Erik Lavevaz: «La riunificazione deve essere un processo che si sviluppa dal basso, non dai gruppi in Consiglio Valle»
Un nuovo governo che «vede ancora l'Union Valdôtaine alla guida, come pilastro centrale di una maggioranza con tutte le forze autonomiste, e con le forze populiste e nazionaliste all'opposizione: l'obiettivo più importante per cui ho sposato la causa in questi mesi». A scriverlo, sul blog del Mouvement, è l'ex presidente della Regione Valle d'Aosta Erik Lavevaz. «Mi sono dimesso - dice - proprio per facilitare una soluzione all'interno dell'attuale perimetro. L'obiettivo politico era molto chiaro: evitare che le forti tensioni esistenti in quel momento creassero lacerazioni, che avrebbero potuto portare anche ad altre soluzioni politiche pericolose».
Erik Lavevaz parla di «soluzioni inadeguate non dal punto di vista amministrativo, dove ovviamente potevano esserci innegabili aspetti facilitanti, ma più semplicemente dal punto di vista politico». E aggiunge: «Credo che la riflessione e le conclusioni siano molto semplici da questo punto di vista: un improvviso cambio di fronte avrebbe definitivamente avvelenato il percorso di ricomposizione dei rapporti all'interno del mondo autonomista, a cui stiamo lavorando, anche se forse non tutti con la stessa convinzione, da tempo».
Un «progetto fondamentale non solo per l'Union Valdôtaine o per gli altri movimenti autonomisti, ma cruciale per lo sviluppo dell'autonomismo valdostano, e quindi per il futuro della Valle d'Aosta», sostiene l'ex Presidente della Regione. Che spiega: «Nelle ultime settimane si è parlato molto di riunificazione del mondo autonomista, ma spesso in modo inappropriato, con il rischio di banalizzare un percorso così importante».
«Il rischio è spesso quello di confondere il fine con i mezzi: la riunificazione del mondo autonomista è il fine, l'obiettivo fondamentale da raggiungere, non il mezzo con cui mantenere una maggioranza unita o formarne una nuova». E aggiunge: «Lo dico da quasi cinque anni e lo ripeto: la riunificazione del mondo autonomista deve essere un processo che non appartiene alle dinamiche dei gruppi in Consiglio regionale, ma un processo che si sviluppa dal basso. Se falliamo in questo passaggio, non raggiungeremo nessun obiettivo politico futuro».
L'ex Presidente afferma che a volte «anche nel nostro ruolo di amministratori il fine e i mezzi si confondono». «Credo sia indubbio - dice - che il nostro obiettivo, il nostro fine, come consiglieri regionali sia la politica. Quando la politica diventa il mezzo per qualcosa di più personale, per un altro fine, diciamo la politica con la 'p' minuscola, rischiamo di fare grossi danni. Il primo tentativo di eleggere questo nuovo governo, fallito per colpa di due franchi tiratori, ne è un esempio perfetto». E conclude: «Parlo di danni e pregiudizi perché quando si perde la fiducia della comunità che si è chiamati ad amministrare, diventa molto difficile riconquistarla».