Franco Grobberio, il poeta dei colori che trasformava i sogni in acquerelli

Franco Grobberio, il poeta dei colori che trasformava i sogni in acquerelli
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L’acquerello non ammette sbagli e non concede correzioni. Forse era questa la ragione per la quale Franco Grobberio lo amava, lui così preciso grazie agli anni di frequenza della Scuola Cogne, anche quella una fucina di studenti che non potevano sbagliare nel loro lavoro. Era rimasto poco in acciaieria, perché a chiamare quel giovane perito elettrotecnico era stato l’Enel, appena sbarcato in Valle d’Aosta dopo avere assorbito gli impianti della Sip, la Società idroelettrica piemontese.

Franco Grobberio era nato il 4 settembre 1945 ad Aosta da una famiglia veneta arrivata proprio per la Cogne. Il papà era Attilio, la mamma Livia Zampieri, entrambi di Bosco Chiesanuova, nelle montagne sopra Verona. La Scuola Cogne gli dette la precisione, la natura della Valle d’Aosta fece il resto: lui mise l’animo artistico, quello non si impara. Le prime cose furono i disegni, poi i quadri ad olio, ma negli anni Novanta iniziò la sfida con i colori ad acqua e sui fogli bianchi cercò di dare spessore alle sfumature che amava, l’arancio, il rosa, gli azzurri, il verde. I colori che la tecnica dell’acquerello rendeva delicati come nei nostri libri da bambini e forse per questo motivo piacevano tanto. Oltre alla tecnica affinata con l’esercizio, nel piccolo laboratorio/studio di via Bramafan, Franco Grobberio aggiunse l'ironia e una sensibilità rara, nel riproporre situazioni mai scontate.

Fu però con la Fiera di Sant’Orso che incontrò il grande pubblico. In via De Tillier propose nel 2002 una sua rivisitazione dei cavalli tatà, quelli con le ruote. La gente osservava incuriosita quella novità, quel banco così strano e colorato, i primi estimatori acquistarono, un cavallo diverso dall’altro, tutti con un titolo, una storia. Poi l’anno seguente arrivarono, a tenere compagnia ai tatà cavalli, le pecore, bellissime, paffute, con musi neri e bianchi, quindi nel 2005 ecco le mucche, dipinte con allegria, i nomi che richiamavano i colori, come Rondella con il mantello a cerchi, a seguire furono le capre eleganti, il dahu con due gambe più corte, e ancora i ricci, i gatti, i galli, tutti tecnicamente perfetti nelle forme che lui voleva dare e nelle decorazioni che sceglieva. In pochi anni lo stile Grobberio divenne uno dei più apprezzati della Foire e lui si divertiva al banco, insieme alla moglie Rosanna Baggio, sposata il 30 settembre 1972, alla figlia Chiara nata il 7 gennao 1977 (impiegata all’Università della Valle d’Aosta) e al genero Fabrizio Meggiolaro, consulente aziendale, tutti presenti a presidiare quello spazio minuscolo così ricco di ironia e di tecnica di via De Tillier, dove nel tempo si erano aggiunti pure i nipoti amatissimi Pietro e Nora.

Uomo simpatico, disponibile, insegnante nella vita come nei corsi che teneva con passione, sapeva che molte di quelle simpatiche ed inusuali sculture acquistate dai grandi sarebbero finite nelle camere dei piccini, aiutandoli a sognare, a vedere il mondo colorato e divertente, facendoli crescere avendoli a fianco, sempre capaci di ottenere un sorriso, di offrire un particolare nuovo, un fiore nascosto, un ricciolo non visto. Questa era la grande soddisfazione di Franco Grobberio, artista semplice ed amato, sempre ironico, a cui piaceva condividere il suo modo di concepire l’arte pur mantenendo un suo stile ben preciso, creando ciò che lo rendeva felice.

Nell’ultima Fiera, tornata in inverno, il vuoto osservato dello spazio dove esponeva ha preceduto di pochi giorni la sua partenza. E’ accaduto domenica scorsa, in casa, con i suoi affetti ed i suoi colori a circondarlo di amore, poi martedì una folla lo ha salutato a Sant’Orso e lui è andato via sospinto dal vento, come uno dei palloncini dei suoi acquerelli, sogno d’infanzia nelle giornate di festa.

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