Il Borgo di Sant’Orso ha abbracciato per l’ultima volta Cesare Rassat
Da una dozzina di mesi la vecchia bicicletta di Cesare Rassat era appoggiata a un muro. Eppure fino ad 88 anni girava ancora per il borgo, il suo borgo di Sant’Orso e solamente il calo della vista lo aveva fatto desistere. Quante volte i suoi figli avevano provato a regalargli un nuovo modello, con cambio e freni moderni, ma lui - Cesare - li accontentava per un po’, poi tornava in sella alla sua fedele amica di tanti spostamenti.
Così nel borgo, lungo l’asse Torre dei Balivi, lavatoi e Porta Pretoria passava Cesare, un percorso corto che ripeteva più e più volte durante il giorno, fermandosi spesso a parlare, ad informarsi delle novità cittadine e della politica, una passione che gli era rimasta nel sangue da quanto ragazzo aveva seguito direttamente le fasi cruciali della fine della guerra partigiana, della liberazione della Valle d’Aosta e dell’inizio dell’esperienza autonomistica, alla quale aveva partecipato direttamente, tra i fondatori del Rassemblement Valdotain e poi fautore della riunificazione con l’Union Valdotaine.
Valdostano di campagna in città, Cesare Rassat non aveva mai dimenticato le sue radici legate alla terra. Suo papà Claudio, dopo avere partecipato alla prima guerra mondiale era stato in Francia a lavorare, per rientrare e mettere su famiglia nel “quartiere” dei Rassat, cioè nell’angolo orientale del Teatro Romano. Qui, in quella che è ora la Tour Fromage, il 10 settembre del 1928 venne al mondo Cesare, a pochi metri dalla casa degli zii.
Quando le politiche culturali ed urbanistiche del fascismo decisero di liberare gli edifici aostani di epoca romana dalle costruzioni che soprattutto nel medioevo erano state addossate, anche i Rassat dovettero abbandonare la loro abitazione e papà Claudio nel 1939 costruì su di un terreno di famiglia la stilosa casa rosa che ancora oggi abitano i Rassat, una delle più belle ville della città.
Capoturno alla Cogne, Claudio Rassat coltivava la campagna e soprattutto la vigna della collina, tanto che parlare di vino e di botti era abituale in casa. Così quando Cesare nel borgo incontrò lo sguardo di Ersilia Cabiale la sua vita prese la strada del commercio del vino. Originari di Penango nell’astigiano, saliti ad Aosta negli anni Quaranta, i Cabiale si dividevano tra il bar di piazza Roncas, il negozio di vino al dettaglio all’inizio di via Porta Pretoria e il deposito di vini all’ingrosso di via Antica Zecca, a pochi passi dal lavatoio.
Nel 1955 Ersilia e Cesare si sposarono e fu un’unione felice. I 2 si occupavano della rivendita di via Antica Zecca, dell’acquisto e della vendita del vino, oltre che della consegna in ogni angolo della Valle. Ebbero anche il tempo di crescere 4 figli - Ornella del 1956, maestra, Luciano del 1960, medico fisiatra e attuale direttore della clinica di Saint-Pierre, Carla del 1968, medico cardiologo, e Albert del 1969, che vive nella Repubblica Dominicana dove da un anno è titolare di un centro di riabilitazione fisioterapica - e di decidere di aprire nel 1975 il negozio di frutta e verdura gestito appunto da Ersilia, mentre Cesare fino al 1986 si occupò dei vini. Poi un infarto gli fece vedere la vita e il lavoro con una prospettiva diversa, chiuse l’ingrosso di via Antica Zecca e cominciò ad aiutare la moglie, in quello che era uno dei negozi più belli della città, dove la mano dell’elegante Ersilia si vedeva eccome, con i frutti e i legumi che brillavano in vetrina e l’orgoglio dei tanti premi vinti per gli allestimenti più belli. Era il negozio delle primizie, ma anche della solidarietà perché Cesare non mancava giorno che non donasse parte del suo lavoro alle suore di San Giuseppe, per il convento o per la casa famiglia di Campina di Romania. Uomo all’apparenza burbero, forte fisicamente con le grandi mani, Cesare Rassat aveva la memoria del borgo di Sant’Orso e quindi anche le suore di San Giuseppe facevano parte del suo mondo, come i tanti giovani del quartiere per i quali - con alcuni amici - aveva fondato la mitica Sant’Orso Gabetto.
Quando la sua Ersilia se n’era andata nell’agosto del 2014 in lui si era spento quel mondo, malgrado l’affetto dei figli. Non faceva mistero con nessuno di volersene andare, perché voleva ritrovarla, in quel cielo dove il loro amore si sarebbe ricomposto, forte della grande religiosità che entrambi avevano condiviso. Con tantissima gioia poco più di un mese fa aveva accolto la notizia della nascita della primogenita di Albert, alla quale è stato dato il nome di Ersilia, così per chiudere il cerchio della vita. E lui ha potuto partire, lo ha fatto serenamente martedì scorso, 16 gennaio, e ieri, venerdì, la memoria del borgo di Sant’Orso si è fermata per Cesare Rassat. Lui però è già in sella ad una vecchia bicicletta a pedalare alla ricerca degli occhi luminosi della sua Ersilia.