La campagna, il patois, il francese La vita di Frédéric Bondaz racconta una bella storia della Valle d’Aosta
Frédéric Bondaz, a lungo responsabile del Servizio Fitosanitario dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura, ha sempre creduto nelle potenzialità della frutticoltura in Valle d’Aosta, tanto da essere il primo promotore del riconoscimento che la mela nostrana meriterebbe nel panorama delle produzioni di frutta italiane. D’altronde la sua storia - iniziata il 6 giugno del 1943, quando nasce ad Aosta - parte proprio da un contesto di agricoltori ed allevatori, legato alla campagna e alla consapevolezza che la frutticoltura nostrana, da ridotta coltivazione a carattere famigliare, avrebbe potuto trasformarsi in un’occasione rilevante di crescita economica per coloro che avessero deciso di dedicarle tempo e passione.
I genitori di Frédéric Bondaz sono Ettore del 1909 di Busseyaz sulla collina aostana e Palmina Henriod, originaria di Petit Fénis a Nus, classe 1911. «Mia mamma Palmina era figlia di una coppia molto povera, perciò venne adottata da una famiglia che abitava ad Aosta al Ponte di Pietra. I miei appunto si conobbero lì, nella latteria dove gli allevatori si incontravano per i conferimenti giornalieri. Si sposarono nel 1940 e allora il regime fascista concedeva ai neo sposi un’agevolazione per il viaggio di nozze a Roma. Mi raccontavano molto spesso che per loro fu una grande cosa partire dalle nostre montagne ed arrivare nella città eterna. Mio padre era agricoltore e amava quel lavoro, entrò comunque alla Nazionale Cogne, nonostante a quei tempi vigesse una politica di esclusione dei valdostani dai posti dell’industria probabilmente per favorire l’assunzione degli immigrati che avrebbero così agevolato l’italianizzazione della regione.»
Però alla Cogne non lavorò a lungo, preferì la campagna e Ettore Bondaz tornò agricoltore a tempo pieno: oltre ad allevare tre mucche per il sostentamento familiare, lui e la moglie Palmina cominciarono a coltivare ortaggi, frutta e fiori da vendere al mercato di Aosta.
Il nome dato alla nascita al nostro personaggio era Federico, ma solo negli anni Ottanta, quando la legge lo permise, assunse quello in francese, Frédéric, che avrebbe voluto dargli suo padre Ettore in onore del nonno. «Quando nacqui, mio papà voleva chiamarmi Frédéric, ma per legge non si poteva: i nomi per i neonati dovevano essere assolutamente in lingua italiana secondo le imposizioni fasciste. Solo successivamente, con l’arrivo della normativa che agevolava la correzione dei nomi errati, è stato possibile cambiare. Lo chiesi ufficialmente al Comune di Aosta. Sapevo che quello era stato il desiderio di mio padre. Per me il nome Frédéric significava rendere onore al nonno e pure alla storia della nostra regione.»
La questione linguistica segna Frédéric Bondaz fin da piccolo, ricorda infatti momenti di umiliazione, deriso e scartato dagli altri bambini, che già all’asilo sapevano scrivere qualche parola in italiano. «All’asilo soffrivo molto per come venivo trattato dai compagni, ma anche da Suor Celeste che per punizione mi obbligava al banco, senza neppure lasciarmi andare al bagno, solo perché non sapevo bene l’italiano che a casa non parlavamo.»
Questa situazione però gli diede la forza per riscattarsi e guardare avanti, così dopo le elementari è uno studente modello all’Avviamento per poi passare alle superiori a Lombriasco di Torino dai Salesiani, dove grazie all’incontro con insegnanti di grande valore, approfondisce le materie di suo interesse, così da diplomarsi perito agrario nel 1965. Praticamente subito dopo inizia ad insegnare all’Ecole d’agriculture di Aosta grazie al canonico Joseph Vaudan, all’epoca direttore, con la parentesi del servizio militare nell’artiglieria da montagna: secondo le necessità del momento è professore nei corsi di miglioramento fondiario, di enologia, di apicoltura. Poi, nel 1969, viene nominato presidente (il più giovane fra tutti nella storia) del Consortium du Canal de la Colline, all’epoca una grande risorsa per una città ancora fortemente agricola e non ancora invasa dai condomini. Tra tutti gli agricoltori appartenenti al consorzio figurava Giovanni Mochettaz, il padre di Laura che il giovane Frédéric sposò nel 1971. Il loro matrimonio fu celebrato dal canonico Francis Darbelley sabato 11 settembre, nella cripta dell’Ospizio del Gran San Bernardo.
«Su suggerimento di mia moglie Laura mi iscrissi alla Facoltà di Scienze naturali all’Università Torino, poiché avevamo saputo che la scuola media di Nus cercava un insegnante di matematica e scienze naturali. Due anni dopo ero lì, durante i miei studi. Poi insegnai alla “Abbé Jean-Baptiste Cerlogne” di Aosta, per poco tempo, poiché nel frattempo avevo vinto un concorso per entrare in Regione, alla ricerca di cinque esperti da destinare agli uffici decentralizzati, istituiti con il nuovo Servizio di assistenza tecnica per l’agricoltura. Essendo arrivato primo alla selezione potei scegliere la sede che per me fu Villeneuve, la più vicina a casa.»
Frédéric Bondaz salutò i suoi giovani allievi il 10 aprile 1974. Il giorno dopo, l’11 aprile, prese quindi servizio all’Amministrazione regionale dove resterà fino al raggiungimento della pensione. Il nuovo lavoro comunque non cancella in lui il desiderio di conseguire la laurea. Cambia però corso e si iscrive a Scienze agrarie con indirizzo «Difesa dei vegetali», facilitato anche dal fatto che il corso non prevede l’obbligo della frequenza e può contare sul sostegno della moglie Laura, in famiglia chiamata da sempre Laurette. E’ lei che gli ha regalato la gioia dell’arrivo di tre figli: Michel nel 1973, oggi agricoltore come i suoi nonni e professore all’Institut Agricole régional, Laurent nel 1976 e Jeannette nel 1979, che insieme gestiscono la chambres d’hotes «Maison Bondaz» ad Aosta.
«Il supporto di Laurette è stato per me fondamentale. Eravamo sposati, avevamo già Michel, poi è arrivato Laurent, ma lei mi ha sempre spronato ad andare avanti negli studi, a non mollare nonostante la fatica. Durante i cinque anni di università la mia sveglia ha suonato ogni giorno alle 5 del mattino, tranne la domenica. Studiavo fino alle 7 e alle 8 ero in ufficio. Finalmente arrivò il giorno tanto atteso. Il 13 luglio 1978 mi laureai in Scienze Agrarie. Ancora oggi dico a Laurette grazie per avermi così tanto sostenuto!»
Nel 1981 Frédéric Bondaz consegue l’abilitazione di Stato per esercizio della professione di agronomo. Nel 1986, le competenze dell’Osservatorio per le malattie delle piante che dipendono dal Ministero dell’Agricoltura passano alle Regioni. Pertanto la Valle d’Aosta crea il Servizio fitosanitario mettendo a concorso il posto di capo servizio, Frédéric Bondaz è primo dei cinque candidati: il 5 gennaio 1987 assume il nuovo incarico che manterrà fino al 2005. «Sono stato fortunato e se ci fosse un’altra vita chiederei di rifare lo stesso lavoro che mi ha dato enormi soddisfazioni. Ho avuto al mio fianco un’equipe di colleghi fantastica e ho condiviso con loro l’ottimo rapporto instaurato con gli agricoltori. Gli obiettivi da raggiungere erano chiari, condivisi, riunivo la mia squadra ogni settimana per fare il punto, ricordo quegli anni con grandissimo piacere.» Grande è stato l’impegno nella lotta contro i parassiti delle nostre culture. Arrivato in Assessorato, Frédéric Bondaz cerca nuove strategie di difesa integrata e biologica. Per il contenimento delle larve di maggiolino, una vera e propria piaga per l’agricoltura valdostana, organizza nel 1992 a Saint-Vincent il primo convegno internazionale di lotta biologica, che introducendo nuove metologie ottiene ottimi risultati come testimonia la forte riduzione della presenza del maggiolino in Valle d’Aosta. Un altro settore nel quale si è impegnato è quello delle piante officinali in Valle d’Aosta, con un progetto che ha portato alla diffusione della coltivazione del génépy.
Tra i tanti ricordi piacevoli, Frédéric Bondaz non può però fare a meno di evidenziare la propria delusione per la sorte che ha avuto la sua idea di creare un frutteto di conservazione per le antiche varietà di mele della Valle d’Aosta. Uscì pure un libro nel 2008, «Varietés fruitières traditionnelles du Val d’Aoste». «Per questo progetto - aggiunge senza peli sulla lingua Frédéric Bondaz - avevo investito moltissimo: l’ideazione, la direzione, la ricerca dei fondi necessari, l’assunzione di personale, la convenzione con la Haute école du paysage, d'ingénierie et d'architecture de Lullier a Genève e molto altro, compresa la ricerca del luogo, i giardini del castello di Sarre, dove piantare i frutteti per valorizzare e conservare le nostre antiche varietà di mele, tutto abbandonato.»
D’altronde anche l’iniziativa dell’Igp, l’Indicazione geografica protetta, per la mela valdostana, dal 2005 è rimasta nel limbo dell’Amministrazione regionale, nonostante i tentativi di recuperare il dossier avviato da Frédéric Bondaz, «Quello è stato uno degli ultimi progetti prima di andare in pensione per valorizzare la nostra frutticoltura. Visti i buoni risultati della Dop della mela del Trentino pensavo che anche la Valle d’Aosta meritasse un primo riconoscimento ufficiale in questo settore, partendo appunto dall’Igp. Per ottenerlo avevo predisposto il dossier completo della genesi della frutticoltura in Valle d’Aosta da portare a Roma ai fini dell’ottenimento della Igp, un dossier che ha richiesto mesi di ricerche di archivio, di analisi commerciali e statistiche. Dopo alcuni mesi, il Ministero mi informò che tutto era stato trasmesso all’Istituto di frutticoltura nazionale per avere il parere favorevole. Poi, arrivò per me il momento della “retraite” e il mio posto è rimasto vacante senza più essere rimesso a concorso. Il cammino del dossier mela valdostana Igp si è così arenato per le lungaggini burocratiche.»
Nel 2005 arriva il momento della pensione, i progetti da portare avanti in Assessorato sono ancora tanti ma Frédéric Bondaz decide di riprendere in mano le sue altre passioni, dedicarsi alla famiglia, ai progetti futuri. I suoi figli stanno in quel momento ultimando il percorso di studi all’Università, (tutti e tre a Torino in Scienze e tecnologie agrarie, sulle tracce del padre) e grazie al sostegno dei genitori Frédéric e Laurette incontrano nuove realtà fuori della Valle d’Aosta, si confrontano, aprono i propri orizzonti. Tutti insieme decidono di non vendere le case di famiglia, quelle eredidate dal nonno Frédéric, uniscono le forze e dopo otto anni di lavori di ristrutturazione nasce «Maison Bondaz», nel cuore di Aosta in via Sant Anselmo. I due figli Laurent e Jeannette affiancano così papà e mamma nella gestione di questo nuovo progetto che tutt’oggi vede Frédéric Bondaz impegnato al quotidiano nell’accogliere i turisti nella sua «maison», alternandosi tra questa attività e il supporto all’altro figlio Michel che continua a gestire l’azienda agricola famigliare. E’ lui che fornisce i prodotti di qualità che diventano marmellate, succhi e tanto altro per le colazioni degli ospiti grazie alla passione di Jeannette in cucina. Ma per nonno Frédéric non c’è pausa, con sette nipoti - Yannick, Anäis, Claire, Rémy, Jacques, Julien e Alain - non mancano le gite in montagna, le giornate sugli sci, le chiaccherate con loro sulla Valle d’Aosta, la sua storia, le sue potenzialità, le serate in compagnia.
Insomma Frédéric Bondaz continua il suo percorso di uomo di origini umili, che ha saputo però alzare la testa e costruire una famiglia solida, trasmettendo valori come la coerenza e il coraggio. Tutt’oggi sprona i nipoti a viaggiare nel mondo, a fare nuove esperienze, a studiare l’inglese, ma continua a correggerli perché «non si dice colachoùn ma si dice didjin-ou» quando si parla della colazione in francoprovenzale, la sua lingua. D’altronde anche nei corsi regionali per i patentini fitosanitari utilizzava sempre il francese, era il suo modo per tenere viva una lingua che a lui non era stata concessa, che aveva dovuto faticosamente reimparare: «Sentivo il dovere di essere coerente, percepivo un’indennità di bilinguismo e mi sembrava doveroso non prendere solo i soldi senza fare nulla per una diffusione reale di questa lingua, che utilizzavo normalmente nei documenti scritti e cercavo di aiutare anche le altre persone perché si sa che tutte le lingue per non essere dimenticate devono essere praticate». Oggi la soddisfazione più grande è per lui vedere che i suoi figli hanno trasmesso ai nipoti il patois e il francese e nel quotidiano sanno relazionarsi con persone che arrivano da ogni dove. Frédéric Bondaz, che viene dal mondo dell’agricoltura, ha proprio messo in pratica ciò che fanno le piante: avere radici ben profonde per potersi lanciare con sicurezza verso l’alto.