Rifugi, preoccupazione per la siccità Il rischio è una stagione ridotta

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La siccità che da qualche tempo caratterizza anche la nostra regione è ormai un dato di fatto. A farne le spese, come è già successo nel 2022, sarebbe soprattutto il mondo dell’agricoltura. Ma si tratta di una situazione che condiziona anche l’attività dei rifugi alpini, strutture in quota che naturalmente non possono usufruire di acquedotti e dove si deve provvedere all’approvvigionamento d’acqua direttamente dalla natura.

A detta di tutti, bisogna iniziare a guardare oltre a quanto è stato fatto fino ad oggi e cominciare a costruire piccoli invasi. «La Svizzera insegna e si sta già muovendo in questo senso per avere scorte d’acqua. - afferma Lucio Trucco gestore dei Rifugi Teodulo e Guide del Cervino nel territorio comunale di Valtournenche, rispettivamente a 3.371 e 3.480 metri di quota - Di contro tutti conosciamo i tempi lenti della burocrazia italiana, quindi valdostana. Per il futuro dovremo anche noi organizzarci in maniera da essere pronti ad affrontare con più serenità i periodi di siccità e di scarso approvvigionamento, appunto con la costruzione di invasi. Però questo non basta. Bisogna spiegare. non solo nelle scuole, anche ai turisti che frequentano i nostri rifugi, che l’acqua è un bene prezioso, sicuramente più prezioso del vino. L’acqua è vita, non solo per i rifugi, per il territorio stesso e per questo motivo è auspicabile un maggiore interesse da parte della politica per la realizzazione di una campagna di sensibilizzazione».

Per la guida alpina Paolo Comune, gestore del Rifugio Mantova, a 3.500 metri di quota ai piedi del ghiacciaio Garstelet nella valle di Gressoney, al momento attuale «la situazione non si discosta molto da quella dello scorso anno. È quindi un po’ presto per fasciarsi la testa. Certo è che se ripartiamo con le condizioni lasciate nell’autunno 2022, è un problema. Ci stiamo avvicinando alla data di apertura primaverile, il 20 marzo prossimo. Per l’estate che verrà e per l’approvvigionamento dipendiamo dalle condizioni climatiche. Per il momento, andiamo avanti giorno per giorno».

«Per noi rifugisti - non ha peli sulla lingua Renzino Cosson, gestore storico del rifugio Bertone a quota 1.979 al Mont de la Saxe in Val Ferret a Courmayeur - non sono previsti aiuti per finanziare operazioni di approvvigionamento d’acqua. C’è il rischio che l’estate prossima sia peggiore dell’anno scorso e quindi bisognerà rimettersi in gioco, oppure chiudere il mattino le toilettes come abbiamo fatto nell’estate 2022. La politica parla molto di turismo, però fa poco per questo settore, mentre dovrebbe metterci più volontà nel saper affrontare con decisione delle scelte importanti e darsi più da fare per venirci incontro».

Anche per Siro Viérin, proprietario del Rifugio Fallère a 2.385 metri di altitudine nel Comune di Saint-Pierre vi sono difficoltà di approvvigionamento di acqua, nonostante per la sua struttura possa contare su acqua sorgiva. «Il problema è il funzionamento delle centraline idroelettriche che forniscono energia al rifugio. Se la situazione critica dell’anno scorso dovesse ripetersi, bisognerà davvero ripensare a cosa fare per non dover chiudere in anticipo» riferisce Siro Viérin..

«Della carenza di acqua in quota e dei cambiamenti climatici che vanno a influire sui ghiacciai, e quindi delle difficoltà che devono affrontare i rifugi alpini - afferma Andrea Benedetti gestore dello Chabod a Valsavarenche e rappresentante della categoria in seno all’Adava - si parla ormai da 2 anni in maniera insistente. In molte località della Valle d’Aosta slittano già alcune date di apertura perché attualmente non vi sono le condizioni ideali per praticare scialpinismo. I ghiacciai, soprattutto quelli del Gran Paradiso e del Monte Rosa, patiscono ancora le condizioni climatiche dello scorso anno, sono molto crepacciati, aperti. L’estate per il momento è un’incognita. Qualche rifugio dovrà per forza dotarsi di piccoli invasi per la raccolta d’acqua».

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