«Un tempo la raccolta delle pannocchie era un’occasione per stare insieme»

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Una volta esisteva quella che nel patois di Saint-Marcel veniva chiamata la “La deflorò”. Allora c’erano tanti campi di granoturco e in autunno si raccoglievano le pannocchie e dopo si procedeva al taglio delle piante, le “morgae” . Si mettevano le pannocchie, “le boatte”, dentro dei sacchi di iuta e si portavano a casa, poi le si riponevano in un luogo asciutto a seccare. Dopo un po’ che le pannocchie erano pronte per essere messe in soffitta. Quindi si pensava a prepararsi per organizzare una “veillà” con i vicini di casa e anche dei villaggi limitrofi che si aiutavano l’uno con l’altro e questo era molto bello. Io ero ancora un bambino però mi ricordo che si andava sovente a dare una mano con mamma e papà. Si faceva così: si portava la gerla al centro della stanza e si faceva un bel mucchio come una collina poi si metteva tutto intorno delle sedie e delle panche. A volte capitava di essere anche più di 20 persone. Il lavoro era piuttosto semplice: si prendeva la pannocchia e si strappavano le foglie brutte, facendo attenzione a lasciarne 3 o 4 in modo da poterle legare insieme 2 a 2, così gli uomini le mettevano nella gerla e le portavano in soffitta. Poteva capitare che in un angolo della stanza ci fossero anche anche alcune donne che sgranavano i fagioli e mentre si faceva questo lavoro tranquillamente da seduti si chiaccherava del più e del meno, del tempo, dell’inverno ormai alle porte. Era proprio una bella compagnia. Verso la fine della serata si aveva l’abitudine di farsi degli scherzi, praticamente c’era l’abitudine di giocare con le foglie delle pannocchie. Si prendevano più foglie possibili facendo la lotta in mezzo alla stanza, si infilavano sotto le maglie e vinceva chi si scrollava più veloce le foglie di dosso. Era un modo per divertirsi un po’. Intanto il padrone di casa prendeva una tovaglia, la stendeva al centro della stanza sulle poche foglie rimaste e vi mettevano sopra ogni ben di dio: salsicce, budin, fontina, lardo di Arnad, formaggi vari, caldarroste, noci, uva, pane nero, pane bianco e per finire la “fiocca” con la grappa e il nocino, del buon vino bianco e rosso e questo era “lu reiguiun”, lo spuntino in italiano. Allora, a questo punto, si incominciava a sentire caldo alle orecchie, chissà perché. Ma allora cosa c’era di meglio se non fare quattro balli accompagnati dalla fisarmonica di Aldo Rey e poi si rientrava tutti nelle proprie case, contenti della bella serata.

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