«Turbati dalla notizia della chiusura del convitto di Montfleury. Si trasforma quella che per noi era una casa in una conigliera»

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Riceviamo e pubblichiamo Il convitto, una semplice parola che racchiude un profondo significato, soprattutto per i ragazzi e le ragazze che ci vivono.. il collegio come un luogo dove poter crescere sentendosi a casa, in famiglia.

Il convitto è una comunità nella quale i giovani trascorrono molto tempo assieme, dove si creano ricordi e amicizie che ti porti dietro per la vita. In questa comunità gli studenti vengono istruiti, educati ma soprattutto ascoltati.

Questa seconda casa fa parte di un tassello fondamentale per la crescita personale e lo sviluppo ed è per questo che va preservata.

Noi ex allievi, sappiamo molto bene cosa significa, perché lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle, e siamo quel che siamo anche grazie a questo percorso.

Abbiamo vissuto i primi anni nelle stanze presenti nei piani superiori della sede IAR, nella sala giochi e negli spazi comuni.

Eravamo piccoli e venivamo trattati come necessario, gli educatori riuscivano a seguirci molto bene perché eravamo divisi dai più grandi. Poi man mano che si cresceva ci davano più libertà e più responsabilità, ma è anche grazie a questi step ben ponderati che siamo cresciuti.

Fin da subito il sogno dei convittori era quello di raggiungere il traguardo «convitto di Montfleury», ti faceva sentire così grande poter dire che ci dormivi..

Poi, per essere sinceri, era tutto diverso: l’approccio degli educatori, l’approccio con lo studio e la richiesta del rispetto per le persone e per gli spazi di autonomia reciproca.

Quando sei un ragazzo o una ragazza del biennio iniziale delle superiori hai determinati bisogni, diritti e doveri che poi, crescendo, cambiano come siamo cambiati noi.. quando sei più grande hai bisogno di staccare dalle lezioni e uscire da quelle quattro mura. Oltretutto c’è anche uno scopo in tutto questo, ovvero quello di maturare e iniziare ad essere più responsabili.

Tutto ciò per dire che siamo profondamente turbati dalla notizia di una chiusura del convitto di Montfleury, perché se si concentrassero tutti i convittori di tutte le età senza distinzione nelle stanze della sede IAR, si correrebbe il rischio di trasformare quel che noi abbiamo sempre chiamato casa, una conigliera..

Gli insegnanti e gli educatori non riusciranno più a fare il loro straordinario lavoro perché avranno un centinaio di convittori tutti assieme, senza più riuscire ad organizzare le attività che da sempre gli educatori propongono, non riusciranno più a parlare e ad ascoltare le persone perché non ci saranno più spazi dedicati in base all'età e alle esigenze.

I ragazzi e le ragazze più grandi verranno trattati come non meritano e non avranno la possibilità di poter sperimentare e mostrare il loro percorso di crescita mentre i più piccoli non verranno seguiti a dovere perché i loro spazi saranno invasi da troppe altre persone..

La soluzione non è ammassare quanta più gente possibile nelle stanze della sede, né tanto meno quello di isolare alcune ragazze o ragazzi in un’altra struttura, lontane o lontani da tutto e da tutti. Ma poi in base a quali criteri?

A noi sembra una discriminazione, sarebbero lontanei dagli spazi comuni, dalle attività post scuola e anche dalla scuola.. come dovrebbero spostarsi questi ragazzi? A piedi ci sembra assurdo, in auto? Quando tutti vanno a piedi o fanno le macchinate alterne da Montfleury.. il convitto è fatto per stare assieme non per isolare.. che ricordi potranno mai avere queste ragazze una volta fuori? Di sicuro non dei ricordi come i nostri..

Per utilizzare tutta la struttura si potrebbero ipotizzare altri progetti, ospitare altre realtà, come è stato fatto in passato con il progetto realizzato con l’Università della Valle d’Aosta. Ci si potrebbe attivare per coinvolgere altri servizi per abbattere i costi dell’affitto, e non pensare solo alla chiusura.

La sede del Foyer de Montfleury offriva inoltre l’occasione di poter accogliere ragazzi di altre scuole, anche estere, dando vita ad una cosa importantissima: lo scambio interculturale. C’era quindi la possibilità di scambiare opinioni, racconti ed esperienze con ragazzi da ogni parte del mondo.. venivano apposta per lavorare con noi dello IAR e per vivere con noi in convitto.. abbiamo la fortuna di aver creato negli anni un posto ospitale e che molte altre realtà ci invidiano, non possiamo accettare l’idea di perderla..

Il convitto è come stare a casa, perché negare questa fortuna ai nostri colleghi e a quelli del futuro.. noi abbiamo solo bei ricordi del convitto e di Montfleury, non è giusto privare di questo percorso ai convittori di oggi e di domani, anche loro si meritano questa esperienza educativa.

Anche chi abita più vicino vuole essere un convittore, perché il foyer è un posto sicuro, pieno di persone con cui poter parlare, ridere, piangere e crescere.. è un posto dove sentirsi meno soli, il convitto non è solo un semplice dormitorio, è Casa, una casa dei ragazzi e ragazze che vivono insieme per studiare e realizzare i loro sogni di studenti.

Per favore ripensateci, in nome degli ex convittori e dei prossimi studenti dell’Institut Agricole Régional.

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