Giorgio Cornaz: da un caso della vita è arrivata la maestria nell’antica arte della vannerie
La Valdigne, come tutta la Valle d'Aosta, sta accogliendo il flusso dei turisti per le vacanze estive. Nei paesi si rinnova quindi l'intreccio tra residenti e villeggianti ed è così anche per Morgex dove nel bar del centro iniziano già di prima mattina le presenze dei mordzaen assieme a quelle dei vacanzieri. Il "rito" del caffè per Giorgio Cornaz è una tappa fissa: uno sguardo ai giornali, quattro chiacchiere con gli amici di sempre e anche con coloro che frequentano Morgex da anni e poi via, verso il suo laboratorio di Liarey, vicino alla strada del colle San Carlo, in quello che, senza peccare di presunzione, rappresenta "la sua vita".
In quel luogo sono racchiusi ricordi belli e meno belli. Ma soprattutto è lì che nella sua mente fioriscono i pensieri del momento che diventano idee per essere poi messe sul legno oppure intrecciate in quella che è la sua vera passione, la vannerie, utilizzando i rami del salice e del nocciolo. Giorgio Cornaz è contento e soddisfatto per come sta andando la mostra inaugurata sabato 17 giugno scorso ad Aosta, nella Collegiata dei Santi Pietro e Orso, visitabile fino a sabato 30 settembre prossimo ed intitolata “Il tempo infinito del fare”. Ed è proprio dal "fare" di una vita inizia il nostro racconto, partendo dall'infanzia e dalle origini: «Sono nato il 23 dicembre del 1935, un lunedì, ad Arpy nei locali dell'infermeria dell’allora miniera di antracite della Cogne dove mio papà, Beniamino nato nel 1910 e mancato nel 2017, lavorava appunto come infermiere. Ancora oggi è possibile vedere l'antica galleria che collega Arpy al sito minerario di La Thuile, il caseggiato in mattoni che fungeva da officina per la riparazione e il deposito dei locomotori della linea a scartamento ridotto per il trasporto del minerale, che poi da Arpy scendeva in teleferica fino alla stazione di Morgex sulla linea Aosta-Pré-Saint-Didier da dove raggiungeva lo stabilimento siderurgico di Aosta. Con il tempo, crescendo, diventai il beniamino dei minatori tanto che mi dettero simpaticamente il nomignolo di “Tormenta”. Papà Beniamino mi raccontava che gli operai, finito il turno, venivano a cercarmi e mi portavano con loro al bar e nel piazzale antistante e mi facevano giocare a pallone. Ho sempre il ricordo di brave ed oneste persone ma soprattutto del lavoro pesante e del sacrificio nel guadagnare per mantenere la famiglia. Non erano solo maestranze valdostane, tanti giungevano da molte zone d'Italia: piemontesi, veneti, sardi, calabresi e siciliani.»
«Per raggiungere all’inizio del turno, in pieno inverno, dovevano percorrere un lungo tratto fino all'entrata della galleria e anche se indossavano le ghette dovevano poi cambiarsi una seconda volta prima di iniziare il lavoro in miniera, talmente erano bagnati per il calpestare la neve, tracciare la strada in mezzo alla massa nevosa. Erano quasi mille operai impiegati a monte e a valle per l'estrazione e il trasporto del carbone che arrivava dove attualmente si trova lo stabilimento delle acque minerali a Morgex.»
L'infanzia di Giorgio Cornaz è stata di quelle dure e rigide del tempo, in quegli ancora di guerra e di occupazione e poi di rinascita tra le macerie, materiali ma soprattutto morali. La mamma, Ernestina Fosseret anche lei di Morgex, era nata nel 1913 ed è mancata nel 2018. Maestra elementare nel villaggio del Ruillard, dal capoluogo verso il Villair, si occupava oltre al primogenito Giorgio di altri due figli, Emilia nata nel 1942 e Carlo del 1944. «Ho frequentato le scuole elementari a Morgex, ricordo ancora la serietà e la severità della maestra Lea Cognein di Saint-Pierre. Severità ed anche qualche ceffone che arrivava non proprio gratuitamente! Oggi tutto questo, con i tempi che corrono, sarebbe inimmaginabile!»
Il passaggio dall'infanzia alla scuola porta successivamente l'adolescente Giorgio Cornaz ad entrare nel mondo del lavoro: «Ho iniziato fin da subito quello che poi è stato il mestiere per sempre, l'elettricista. Venni assunto come “bocia” qui a Morgex dalla ditta di Ottavio Plassier di La Salle. Aveva una centrale idroelettrica e nello stesso tempo realizzava gli impianti al servizio delle abitazioni private. Ricordo che tutte le sere si andava sopra il villaggio di Chabodey, all’envers di La Salle dove era appunto l’impianto di generazione per il controllo giornaliero e per mettere l'olio alla turbina. Quando veniva pure Ottavio Plassier si saliva con la moto ma, in sua assenza, ci toccava farla a piedi.»
Tutto sembrava avviato per una vita tranquilla potremmo scrivere, quando un episodio cambiò e, sotto certi aspetti, segnò la vita di Giorgio, non solo fisicamente. «Siamo nel 1958, avevo ventitré anni ed ero insieme al mio caro amico Antonio Rosset che, tra l'altro, aveva sposato mia zia Luisa, rimasta vedova dal primo matrimonio con lo zio Luigi Fosseret e che, purtroppo, lo sarebbe stata nuovamente di Antonio. Stavamo rientrando a casa - ricorda Giorgio Cornaz - entrambi con le moto dopo essere andati a pesca quando un’auto improvvisamente ci ha tagliato la strada. Antonio non ce l'ha fatta, mentre per me arrivò un lungo e doloroso periodo di degenza e di riabilitazione. Due anni e mezzo praticamente fermo con la gamba destra messa piuttosto male, che porta ancora oggi i segni di quel giorno terribile.»
Malgrado le difficoltà e la sofferenza, Giorgio Cornaz non si perse d'animo e, a piccoli passi, ripartì, spinto soprattutto dalla sua grande quant recente passione, la lavorazione del legno e dei cestini. «Il tutto nacque casualmente, avevo trovato un cestino di vimini nello scantinato di casa, era tutto malandato e così ho iniziato a metterci le mani sopra, senza nessuna pretesa. Rammento che bisognava realizzare dei cestini per le varie mostre del tempo e vedevo che più ci lavoravo e più mi piaceva, prendevo entusiasmo e, non per ultimo, i risultati erano soddisfacenti. Assieme a qualche amico ci si trovava insieme per iniziare a crearli questi cestini, però parecchi di loro abbandonavano. Se uno non ci crede, come in tutte le cose, tutto finisce prima ancora di cominciare. Ci va anche tenacia, grinta e perseveranza se si vuole arrivare al risultato finale. Io ci ho sempre creduto, certo, aiutato dalla passione e dalla voglia di fare, senza dimenticare la necessaria modestia. Però i risultati si vedono e sono contento. Tra i miei lavori più belli metto al primo posto l’impagliatura di una damigiana, realizzata con oltre mille metri di rami di salice. Sinceramente non ricordo più quanto tempo ho messo per quella complessa lavorazione, coperchio compreso, che ottenne il primo premio alla Foire de Saint Ours. In totale ho ricevuto diciassette volte un rinoscimento alla Foire aostana per i miei lavori.»
Cestini come anche opere di scultura che richiedono un’accurata e meticolosa preparazione. Il tutto si rifà, si collega ad una persona, a un maestro come Hans Savoye del Verrand di Pré-Saint-Didier che per Giorgio Cornaz ha un significato particolare. «La Pro Loco di Morgex aveva il progetto di una scuola di scultura e i responsabili avevano individuato Hans Savoye come colui che meglio di tutti poteva insegnare i segreti della lavorazione del legno. Ricordo che lui adoperava solo ed esclusivamente il coltello, niente scalpelli. A noi che avevamo aderito al corso chiedeva di usare espressamente il coltello. Io non ero d’accordo tanto che gli dissi che, se era questa la condizione, avrei immediatamente lasciato la scuola! Però era talmente incredibile come riuscisse a lavorare così bene con il coltello: gambe, zoccoli ai piedi, viso, tutto con il coltello, talmente bravo che sono rimasto!»
«Certo, a vedere come erano messi i suoi pollici c'era da spaventarsi! Per due anni - dice Giorgio Cornaz - è venuto ad insegnare e da lui ho davvero imparato molto e avverto ancora oggi, a distanza di così tanto tempo, il bisogno di ringraziarlo per avere rafforzato la mia passione, permettendomi di perfezionarmi. Alla scomparsa di Hans Savoye proprio a me è toccato succedergli come insegnante della scuola di scultura. È stata una bella esperienza quella di aiutare i ragazzi della zona a sviluppare il loro talento. L'aula altro non era che una stanza a Pautex messa gentilmente a disposizione da un vicino. Avevo cinque corsisti ma non durò tanto, cinque anni purtroppo. D’altronde gli allievi, presentando le loro opere ad Aosta e non ottenendo i risultati che si aspettavano, perdevano la voglia ed è stato un vero peccato. Comunque quella della scuola è un’esperienza che mi sempre porto nel cuore.»
Resta il fatto che, pur amando la scultura, la vera passione di Giorgio Cornaz era iniziata con quel primo cestino sgangherato preso in mano. «Questi lavori in vimini con il punto cucito, con il salice, praticamente non li realizza più nessuno. La prima volta che ho partecipato alla Foire de Saint Ours era il 1957, un anno prima del maledetto incidente e ancora oggi quando alla vigilia preparo il materiale da esporre provo ogni anno una forte emozione. L’edizione che arriva è per me come se fosse la prima. Mi piace esporre ad Aosta, innanzitutto perché tengo molto a mostrare i miei lavori e poi per il contesto unico della Foire de Saint Ours in quei due giorni di fine gennaio, in un clima di amicizia e di festa che speriamo sappia mantenersi per tanto tempo ancora.»
Giorgio Cornaz non ama essere definito un artista. «Assolutamente no - ribatte ridendo -, sono uno spaccalegna nel senso proprio della parola! Artista non rientra nella mia filosofia di vita. Ho la grande fortuna di avere questo dono della natura, che non deriva da una tradizione di famiglia. Come si dice, mi sono sempre aggiustato da solo.»
In pensione dal lavoro di elettricista da dieci anni, Giorgio è rimasto vedovo nel 2019 della moglie, Franca Fosseret, sposata nel 1957: dalla loro unione nacque nel 1963 Félicien, sposato con Lucia Meyseiller ed a sua volta papà di André, nipote che lavora assieme al padre nella vendita del cippato di legno, da loro direttamente prodotto attraverso il taglio delle piante, e di Anais, appassionata di caccia come il nonno Giorgio, il prozio Carlo e il papà Félicien, tanto da prendere il permesso appena compiuti i diciotto anni.
Giorgio Cornaz trascorre ancora oggi gran parte delle giornate nel suo laboratorio di Liarey e da quelle mura, che per lui sono casa, vuole dare un consiglio ai giovani che hanno la passione per la scultura: «Mettetevi subito al lavoro, imparate a guardare tutto quello che ci circonda perché è da lì che si prende lo spunto, è da lì che scatta quella molla che poi permette di realizzare quello che hai nella testa. Questo è l'insegnamento principale che Hans Savoye mi ha lasciato. E poi, se mi è permesso, il tutto deve sempre essere accompagnato da un briciolo di umiltà che è importante in ogni contesto e pertanto pure nel percorso di ognuno di noi».