Il vescovo Franco Lovignana: «Nessuno si salva da solo, tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri»

Il vescovo Franco Lovignana: «Nessuno si salva da solo, tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri»
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Due riflessioni tornano, un po’ per tradizione, nel tempo forte del Natale dei credenti: la meditazione davanti al Presepe e il ringraziamento per l’anno trascorso. I due momenti sono sottolineati dalle parole del vescovo Franco Lovignana che, durante le celebrazioni solenni, non manca mai di aggiungere una riflessione sul presente e sul quotidiano.

Così, davanti all’immagine del Bambinello nella capanna, la mattina di Natale, ha ricordato la missione di coloro che sono «generati da Dio, resi figli nel Figlio, resi suoi figli»: «Impariamo a guardare all’umanità con gli occhi paterni di Dio - raccomanda - che non vedono nessuno come estraneo o perduto per sempre, che ci vedono come fratelli chiamati a volersi bene, a rispettarsi, ad andare d’accordo». «Ci facciamo umilmente e coraggiosamente custodi di alcune realtà che portano in sé il germe della grandezza dell’umano voluta da Dio. - sottolinea - Penso alla vita in tutte le sue stagioni: la vita è sempre dono divino e chiede accoglienza, rispetto, protezione e cura dal seno materno alla fine naturale, passando attraverso il diritto all’educazione, alla salute e al lavoro dignitoso e sicuro, attraverso la giustizia sociale, l’accoglienza e l’integrazione di chi bussa alle nostre porte, l’attenzione alle fragilità. Penso alla famiglia, screditata da tanti, ma vero baluardo di educazione, di solidarietà, di umanità e, per noi, riflesso della Santissima Trinità. Penso ancora alla libertà e alla responsabilità, carta d’identità dell’essere umano: insieme possono difendere la dignità della persona e combattere l’individualismo sfrenato che sfregia le nostre società post moderne».

Oltre alle messe in Cattedrale, il Vescovo ha celebrato il Natale all’Ospedale regionale Umberto Parini domenica 25, poi giovedì 29 nella Casa circondariale di Brissogne e ieri sera, venerdì 30, ha guidato la Veglia di preghiera per la Famiglia, in Cattedrale.

Questa sera, sabato 31, alle 18 sempre in Cattedrale il vescovo celebra la Messa di Ringraziamento, con le Parrocchie del Centro storico e la partecipazione di molti cantori delle diverse cantorie, diretti dal maestro Efisio Blanc: saranno diversi i canti per sole voci maschili in «faux bourdon», secondo l’antica tradizione musicale valdostana, trascritti in base alla tradizione orale delle diverse parrocchie. Il Te Deum finale, canto di ringraziamento per eccellenza, è ancora quello tramandato nella partitura scritta a mano dal compianto canonico Amato Chatrian.

«Un anno intenso e drammatico si conclude. - riflette monsignor Franco Lovignana - L’intensità la penso soprattutto per la diocesi, che è stata impegnata nel percorso sinodale italiano e nella conclusione del percorso di discernimento sulla nuova organizzazione territoriale. La drammaticità dell’anno la penso in relazione alla violenza sempre più dilagante nel mondo: la guerra in Ucraina e in tante altre parti della terra, la violenza che colpisce nelle nostre strade e nelle nostre case con particolare accanimento contro le donne, la persecuzione contro i cristiani rigorosamente taciuta dai media occidentali politicamente corretti, la discriminazione delle donne in Afghanistan e in Iran, la violenza contro i dimostranti per la libertà che insanguina quest’ultimo Paese da un mese a questa parte. A fronte di ciò mi domando: si può ringraziare, si può osare cantare il Te Deum? Rispondo di sì, ma solo perché nella fede so che il Signore non abbandona i suoi figli, solo perché nella fede posso scorgere alcuni segni della sua azione di Salvezza per l’umanità: il moltiplicarsi degli sforzi di pace e gli aiuti umanitari erogati in mille modi, la sensibilità crescente per la salvaguardia del creato, il riavvicinarsi alla fede in Cristo da parte di tante persone prima allontanatesi dalla Chiesa, il coraggio di quanti testimoniano la loro fede o il loro anelito alla libertà e alla democrazia mettendo a rischio la loro stessa vita. Nella linea dei segni dell’amore con cui Dio si prende cura dei suoi figli leggo anche l’arrivo di un seminarista, Simone, per la Chiesa di Aosta. Ha iniziato il suo percorso di avvicinamento alla diocesi e i suoi studi teologici. Noi ringraziamo il Signore e lo accompagniamo con la preghiera».

Le celebrazioni del nuovo anno si aprono domenica 1° gennaio, con la Messa in Cattedrale alle 18 per la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e Giornata della Pace, mentre venerdì 6 gennaio alle 10.30 la solennità è quella dell’Epifania del Signore.

«Per il nuovo anno vorrei formulare due auguri. - conclude il Vescovo - Il primo è rivolto alle nostre comunità parrocchiali in riorganizzazione: badate all’essenziale che è il dono della fede e della comunione con Dio che riverbera nella possibilità di costruire relazioni solide, belle e gratuite con quanti camminano insieme sulle strade del Vangelo per essere annunziatori credibili e testimoni accoglienti e generosi dell’amore di Dio verso tutti. Il secondo augurio è ad ampio raggio, è un augurio di pace. Non vuole però essere un semplice auspicio, ma un augurio concreto: che possiamo essere noi, in prima persona, operatori di pace. Riprendo le parole di Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale del 1° gennaio: nessuno si salva da solo, tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. Partiamo da qui per essere costruttori di pace. Lasciamoci innanzitutto raggiungere dal perdono di Dio. Non si può portare pace nelle relazioni e nella società se non siamo pacificati dentro. Senza la pace interiore paradossalmente lo stesso grido della pace degenera in contrapposizione e in forme latenti di violenza. Riconciliati con Dio lavoriamo per essere nelle relazioni e nelle situazioni quotidiani uomini e donne che favoriscono l’incontro, il dialogo, il perdono, la non-violenza».

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