Buona la prima: oltre 350 persone all’assemblea della réunification

Buona la prima: oltre 350 persone all’assemblea della réunification
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Inizia bene il percorso della réunion, o meglio della réunification come viene piuttosto definita nei vari interventi che hanno scandito l’assemblea di giovedì scorso, 18 maggio, a Saint-Vincent. La sala Gran Paradiso del Grand Hôtel Billia è piena - oltre 350 persone - e questa è la prima vittoria di chi ha promosso l’incontro. Sul palco i 5 «azionisti» dell’operazione: Osvaldo Chabod portavoce di Orgueil Valdôtain, Damien Charrance coordinatore di VdaUnie, Cristina Machet presidente dell’Union Valdôtaine, Albert Chatrian coordinatore di Alliance Valdôtaine e Christian Sarteur degli indipendentisti di Pays d’Aoste Souverain.

Di fronte unionisti ed ex unionisti che negli ultimi anni hanno scelto strade diverse, spesso parallele, e nel frattempo si sono tolti il saluto, l’amicizia, il voto. Giovedì la sala del Billia invece ospita una grande «retrouvaille» ed è questo il fil rouge della riunione. Chi c’è scopre il piacere di ritrovarsi e la sorpresa di tornare a salutarsi senza difficoltà o imbarazzo. Joseph-César Perrin traccia la linea, indica la direzione ricevendo i maggiori consensi. Poi gli altri discorsi: nessuno in particolare sollecita ovazioni o è interrotto dagli applausi, però i binari sono quelli giusti, tutti raccolgono cenni di consenso.

L’assente è Augusto Rollandin, leader di questo popolo per decenni. Ma questa volta non è il grande assente. Non viene praticamente mai citato e non «per dispetto», semplicemente perchè la sua ombra si è ritirata dallo scenario unionista.

Nelle poltroncine in alto invece è seduto Marco Sorbara, appena uscito da una vicenda giudiziaria che gli ha rovinato questi ultimi 3 anni di vita. Era stato sospeso dall’Union «e lo avevo saputo dai giornali» afferma. Ora tutti lo davano pronto ai box per Forza Italia: «Non è vero. In questo momento non mi occupo di politica. Sono qui in veste di spettatore, non nego che il discorso della réunion mi interessa. Però al momento sto dedicando la mia vita ad altro, sto cercando di mettermi alle spalle un incubo».

Il dibattitoChristian Sarteur di Pays d’Aoste Souverain segnala che il suo movimento non si opporrà al progetto di una casa autonomista comune alle forze regionaliste, appoggiando il percorso anche in vista di una coalizione, ma che l’obiettivo del suo movimento è chiaro e non sarà oggetto di compromesso: indipendenza.

La ricomposizione dell'area autonomista valdostana «non è un obbligo ma deve essere una volontà» dice Damien Charrance, presidente di Vallée d'Aoste Unie e portavoce del Mouv'. «Negli anni in cui la politica è stata assente, la nostra amministrazione è stata privata delle direttive necessarie» ancora Charrance.

«Grazie al nostro radicamento sul territorio e facendo insieme della buona politica possiamo essere un'alternativa al centralismo dilagante»: parole di Albert Chatrian, che aggiunge: «Va bene che ci siano i movimenti nazionali in Valle d'Aosta - prosegue - ma non abbiamo gli stessi obiettivi e gli stessi interessi». Per Albert Chatrian, si deve pensare a «un unico movimento plurale, che sappia raccogliere uomini, donne, idee, dandosi delle regole giuste per la partecipazione di tutti».

«Parlo al cuore degli unionisti: sanno che è importante fare questo passo, bisogna farlo» afferma Cristina Machet, presidente dell'Union Valdôtaine. La Presidente del Leone Rampante ha attaccato Roma: «Lo Stato sta costruendo ipotesi di autonomia differenziata. Ma è un modello sbagliato: se ci sono tot persone, ci va una scuola, se ce ne sono tot ci va un ospedale. Noi vogliamo affermare il nostro particolarismo, il modello delle scuole di villaggio».

«Quando ci si ritrova in famiglia può succedere che qualche volta non si hanno le stesse idee ma si condivide un obiettivo finale. Iniziamo questo percorso nel mondo più corretto, con il rispetto, i giovani e i meno giovani, e credo sia la buona strada».

Il dibattito si apre con le (apprezzate) riflessioni di Sylvie Hugonin animatrice della Jeunesse, ed Eloise Villaz, giovane di Morgex.

Joseph-César Perrin, memoria storica dell'Uv e già assessore regionale, pur ricordando gli «odi tra le persone» che hanno portato alla diaspora autonomista con la nascita di numerosi partiti dall'Union, ha proposto di arrivare a «una forza che deve pensare a tutto il popolo valdostano, a tutta la Valle d'Aosta. È normale che al nostro interno ci siano visioni diverse - ha detto - ma bisogna ascoltare tutte queste persone, saper interpretare i loro pensieri, avere la pazienza di comprendere e tirare le conclusioni». Per Joseph-César Perrin serve «un movimento che non sia dittatoriale, ma all'ascolto della popolazione».

Laurent Viérin, dopo aver ricordato gli anni del fermento socio culturale, ha spiegato: «Questo progetto serve a ribadire la differenza tra noi - autonomisti, regionalisti, unionisti e progressisti che crediamo a una Valle d’Aosta libera - e coloro che si fanno attirare dalle sirene dei partiti nazionali. Dobbiamo tornare a parlare con i giovani e con chi non va più a votare, mettendo sul piatto dei contenuti come l’acqua, la scuola e i servizi sul territorio».

Il presidente della Regione Renzo Testolin - ultimo al microfono - usa la metafora della famiglia per parlare della riunificazione dei partiti autonomisti di cui giovedì si è scritto il primo capitolo, con l'approvazione - per acclamazione - di un documento che ne getta le basi (a destra). Per gli aderenti al documento, il percorso «va concretizzato quanto prima». Entro la fine dell’anno sottolinea l'assessore regionale Luciano Caveri, «attraverso regole che consentano un pluralismo e consenta di vivere assieme nel nome di ideali federalisti e per costruire una compagine forte, laboratorio di progetti per il futuro della Valle d'Aosta senza mai dimenticarne le radici identitarie alla base dell'autonomia speciale».

Luigi Bertschy infine invita i gufi ad allontanarsi dal cerchio autonomista: «Sono molti di più coloro che sperano che questa riunificazione non si faccia, rispetto a quelli che la vogliono, ma ai cari gufi dico di stare fuori dalla sala».

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