Lo psichiatra del Caso Cogne ospite del Circolo della Stampa
Un pubblico numeroso ha seguito con grande interesse la conferenza dello psichiatra Giancarlo Nivoli, presidente della Società italiana di psichiatria forense, che la sera di martedì scorso, 16 gennaio, nel Ristorante Intrecci di via Binel ad Aosta, ha relazionato sul tema “Perchè si uccide”. L’incontro era organizzato dal Circolo Valdostano dello Stampa presieduto da Maria Grazia Vacchina. «Il professor Giancarlo Nivoli - ha detto la presidente Maria Grazia Vacchina presentando l’illustre ospite - è una personalità di assoluto rilievo nel campo della psichiatria. E' stato professore ordinario di clinica psichiatrica all'Università di Sassari e docente in criminologia clinica all'Università canadese di Montreal, consulente psichiatra per i tribunali ed esperto psichiatra nelle carceri italiane».
Il professor Giancarlo Nivoli ha ricordato che un omicidio può avere più di un movente, dato che gli assassini possono agire spinti «dalla rabbia, dalla gelosia, dall'invidia o per motivi di soldi oppure di sesso. Ogni tanto si sente dire che Tizio ha ucciso la moglie perché non gli aveva preparato la cena. Non esistono fulmini a ciel sereno. Si tratta sempre dell'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sono casi in cui esistevano tutti i prodromi e si poteva intervenire per evitare l'evento drammatico».
Il professor Nivoli era salito agli onori della cronaca perché era stato il perito di Anna Maria Franzoni autrice dell'efferato omicidio di Cogne. «Il figlicidio - ha osservato Giancarlo Nivoli - è sicuramente uno dei delitti più indecifrabili. Accostare il concetto di madre a quello di assassina della propria creatura è una contraddizione di termini. Per questo provoca incredulità, allarme, condanna e stupore».
Indicare l'esatta portata del fenomeno è difficile: le donne giudicate responsabili di questo reato si dividono tra le carceri e il reparto femminile dell'Ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova.
«Secondo un'indagine Istat - ha riferito Nivoli - nel 1998 su 670 omicidi, 128 risultavano consumati in famiglia e di questi il 17 per cento erano casi di figlicidio compiuto dai genitori, quasi sempre dalla madre». Quante facce ha una madre assassina? «Ci sono varie tipologie - ha precisato Nivoli - Tutte hanno in comune un sentimento materno alterato e spesso si tratta di donne cresciute in un ambiente violento. Oppure di donne che hanno sofferto situazioni di particolare stress: una perdita, un abbandono, l'estrema povertà. Tra quelle che sono state riconosciute capaci di intendere e di volere prevalgono le “madri abusatrici”, che trattano male i loro figli, fino ad ucciderli. Tra le altre, quelle che finiscono in ospedale psichiatrico, è invece prevalente il “suicidio allargato”. Madri affette da gravissime forme di depressione, che o si uccidono oppure vorrebbero uccidersi e che non vogliono lasciare la loro creatura in un mondo che percepiscono come ostile. Siamo in un ambito depressivo-paranoico».
«Sovente una madre che uccide rimuove il suo gesto - ha concluso il professor Nivoli - Quando il ricordo affiora, è così colpevolizzante che può indurre al suicidio. Ma raramente la perdita di memoria è effettiva e totale. In psichiatria non c'è il bianco o il nero. Tutto sfuma nel grigio».