Si è fermato il grande cuore di Michele Macri, alpino con il calcio nell’anima

Si è fermato il grande cuore di Michele Macri, alpino con il calcio nell’anima
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Michele Macri era l’uomo dello stare insieme e dell’allegria, d’altronde era cresciuto nell’Aosta degli anni Cinquanta, delle amicizie e dei giochi per strada, dei terreni di calcio spelacchiati e dei bagni in Dora, delle biciclette sgangherate e delle corse nelle viuzze del centro. Figlio di Vincenzo, uno dei primi calabresi arrivato da San Giorgio Morgeto per lavorare alla Cogne, e di Annunziata Silvestri, era nato ad Aosta il 25 ottobre del 1938, poi le scuole ed i primi lavoretti e soprattutto quella grande passione comune a tutta la sua generazione: il football. Michele Macri era veloce, tanto veloce e sui campetti del centro di Aosta i ragazzi più grandi lo schieravano all’ala, in quei pomeriggi quando le marcature a uomo erano ferree anche se l’erba non c’era e giocavi nel campetto di Saint Etienne. Assomigliava anche fisicamente a Garrincha, l’uomo assist di Pelé, e un giorno il sogno divenne una realtà che lo portò all’Aosta, la massima ambizione per un ragazzo della città. Indossare la maglia metà rossa e metà nera era un tale orgoglio che Michele Macri crebbe nel vivaio e arrivò alla prima squadra, all’epoca formata da soli valdostani, militante nel limbo della Prima categoria, poi diventata Promozione, dove rimase dal 1962 al 1969. Con lui l’altro aostano calabrese, il portiere Giovanni Cama, di due anni più vecchio, poi Luciano Seravalle, Roberto Berlati, Piero Tognonato, Tonino Degioz, Toni Caniato, Livio Forma, Giancarlo Eridano e tanti altri, che vivono ancora nella memoria delle migliaia che frequentavo gli spalti, soprattutto del settore Popolari, del nostro stadio, ora destinato ad insulso inutile parco.

Dopo il servizio militare come alpino alla Testa Fochi, Michele Macri mise la sua simpatia al servizio di un mestiere: iniziò come giovane barista al Petit Bar in via De Tillier, poi prese in gestione per vent’anni, con il socio Guido Ferrarese e fino al 31 dicembre 1982, quello che era il locale simbolo dell’Aosta giovane e goliardica dell’epoca, il Grand Combin all’angolo di piazza Chanoux con via Xavier de Maistre, il ritrovo degli sciatori che frequentano Pila, degli scialpinisti delle escursioni nella Valpelline, delle serate a giocare a carte e delle partite seguite dallo schermo della televisione. Sposato il 28 febbraio del 1974 con Gabriella Ferrarese, Michele Macri aveva continuato a giocare a calcio, passando all’Aosta Veterani, e non facendo mai mancare la sua allegria al Gruppo di Aosta degli alpini, consigliere ed attivo collaboratore di Aldo Sartori. Alle Adunate era sempre presente, facendo coppia fissa con Vittorio Guarda e la moglie Liliana Fussambri, dalla quale proprio Gabriella Ferrarese ha ricevuto il testimone come attuale madrina del Gruppo Aosta. Michele da anni aveva l’onore di essere uno dei sei alpini a sfilare, reggendo il famoso striscione con il motto simbolo delle penne nere valdostane “Ch’a cousta l’on ch’a cousta, viva l’Aousta”.

Padre dal 1976 di Alessia e dal 1979 di Claudia, Michele Macri dopo avere lasciato il Bar Gran Combin, aveva gestito la gelateria di viale Conte Crotti poi era salito a Pila, lavorando alla seggiovia della liaison che porta al Gorraz, vicino agli amici di sempre del soccorso, con i quali immancabilmente concludeva le giornate. Poi la malattia e lunedì scorso il sorriso contagioso di Michele Macri si è spento per sempre e i suoi racconti sono entrati nei nostri ricordi, i racconti dell’Aosta dei bambini che giocavano a calcio tra le vie del centro, con le braghette corte e le scarpe bucate, delle sue corse sulla fascia verde, dell’emozione di calcare con i Veterani dell’Aosta il prato dello Stade des Colombes di Parigi dove non solo disputò una gran partita ma poi si rivide nel famoso film “Fuga per la vittoria”, proprio quando il grandissimo Pelé segnò in rovesciata la rete del successo. Mercoledì 22 marzo per il suo funerale a Saint-Christophe i suoi amici del calcio, dello sci, degli alpini, del bar era tutti lì - a fianco alla moglie Gabriella, al fratello novantunne Vincenzo, alle figlie Alessia con Enzo Mastrandrea e Claudia con Claudio Rosset ed ai tre nipoti Filippo, Martino e Clarissa - rammentando la sua memorabile ironia e la voglia di rendersi utile sempre e comunque.

Michele Macri negli anni Settanta nel Bar Grand Combin, che era all’angolo di piazza Chanoux con via Xavier de Maistre, e, sotto, in una foto recente

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