo, provando e riprovando uno deve sapersi industriare, così o creato il mio attrezzo per puntinare. Ho portato anche un po’ di tatà, che vanno sempre bene, e degli appendi chiavi che ho ricavato da legna di recupero, invece di buttarla nella stufa”.

Non ha potuto partecipare alla Mostra concorso perché le sue creazioni non rientravano nelle dimensioni richieste dal bando per il villaggio di montagna in miniatura, ma sul banco alla Foire Antonio Princi di Aosta ne sono esposti davvero tanti. “Non li ho neppure contati - racconta - Andando in montagna sono rimasto affascinato dalle casette in legno e pietra diroccate, così ho pensato di riprodurle. Ho portato case, forni di paese, rascard, fienili, villaggi, anche quadretti che rappresentano sempre costruzioni dei paesaggi valdostani. Come formazione, sono geometra per cui ho messo a frutto anche qui le mie conoscenze tecniche, ma ci vogliono comunque 7-8 ore di lavoro per una casetta alta meno di 10 centimetri. Da alcuni comignoli esce davvero il fumo, sopra il forno, perché sono in realtà dei brucia incenso, vedo che i turisti apprezzano”.

Si sono allargati, unendo i loro banchi, così come tengono assieme i corsi di vannerie alla biblioteca di Saint-Christophe. Sono gli amici Marco Marconi di Issogne e Rosa Virgillitto di Aosta, in Fiera da una decina d’anni. “Ho seguito il corso di vannerie con Bruna Buat Albiana. - racconta Rosa e Marco conferma - Creiamo oggetti che non si trovano più. A volte la gente si iscrive ai nostri corsi per creare da sé cesti da usare in agricoltura, per non dover comprare cesti di plastica. Cerchiamo di accontentarli, creando sempre qualcosa di nuovo”. Nei loro banchi ci sono cesti di ogni forma e utilizzo, ma anche damigiane, bottiglie “vestite” e un originare cappello in salice, non da indossare ma da appendere in modo decorativo.

Tornano in Fiera i minuscoli presepi di Giusto Dabaz, gli originali quadri di Bobo Pernettaz “sarto di legni esausti”, un cuore squarciato a mani nude di Giancarlo Neyroz, i santi e i cofanetti intagliati di Gaetano Fonte, i cuori (portachiavi o segnalibri) in cuoio di Nicole Voulaz, gli gnomi colorati e uno straccio in legno che sembra vero di Diego Bethaz, i mille quadretti con fiori di in legno di Maria Teresa Carrara, i decori colorati di Lea Bérard, le lumachine e la rana porta bottiglia di Mario D’Amico, e una piccola folla si crea attorno a Gianfranco Anzola per commentare i suoi animaletti dalle forme tondeggianti. Un’esplosione di colori e geometrie accoglie chi si avvicina alle creazioni di Roberto Meggiolaro di Aosta. “Sono trent’anni che porto in Fiera i miei giocattoli. - spiega - Un tatà colorato è più attraente per un bambino e anche come soprammobile. I miei “soldatini” vogliono richiamare le figure nei decori dei castelli valdostani. Questi sono la mia interpretazione dei guerrieri celti o salassi che, quando l’esercito dell’imperatore Augusto è arrivato e ha fondato Aosta, sono stati così atudi da stipulare accordi sull’acqua e sul territorio”.

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